C’è aria da resa dei conti in Vaticano. Nell’inchiesta sulle operazioni finanziarie illecite che ha travolto la prima sezione della Segreteria di Stato e l’Autorità d’Informazione Finanziaria, la prima testa che potrebbe cadere è quella del comandante della Gendarmeria Domenico Giani. Non certo perché l’uomo a cui dal 2006 è affidata la sicurezza del Papa e dello Stato più piccolo del mondo sia coinvolto direttamente nelle operazioni immobiliari al centro delle indagini dei pm della Santa Sede. Ma perché Francesco non ha per nulla gradito la fuga di notizie in merito ai cinque dirigenti vaticani sospesi “cautelativamente dal servizio”.
Il direttore della Sala Stampa della Santa Sede, Matteo Bruni, ha confermato che, dopo la pubblicazione delle foto delle persone sospese, “è iniziata un’indagine, per volere del Santo Padre, sulla illecita diffusione di un documento ad uso interno delle forze di sicurezza della Santa Sede, la cui gravità, nelle parole di Papa Francesco, è paragonabile ad un peccato mortale, poiché lesivo della dignità delle persone e del principio della presunzione di innocenza”.
Agli occhi di Bergoglio il comandante pagherebbe il fatto di non essere riuscito a scoprire chi, molto probabilmente proprio all’interno della Gendarmeria, ha fatto uscire una comunicazione di servizio, a firma di Giani, nella quale venivano riportate le foto delle cinque persone sospese e le loro qualifiche con l’ordine di farle accedere in Vaticano “esclusivamente per recarsi presso la Direzione Sanità ed Igiene per i servizi connessi”. Con l’eccezione di monsignor Mauro Carlino, l’unico prelato tra i cinque sospesi, che può continuare “a risiedere presso la Domus Sanctae Marthae”, lì dove abita anche il Papa.
Subito dopo la fuga di notizie è stata avviata un’indagine interna alla Gendarmeria Vaticana, ma il colpevole non è stato scoperto. Da qui la decisione di Francesco di chiedere a Giani di fare un passo indietro e dimettersi. Dimissioni nell’aria già da una settimana e che potrebbero essere rese ufficiali nella prossime ore. A quanto si apprende, infatti, il comandante avrebbe già comunicato ai suoi più stretti collaboratori di aver rassegnato le dimissioni nelle mani del Papa che le avrebbe subito accettate. Una disposizione di servizio, quella firmata da Giani, che nei sacri palazzi sottolineano essere una prassi per segnalare agli uomini di guardia agli accessi del Vaticano il divieto per alcune persone di poter varcare la soglia dello Stato. Ma finora comunicazioni del genere non erano mai state rese pubbliche.
La disposizione non è stata solo distribuita a mano in versione cartacea al personale di servizio agli accessi, sia della Gendarmeria che della Guardia Svizzera, ma è stata inviata via mail come allegato pdf a tutti gli uomini di entrambi i corpi. Da qui, attraverso un banale e comune screenshot, è diventata virale. Non aver saputo evitare che tutto ciò avvenisse e poi non essere riuscito a scoprire il colpevole di questa fuga di notizie è il motivo per cui il Papa avrebbe chiesto a Giani di lasciare rapidamente il suo incarico. Del resto la divulgazione di quella disposizione di servizio ha di fatto esposto le cinque persone sospese a una vera e propria gogna mediatica alimentata da veleni interni.
Fonte: Ilfattoquotidiano