La tregua armata tra Parolin e Pompeo

La tregua armata tra Parolin e Pompeo

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Andrea Muratore

Un clima “disteso e cordiale“, al termine di due giorni burrascosi, per suggelare una temporanea tregua tra Stati Uniti e Vaticano. Pietro ParolinMike Pompeo, dopo gli screzi delle ore precedenti, si sono visti nella giornata di ieri all’interno dei Sacri Palazzi di Roma a  margine della presentazione del libro di padre Enzo Fortunato, direttore della Sala Stampa del Sacro Convento di Assisi, dal titolo “La tunica e la tonaca”.

Il Vaticano padroneggia con maestria l’arte diplomatica e sa quando è necessario riequilibrare situazioni fattesi problematiche. Il bilaterale Parolin-Pompeo è servito a salvare la faccia di un vertice preannunciatosi come complesso dopo il dichiarato intento dell’ex capo della Cia di voler far cambiare idea alla Santa Sede sugli accordi con la Cina, reso complesso dal rifiuto di Papa Francesco di incontrare Pompeo e il cardinale di Hong Kong Joseph Zen e partito nel peggiore dei modi dopo lo scontro verbale a distanza tra Pompeo e monsignor Gallagher, delegato al rapporto con gli Stati, in occasione del simposio sulla libertà di religione organizzato dall’ambasciata statunitense presso la Santa Sede. Convegno che nostre fonti qualificate avevano preannunciato come un tentativo di colpire i settori vaticani più aperti al dialogo con la Cina, e che Parolin e Gallagher hanno in effetti inteso come un’ingerenza assai inelegante.

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Con i toni felpati della diplomazia vaticana, ieri Parolin ha voluto trasmettere un messaggio di ritrovata cordialità per dare una copertura formale positiva a dei dialoghi che hanno visto Usa e Vaticano agli antipodi: quest’ultimo rimane deciso a rinnovare l’accordo sulla nomina dei vescovi con la Repubblica Popolare, mentre i primi si trincerano per ampliare il fronte del contenimento anti-cinese. “Lui ha espresso le ragioni per le quali è intervenuto, e noi le ragioni per cui andiamo nella strada che abbiamo scelto”, ha reso noto il cardinale al Servizio d’Informazione Religiosa, “ma le posizioni restano distanti. Lo scopo non era riavvicinare le posizioni”. Quello del segretario di Stato americano, ha comunque riconosciuto Parolin, “è stato un ragionamento articolato, è stata espressa comprensione per la Santa Sede, per il metodo con cui approccia questi problemi” .

Ma, in fin dei conti, la missione di Pompeo non ha ottenuto l’effetto sperato. L’accordo, conferma di nuovo Parolin, sarà rinnovato se il Partito comunista cinese si troverà d’accordo con la Santa Sede, e “rimarrà segreto”, perché è “ad experimentum”. Secondo Parolin, lui e Pompeo hanno come obiettivo comune la libertà religiosa, ma il Segretario di Stato del Papa è conscio del fatto che la Santa Sede non può seguire le logiche di uno Stato laico per perseguirla: devono essere suonate come irrispettose agli occhi dei diplomatici pontifici le arrembanti dichiarazioni di Pompeo al simposio sulla libertà religiosa, con conseguenti paragoni tra Cina e Unione Sovietica e richiami retorici al “mondo libero”.

La tregua appare a dir poco “armata”. Tacitamente Parolin e Pompeo aspettano l’esito delle elezioni del 3 novembre per proseguire il discorso. Il Vaticano non vuole prestare il fianco a un’offensiva politica da parte dell’amministrazione Trump che la coinvolga strumentalmente, mentre Pompeo sa che l’obiettivo di compattare il voto cattolico lanciando il tema della libertà religiosa può creare contraccolpi qualora Washington dovesse confliggere con l’Oltretevere. Le due diplomazie tirano dunque il freno e aspettano gli sviluppi della politica interna statunitense per mettere in campo nuove mosse: da un lato perchè Pompeo è, ora come ora, un Segretario di Stato sub judice che in caso di sconfitta elettorale di Trump risulterebbe depositario di un mandato in scadenza. Dall’altro perché il Vaticano deve ancora valutare come l’evento elettorale impatterà sul dossier del dialogo con la Cina: anche se, data l’unità d’intenti negli apparati di Washington riguardo il dossier cinese, il nome del vincitore, Trump o Biden che sia, non influenzerà sostanzialmente l’ostilità statunitense a qualsiasi ampliamento dei rapporti tra Vaticano e Cina.

Fonte: InsideOver

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