Un viaggio di nove giorni chiuse in una piccola gabbia trasportata in un camion. Odissea per dieci tigri trasportate da Latina alla Russia, ferme da sei giorni al confine tra Polonia e Bielorussia: una è morta e un’altra è in fin di vita. Lo rende noto la Lega Anti Vivisezione che annuncia denuncia contro i responsabili. «I video che abbiamo ricevuto in anteprima mostrano che gli animali viaggiavano in condizioni agghiaccianti, non conformi alla normativa vigente. Dubbi sulla certificazione di idoneità al trasporto delle tigri», afferma la Lav in una nota. Le dieci tigri, riferisce l’associazione animalista, «erano partite da Latina il 22 ottobre scorso ed erano destinate a uno zoo in Russia» a cui sarebbero state cedute da privati, o forse da uno zoo, nel Basso Lazio. Ora sono bloccate da sei giorni al confine tra Polonia e Bielorussia a causa di questioni burocratiche.
Il Wwf: «Ora sono in viaggio verso una struttura adatta»
Sulla vicenda è intervenuto anche il Wwf che parla di «situazione sbloccata grazie all’intervento del governo polacco. «Le tigri sono ora in viaggio verso una struttura in grado di accoglierle», un zoo in Polonia. Fatto sta che le tigri, spiega la Lav in un comunicato, «erano rinchiuse in casse completamente inadeguate per un viaggio così lungo, e la morte degli animali prova che questo trasporto non è stato effettuato tenendo in considerazione le esigenze degli animali». E ancora: «Anche le autorizzazioni presentano delle incongruenze, riportando genericamente la presenza di “animali in cassa” quando, secondo le leggi, deve essere specificata la specie degli animali trasportati». Per queste ragioni la Lav annuncia «una denuncia per maltrattamento ed uccisione degli animali, dal momento che chi ha scelto di usare queste modalità di trasporto ha condannato questi animali a sofferenza e morte, come poi drammaticamente avvenuto. È evidente che il risparmio nell’operazione commerciale ha avuto un ruolo fondamentale sulla sorte di questi animali, e che i responsabili della vendita saranno chiamati a risponderne».
Fonte:Corriere della Sera