dI Karim El Sadi
Il video inedito di Report del colloquio in autogrill tra l’ex premier e il dirigente Dis.
E IV presenta un’interrogazione parlamentare per sapere se la Rai ha preso soldi da Lussemburgo
Nella piazzola dell’autogrill di Fiano Romano dell’autostrada Roma-Firenze c’è un uomo misterioso vestito di tutto punto e con i capelli brizzolati che si aggira in attesa di qualcosa o qualcuno. Si tratta di Marco Mancini, noto 007 italiano. Dopo poco arriva un’auto blu, un’Audi, dalla quale esce l’ex premier Matteo Renzi che gli si avvicina e gli dà una pacca sulla spalla. I due si allontanano e dialogano per una quarantina di minuti alla larga da occhi indiscreti. La scena viene notata e girata con un telefonino da una donna la quale manderà poi il materiale a Report che se n’è occupato con un’inchiesta che in questi giorni sta facendo discutere numerosi parlamentari. Ma chi è l’uomo con il quale parlava il leader di Italia Viva? Lo 007 è, come detto, Marco Mancini, oggi alto dirigente del Dis, il dipartimento dei servizi segreti che coordina e controlla l’Aisi e l’Aise, e ha una storia molto particolare alle spalle. Mancini ha una brillante carriera nel Sismi (il servizio segreto militare, ex Aise) di cui diventa capo della Divisione controspionaggio, braccio destro del direttore Nicolò Pollari. Il 5 marzo 2005 il suo nome sale alla ribalta quando riporta in Italia la giornalista Giuliana Sgrena, liberata dopo il suo sequestro in Iraq e dopo una corsa all’aeroporto di Baghdad che costa la vita a Nicola Calipari, collega di Mancini. Nel febbraio 2013 si beca una condanna a 9 anni per il sequestro dell’imam Abu Omar, rapito a Milano dalla Cia, poi annullata dalla Cassazione dopo una pronuncia della Corte costituzionale intervenuta allargando i confini del segreto di Stato. Come mai, dunque, una spia del genere si incontra per dialogare con un ex presidente del consiglio come Matteo Renzi peraltro in un luogo così anonimo? Risposta non ne abbiamo, il contenuto della conversazione intercorsa tra i due non è data sapere e Matteo Renzi, interpellato da Report, ha glissato. Una cosa però è risaputa ed è il desiderio di Mancini di ambire ai vertici del Dis o dell’Aise. Come era risaputa la battaglia che Matteo Renzi stava avviando per la delega dei servizi. Due aspetti connessi più di quanto non sembri. Report nella puntata andata in onda lunedì ha ricostruito il contesto politico dell’incontro, avvenuto il 23 dicembre 2020. E’ il periodo in cui Italia Viva chiedeva a Giuseppe Conte di lasciare la delega ai servizi. Un tema, questo, che insieme a quello della gestione del Recovery Fund, era stato sollevato da Renzi con sempre maggior enfasi in ogni suo intervento (quella mattina ne aveva parlato all’”Aria che tira“, su La7, prima di recarsi a Rebibbia per incontrare Denis Verdini e poi vedersi con Mancini nel pomeriggio). La questione della delega ai servizi che Conte voleva tenersi per sé, come tra l’altro fece già Paolo Gentiloni, era diventata cruciale per la vita del governo. Nei mesi precedenti si era aperta la battaglia per le posizioni di vicecapi dell’Aise e del Dis, poltrone a cui Mancini era interessato. A spiegarlo alle telecamere di Report è Cecilia Marogna, la manager cagliaritana arrestata nell’indagine relativa all’ex cardinale Angelo Becciu. La donna – dice Report – poteva diventare lo “strumento” per delegittimare i vertici dei servizi nominati da Conte a vantaggio di Mancini che aspirava a quel posto.
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Becciu – racconta Cecilia Marogna – le aveva dato l’ordine di avere rapporti con il capo dell’Aise Luciano Carta, per una “cooperazione” che è durata “per un lasso di tempo importante” in operazioni “per casi di sequestro di persona”. “Da Becciu – afferma ancora – mi viene chiesto di fare dossieraggio, ero un servizio segreto parallelo in interazione con altri servizi segreti paralleli internazionali”. A un certo punto, spiega ancora Report, la corrispondenza con Carta si interrompe e Marogna si rivolge a Giuliano Tavaroli, collega e amico di Mancini, per avere contatti con altri dirigenti dei servizi: “Il funzionario è Mancini”, spiega Marogna. Mancini e Tavaroli, all’epoca capo della security di Telecom e Pirelli, si conoscono da tempo: sono stati coinvolti nell’inchiesta che scoperchiò la centrale all’interno di Telecom che aveva confezionato dossier su 6mila persone. Tavaroli, racconta ancora Marogna intervistata da Giorgio Mottola, “mi fa incontrare Luca Fazzo”, oggi giornalista de Il Giornale, interessato ai carteggi intercorsi tra Carta e la manager di fiducia di Becciu, che nella vicenda che lo ha coinvolto è stato difeso tra gli altri da Renato Farina dalle colonne di Libero. Fazzo – come Farina – è un’altra vecchia conoscenza di alcuni uomini dei servizi: il cronista – che all’epoca lavorava a Repubblica – venne sospeso dall’Ordine dei giornalisti per i suoi rapporti con Mancini nell’ambito dell’inchiesta sul sequestro dell’imam Abu Omar. Un vecchio ‘giro’ che ritorna. Per Francesca Immacolata Chaouqui, finita al centro dello scandalo di Vatileaks, l’interesse era quello di avere “i messaggi di Carta per fotterlo” e Marogna conferma che le “viene chiesto di far fuori Carta” perché “disturbava”. Una finalità che però Tavaroli nega. Tornando al cuore della spinosa questione della delega ai servizi, l’ex premier Giuseppe Conte ha ceduto la presa soltanto il 21 gennaio 2021, quando passa la delega all’ambasciatore Pietro Benassi. Ma è troppo tardi. La settimana precedente si sono già dimesse le tre ministre di Italia viva facendo crollare così le fondamenta del governo. Ad ogni modo su tutta la vicenda rimane una domanda. E’ normale che un ex presidente del consiglio, oggi a capo di un partito di coalizione e riconosciuto quale istituzione a livello internazionale, incontri un agente dei servizi segreti “ingombrante” dalle forti ambizioni carrieristiche in un luogo appartato? Ed è credibile che la ragione di questo incontro possa essere uno scambio di battute e una consegna di “babbi” alla crema (dolcetti originari della Romagna da dove viene Mancini), come sostiene Renzi? Risposta, per ora, non c’è. Certo è che i misteri restano, come ad esempio il fatto che Matteo Renzi fosse incredibilmente a conoscenza dei materiali video giunti in via confidenziale a Report prima che i giornalisti gliene accennassero durante l’intervista. La questione è destinata a rimanere aperta ancora per un po’. Il renziano Luciano Nobili ha presentato un’interrogazione parlamentare per sapere se la Rai abbia pagato per conto della trasmissione una “presunta fattura da 45mila euro ad una società lussemburghese per confezionare servizi contro Renzi”. Accuse che Report ha rispedito al mittente.
Tratto da: Antimafiaduemila
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