Che una società per azioni tedesca riporti in bilancio miliardi di dollari di attivi probabilmente inesistenti, non sarebbe mai dovuto accadere. Il governo tedesco, sin dall’inizio, avrebbe dovuto garantire ai cittadini un controllo rigoroso.
Probabilmente fino ad ora in Germania nessun gruppo di vertice era mai crollato così alla svelta. Per Wirecard AG invece è bastata solo una settimana fra l’annuncio di un buco finanziario del valore di miliardi di euro e la notizia che l’azienda stava presentando istanza di insolvenza in tribunale. Il fallimento di Wirecard equivale anche al fallimento giuridico dell’autorità di vigilanza finanziaria e, in ultima analisi, a un fallimento politico del governo federale. Hanno fallito tutti. Prima che in Germania si possano trarre le conseguenze politiche, devono sempre verificarsi dei gravi scandali economici e dei danni terribili per i contribuenti o, come nel caso di Wirecard, per gli azionisti. O forse devono solo essere annunciati.
Il modo migliore per stabilirlo è chiederlo ai rispettivi ministri delle finanze. Indipendentemente dal partito a cui appartengono. Subito dopo l’inizio del disastro di Wirecard, infatti, il ministro in carica Olaf Scholz si è pronunciato affinché venga chiarito quanto prima quali sono le norme da modificare. L’obiettivo è quello di “essere in grado di monitorare anche reti aziendali complesse, in maniera tempestiva e rapida”. “Lo dobbiamo ai creditori, ai dipendenti e agli investitori – e alla Germania come piazza finanziaria”, ha detto Scholz a inizio settimana.
Scholz, i suoi predecessori e il governo federale, avrebbero dovuto garantire sin dall’inizio ai cittadini un controllo rigoroso. Per assicurare che l’autorità di vigilanza finanziaria Bafin e gli altri organi di garanzia controllino rigorosamente sia le società che i flussi finanziari e abbiano tutti i poteri necessari per farlo. Il fatto che una società per azioni tedesca sulla carta possa mostrare miliardi di euro, che probabilmente non sono mai esistiti, non sarebbe mai dovuto accadere. Nonostante tutte le manovre opache di Wirecard; è accaduto proprio all’azienda che era così ansiosa di diventare un modello di business nel mondo globale di Internet. Ed è stato un inganno, e quasi tutti sono stati ingannati – compresi molti auditor, i quali possono essere tranquillamente accusati di aver fallito su tutta la linea.
La procura e la magistratura diventano l’officina per le riparazioni della politica
E anche questo è significativo: prima arrivano gli investigatori, come la procura di Monaco di Baviera, perquisiscono le società, emettono dei mandati d’arresto – poi in ritardo arriva anche la politica zoppicante. Ed è successo lo stesso anche in altri scandali. Ad esempio nel caso delle manipolazioni dei gas di scarico alla VW, che non sono state scoperte dalla motorizzazione tedesca, ma dalle autorità statunitensi. Lo scandalo fiscale Cum-Ex. E così via. E questa situazione risale alla crisi finanziaria del 2007-08, quando numerose grandi banche avevano speculato e hanno dovuto essere salvate dallo Stato tedesco per evitare danni ancora maggiori al sistema finanziario e alla società. Le procure e la magistratura sono costrette a diventare l’officina delle riparazioni per conto della politica.
Nel 2009 i servizi scientifici del Bundestag avevano individuato nella “mancanza di una visione d’insieme sull’interazione tra gli attori finanziari da parte delle autorità” una delle principali cause della crisi bancaria. Gli speculatori delle principali banche si erano scatenati, scommettendo su un interminabile boom immobiliare e sull’aumento dei prezzi, fino a quando poi la bolla non è scoppiata. Le autorità di vigilanza non hanno idea di cosa stiano facendo gli acrobati della finanza – questa almeno è la linea che unisce la crisi bancaria, al Cum-Ex e poi a Wirecard. E c’è una linea anche fra i leader politici che ne sono responsabili – da Peer Steinbrück, a Wolfgang Schäuble fino a Olaf Scholz.
Tratto da: L’Antidiplomatico