Strategia dell’impero Usa. Cos’ è una rivoluzione colorata?

Strategia dell’impero Usa. Cos’ è una rivoluzione colorata?

Spread the love
Tempo di lettura: 3 min

La rivoluzione del colore è una strategia, inventata dalla CIA, di conquista del potere e rovesciamento di governo con la forza occulta in un paese, utilizzando i manifestanti tra i quali vi sono sono molti gruppi violenti e armati.
Queste mobilitazioni sono avvenute in vari paesi del mondo, in alcuni paesi dello spazio post sovietico, come anche in America Latina ed in Asia. Si distinguono per la loro finalità pro occidentale e per l’influenza di fattori esterni.

La strategia delle rivoluzioni colorate, che si rivolgono contro leaders o governi che si presumono autoritari, utilizza anche le ONG, spesso finanziate dal miliardario americano George Soros, per propagandare il malcontento contro un determinato regime, al fine di influenzare l’opinione pubblica in senso pro occidentale in modo da far sostenere queste false rivoluzioni. Tali rivoluzioni hanno il vantaggio di figurare in modo più legittimo rispetto a un semplice e brutale colpo di stato (in stile Pinochet) e sono state usate principalmente contro i governi che mettevano in imbarazzo o che si trovano in contrasto con gli interessi degli Stati Uniti.
L’ideologo originario delle rivoluzioni colorate è un certo Gene Sharp, filosofo, ideologo e scrittore statunitense, collegato agli ambienti dei neocon, sostenitore dei metodi di azione non violenta che devono partire dalle masse dei cittadini contro governi non conformi ai sistemi delle democrazia occidentali. Naturalmente, una volta adottata dalla CIA, la tecnica ha subito dei cambiamenti e si è adottato il sistema degli agitatori violenti e forniti di armi per creare gli incidenti e gli scontri di piazza.

Il primo uso noto di una rivoluzione del colore per rovesciare un governo fu nel 2002. Fu in Venezuela contro il presidente Chavez e quasi era riuscita se non per l’intervento in massa del popolo venezolano che fece fallire il tentato golpe.

Da allora, molti altri paesi hanno pagato il prezzo di questa strategia con vari gradi di successo, vale a dire queste sono accadute in Thailandia 2006 (con successo), sempre in Thailandia nel 2008 (successo), Ecuador 2010 (fallimento), in Ucraina nel 2014 (con successo), in Libia 2011 (con successo) ), in Siria 2011 (totale fallimento), ad Hong Kong 2014 (fallimento), in Thailandia ter 2014 (successo), in Brasile 2016 (successo), in Venezuela bis 2016 (fallimento), in Venezuela ter 2019 (fallimento), Hong Kong bis 2019 (attualmente in corso) ). Oltre a questi paesi, la rivoluzione colorata è stata attuata in paesi dell’Est Europa come Georgia, Macedonia e Serbia.

La tecnica della rivoluzione del colore di solito prevede in 3 passaggi:

1: I manifestanti, spesso manipolati da agenti infiltrti e senza scrupoli e dalle ONG, invadono le strade e chiedono le dimissioni immediate del governo o del presidente eletto. Non accettano alcun compromesso. Alcuni sono armati (quelli non sono manipolati e obbediscono a un piano specifico) e quando la polizia antisommossa cerca di impedire loro di raggiungere un posto strategico (come il palazzo presidenziale o l’assemblea nazionale) questi sparano o lanciano granate sulla polizia che cerca di arginare i manifestanti e tentano di colpire il maggior numero possibile di poliziotti. L’obiettivo è innescare in risposta una sanguinosa repressione che sarà poi condannata dalla stampa e dai media internazionali.

2: Spesso, di fronte al fuoco dei cecchinio alle granate lanciate che decimano i loro ranghi, la polizia a sua volta risponde sparando direttamente sulla folla e questo, in generale, si traduce in carneficine. A volte, consapevoli del pericolo, i governi rimuovono la polizia dalle strade lasciandole nelle mani dei manifestanti. Spinti dagli elementi armati, i manifestanti attaccano quindi edifici pubblici (ministeri, canali televisivi statali …), saccheggiano negozi e occupano luoghi pubblici.

3: Alcuni elementi antigovernativi dell’esercito usano quindi il pretesto di voler riportare l’ordine per impadronirsi dello stato e rovesciare il governo in atto. A volte sono gli stessi manifestanti a impadronirsi dello stato.

Va notato che le rivoluzioni colorate avvengono spesso in stati democratici o parzialmente democratici e c’è un’opposizione parlamentare i cui membri si uniscono ai manifestanti sin dall’inizio dei disordini. Sono i leader di questa opposizione parlamentare che saranno nominati, senza essere stati eletti, a capo dello Stato in caso di vittoria della rivoluzione del colore. 
I leader di questa opposizione parlamentare sono generalmente neoliberisti ultra-conservatori (Venezuela, Ecuador) o addirittura neofascisti (Ucraina, Tailandia, Brasile) o persino islamisti fondamentalisti (Libia, Siria). Il più delle volte, traggono beneficio e sostegno dalla complicità o dalla benevolenza degli Stati Uniti e di altri paesi occidentali come la Francia.

Rivoluzione colorata a Bangkok

Come sconfiggere una rivoluzione del colore?

La pura repressione si è visto che non funziona. Non appena la polizia ha iniziato a sparare per difendersi, gli elementi armati tra i manifestanti hanno quindi distribuito armi alla folla e le forze di polizia si sono trovate in minor numerose e spesso vengono sopraffatte.

Attualmente, gli unici esempi di fallimenti della rivoluzione del colore sono dovuti alla mobilitazione di una folla più ampia di sostenitori del governo rispetto ai manifestanti e agitatori. Fu in quel caso una tale mobilitazione che salvò il governo Chavez in Venezuela dal rovesciamento voluto da Washington nel 2002.

Fonti: Reseau International – RT Actualidad

Traduzione e sintesi: Luciano Lago

Mondo