Più sanità pubblica quando la rivendichiamo?

Più sanità pubblica quando la rivendichiamo?

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Di Antonio Di Siena

Un anno di pandemia, un anno rubato al futuro nostro e quello dei nostri figli. Un tempo sufficientemente lungo affinché l’intera popolazione prendesse coscienza di dove sta il problema e rivendicasse con forza un serio rafforzamento della sanità pubblica. Nuovi ospedali, nuovi reparti, più uomini e mezzi, centralizzazione dello sviluppo e della produzione di farmaci e macchinari essenziali, cure territoriali efficienti, terapie farmacologiche efficaci. E invece no.  

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Nonostante abbiano raso al suolo un’intera economia e ridotto decine di migliaia di famiglie alla miseria, a causa di un sistema sanitario completamente impreparato e inadeguato a gestire l’emergenza, il popolo terrorizzato dalla propaganda a reti unificate ha smesso di pensare. Si continua a invocare a gran voce il vaccino come fosse la panacea di tutti i mali. Senza accorgersi che invece è soltanto la foglia di fico per nascondere la volontà di non potenziare la sanità e incrementarne le risorse. Perché la salute pubblica si tutela con un servizio sanitario efficiente e adeguato, con la ricerca, con l’apporto del pubblico nello sviluppo dei farmaci, con la trasparenza nei contratti di fornitura, dando un futuro stabile alle migliaia di giovani medici e ricercatori costretti a sottostare al baronato ed alla precarietà oppure a emigrare, con un sistema di tutele per i cittadini in difficoltà. Non riponendo un’acritica e fideistica speranza in vaccini il cui sviluppo è stato mosso esclusivamente dagli interessi miliardari delle grandi multinazionali. E non dalla urgente necessità del ritorno ad una normalità che, continuando così, sembra ancora molto molto lontana.

Tratto da: L’Antidiplomatico

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