di Thomas Fazi
In primavera siamo stati costretti a un lockdown totale (dall’altissimo costo economico e sociale) perché il nostro sistema sanitario nazionale (SSN), in seguito ad anni di tagli selvaggi – giustificati in nome della sempiterna scusa che “non c’erano i soldi” -, non era in grado di reggere il carico dei ricoverati (fatto che ha ovviamente contribuito a far lievitare il numero dei morti).
Oggi, invece, sempre perché “non ci sono i soldi” (per sostenere il sistema economico), siamo costretti a rimandare il più possibile un lockdown totale: decisione che probabilmente avrà un costo significativo in termini di vite umane, visto che non è stato fatto nulla per potenziare il nostro sistema sanitario nazionale negli ultimi sei mesi. E che comunque non ci risparmierà dai drammatici effetti economici e sociali delle nuove restrizioni, che molto probabilmente avranno un costo ancora più alto del precedente lockdown (che non potrà che lievitare in caso di un nuovo eventuale lockdown totale, se e quando arriverà).
L’ennesima dimostrazione del fatto che quella tra salute e sopravvivenza economica è una falsa dicotomia: o si possiedono gli strumenti economici in grado di garantire entrambe le cose – a partire dal potere di emissione monetaria – o si sarà costretti, come nel nostro caso, a patire un costo altissimo sia in termini sanitari che economici.
Insomma, ancora una volta siamo messi di fronte alle drammatiche conseguenze dell’aver creduto per anni alla favoletta per cui i soldi – che altro non sono che numeri sui computer delle banche centrali – possano effettivamente finire, quando il nostro problema, semmai, è che abbiamo affidato quel computer ad altri.
La cattiva notizia è che siete tutti un po’ responsabili della drammatica situazione in cui versa l’Italia. La buona notizia è che siete in tempo per svegliarvi dal sonno della ragione e aiutarci a ridare dignità a questo paese, iniziando col riprenderci il controllo del computer di cui sopra.
Perché nessuno sia mai più costretto a morire perché “non ci sono i soldi”.
Tratto da: L’Antidiplomatico
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