Non sottovalutiamo i crateri della Siberia, scienziati preoccupati per i buchi della “fine del mondo”

Non sottovalutiamo i crateri della Siberia, scienziati preoccupati per i buchi della “fine del mondo”

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Tempo di lettura: 3 min

Di Francesca Mancuso

La scoperta di grandi fori cilindrici, simili a crateri, ha destato curiosità ma anche preoccupazione nella penisola di Yamal nel nord-ovest della Siberia. Dal 2014, se ne sono formati diversi. Dagli abitanti della zona sono stati ribattezzati “i buchi della fine del mondo”, non a torto. Ora gli scienziati sono riusciti a vedere cosa accade al loro interno.

Un nuovo studio ha confermato che a crearli sono delle potenti esplosioni sotterranee di gas. Per quasi due anni, vari voli e spedizioni di esperti hanno tentato di capire l’origine del fenomeno, fino a quando non è emerso che si trattava di eruzioni localizzate o esplosioni di bolle di gas accumulate nel sottosuolo. Ma c’è dell’altro. L’ormai veloce processo di scongelamento del permafrost, legato ai cambiamenti climatici, potrebbe essere una delle ragioni della formazione di questi crateri.

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Secondo gli autori dello studio, queste esplosioni, che vengono registrate sia a terra che sott’acqua nei laghi e nei fiumi della penisola di Yamal, sono causate dall’accumulo di gas metano nelle sacche di permafrost che si stanno sciogliendo.

Quelle che finora erano solo ipotesi, trovano nuove conferme. Per la prima volta, i ricercatori dell’Istituto di ricerca sul petrolio e il gas dell’Accademia delle scienze russa e i loro colleghi della Skoltech Center for Hydrocarbon Recovery hanno esaminato da vicino il più recente cratere formatosi la scorsa estate a seguito di un’esplosione profonda di gas sulla penisola di Yamal. Il loro studio è stato pubblicato sulla rivista Geoscienze.

I crateri giganti nell’Artico russo, ritenuti i resti di potenti scoppi di gas, hanno attirato per la prima volta l’attenzione mondiale nel 2014, quando il cratere Yamal largo da 20 a 40 metri è stato trovato nei pressi del giacimento di gas di Bovanenkovo. L’ipotesi prevalente è che questi crateri si formino dopo che il gas si è accumulato nelle cavità degli strati superiori del permafrost e l’aumento della pressione alla fine scatena una forza esplosiva. La maggior parte di essi durano poco perché si riempiono rapidamente d’acqua trasformandosi in piccoli laghi. Ad oggi, nme esistono circa 20.

Nel 2020, i ricercatori hanno trovato un nuovo cratere soprannominato C17, di circa 25 metri di diametro. A individuarlo è stato Andrey Umnikov, direttore della partnership no-profit “Russian Center of Arctic Development”, durante un volo in elicottero il 16 luglio nella parte centrale della penisola di Yamal, vicino ad altri tre crateri. Alla spedizione hanno preso parte anche Evgeny Chuvilin e Boris Bukhanov dello Skoltech Center for Hydrocarbon Recovery.

Il pilota Igor Bogoyavlensky ha guidato un drone all’interno del cratere fino a 10-15 metri sotto terra. Il team ha poi utilizzato i dati per costruire un modello 3D basato sul filmato del drone. Questa è la prima volta che gli scienziati sono stati in grado di studiare un cratere “fresco” che non si è ancora eroso o riempito d’acqua, con una cavità di ghiaccio ben conservata dove si era accumulato del gas.

“Il nuovo cratere è impressionante nel suo stato di conservazione ideale, principalmente la parte superiore a forma di cono” ha spiegato Chuvilin. “Le pareti del cratere sono incredibilmente ben conservate, e , ovviamente, anche la cavità del gas nel fondo ghiacciato del cratere”.

“In primo luogo, siamo arrivati ​​in tempo per trovare l’oggetto nel suo stato quasi incontaminato, senza acqua che lo riempiva. In secondo luogo, la gigantesca cavità sotterranea nel ghiaccio è unica in sé. Una parte della cupola ghiacciata di questa cavità è stata preservata; prima dell’esplosione, aveva questa cupola circolare, e il suo fondo era ellittico, allungato verso nord. Da quello che sappiamo possiamo dire che il cratere C17 sia collegato a una faglia profonda e a un flusso di calore terrestre anomalo “, ha aggiunto Bogoyavlensky.

Grazie al modello 3D, gli scienziati hanno avuto modo di conoscere meglio la forma estremamente complessa della cavità sotterranea.

“Non abbiamo potuto vedere tutto dall’alto, in particolare le grotte, possibili caverne nella parte inferiore del cratere ma col modello 3D sì. I nostri risultati suggeriscono inequivocabilmente che il cratere sia endogeno e si sia formato con lo scioglimento del ghiaccio”.

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Per il 2021, gli autori di questa ricerca hanno già pianificato una nuova spedizione nel cratere sia per monitorarne lo stato che per condurre ulteriori ricerche su come si sia formato.

Nonostante il valore scientifico dei risultati ottenuti nello studio di C17, gli scienziati sostengono  che dovrebbero essere effettuati molti più studi per calcolare la portata di questo tipo di fenomeno nel bilancio globale delle emissioni di gas serra nell’atmosfera.

Fonti di riferimento: Skoltech, Geoscience, GreenMe

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