Strage di Bologna: i magistrati si avviano verso la chiusura dell’indagine sui mandanti

Strage di Bologna: i magistrati si avviano verso la chiusura dell’indagine sui mandanti

Spread the love
Tempo di lettura: 3 min

di Davide de Bari

Coinvolti uomini dei servizi e della destra estrema

Nei giorni scorsi è stata emessa la sentenza della Corte d’Assise di Bologna che ha condannato l’ex Nar (Nuclei armati rivoluzionari) Gilberto Cavallini per concorso nella strage del 2 agosto 1980 alla stazione di Bologna. Oltre a lui, nei processi precedenti sono stati condannati anche i suoi camerati dei Nar Giusva Fioravanti, Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Dopo la sentenza, l’attenzione è ora rivolta verso le indagini della procura generale che, proprio in questi giorni, sta tirando le fila dell’inchiesta sui mandanti dell’attentato tanto che a breve potrebbero essere notificati a più persone gli avvisi di chiusura dell’indagine. Il pool di magistrati è coordinato dal procuratore generale Ignazio De Francisci e composto dall’avvocato generale Alberto Candi e dai sostituti Nicola Proto e Umberto Palma. Nell’ottobre 2017 avevano avocato l’inchiesta dopo che la procura ordinaria aveva chiesto l’archiviazione del fascicolo. In questi anni, insieme a Digos, carabinieri e guardia di finanza hanno lavorato nel più stretto riserbo, per evitare fughe di notizie. Il ruolo di Bellini All’interno del fascicolo, spicca il nome dell’ex primula nera di Avanguardia Nazionale e informatore dei servizi Paolo Bellini per il quale il gip, Francesca Zavaglia, lo scorso maggio ha revocato il proscioglimento del 1992. Per i magistrati ci sono elementi che attribuirebbero a Bellini un ruolo nella strage. Le indagini hanno portato alla luce un video amatoriale Super 8 (girato in stazione a Bologna da un turista straniero il 2 agosto su cui gli investigatori hanno disposto una perizia antropometrica) in cui sarebbe apparso un uomo con le fattezze dell’ex estremista di destra. Oltre a Bellini nel mirino degli inquirenti è finito anche l’ex generale dei servizi segreti di Padova, Quintino Spella (ora novantenne), con l’accusa di depistaggio. Il militare, interrogato come testimone, avrebbe negato di aver ricevuto nel luglio 1980 dal giudice Tamburino le rivelazioni dell’ex terrorista nero Luigi Vettore Presilio su un imminente attentato. L’inchiesta dove porta? Nel corso delle indagini, i magistrati hanno analizzato numerosi verbali, sentito decine di testimoni informati sui fatti e poi hanno scandagliato conti cifrati che portano in Svizzera e ai movimenti bancari di Licio Gelli, chiedendo delle rogatorie internazionali. Probabilmente alcune posizioni verranno archiviate, a causa di alcuni decessi. Altre non potranno essere nuovamente processate dopo le assoluzioni precedenti. L’inchiesta ha comunque portato alla luce nuovi collegamenti. Tra questi vi sono quei due numeri telefonici annotati nell’agenda di Gilberto Cavallini che porterebbero a un ufficio della Sip, a Milano, riservato in quegli anni alle “attività connesse alla tutela del segreto di Stato”. Un ufficio in cui avrebbe lavorato la cognata e amante di Adalberto Titta (ex pilota dell’Aeronautica della Repubblica di Salò e imprenditore) e a cui lo stesso aveva accesso. Quest’ultimo sarebbe stato a capo della struttura segreta di intelligence denominata “Anello”, una delle organizzazioni più misteriose dell’eversione italiana che è venuta alla luce in numerosi misteri come l’omicidio del democristiano Aldo Moro. Un’altra pista degli investigatori porterebbe ai nascondigli dei Nar di via Gradoli a Roma, dove anche le Brigate Rosse di Mario Moretti avevano un covo durante il sequestro Moro e sempre in quel posto anni dopo si sarebbero nascosti anche i neofascisti in appartamenti riconducibili al Sisde. All’interno dell’agenda di Cavallini sarebbe stato annotato anche il nome di Sergio Picciafuoco (vicino ai “neri” e già processato e assolto per la strage del 2 agosto 1980) che, secondo gli investigatori, dimostrerebbe un rapporto tra i due più stretto di quanto mai confessato. Per questo motivo i magistrati hanno cercato di approfondire anche l’importanza di un biglietto con un indirizzo di Vienna che porta a un ufficio del Sismi ritrovato in tasca a Picciafuoco al momento del suo arresto. Oltre a questo, c’è un altro interrogativo riguardo il generale Amos Spiazzi, all’epoca già indagato per cospirazione contro lo Stato democratico, proprio dopo le rivelazioni di Presilio su un attentato imminente. Perché il generale sarebbe stato incaricato nel luglio 1980 dai servizi di andare a Roma in missione e il suo rapporto su ciò che stava accadendo negli ambienti di destra rimase in un cassetto di un generale piduista del Sisde oggi deceduto? Quanto sapevano i servizi segreti prima dello scoppio della bomba che fece saltare in aria la stazione il 2 agosto 1980? A questi ed altri interrogativi stanno cercando di rispondere i magistrati della procura generale di Bologna.

Fonte: Antimafiaduemila

Italia