Il Tar della Calabria ha annullato con sentenza del 15 settembre l’ordinanza emessa il 27 maggio scorso dal governatore Jole Santelli, che prevedeva la vaccinazione antinfluenzale obbligatoria per gli ultra sessantacinquenni e per tutti i medici e personale sanitario della regione.
Il ricorso era stato presentato grazie ad una iniziativa di AMPAS, l’associazione di medicina per una alimentazione di segnale guidata da Luca Speciani.
Il ricorso era stato basato su quattro argomentazioni diverse:
I ) Il provvedimento si porrebbe in contrasto con l’art. 32, comma 2 Cost, che vieta l’introduzione di trattamenti sanitari obbligatori attraverso un provvedimento amministrativo e violerebbe altresì il riparto di competenze tra Stato e Regioni, giacché l’obbligo vaccinale potrebbe essere introdotto solo dallo Stato. Il provvedimento sarebbe pertanto nullo per difetto assoluto di attribuzione.
II) Il Presidente della Regione Calabria avrebbe emanato il provvedimento in assenza dei presupposti richiesti sia dall’art. 32, comma 3 l. 23 dicembre 1978, n. 833, sia dall’art. 50 d.lgs. 18 agosto 2000 n. 267. Innanzitutto, essendo il provvedimento volto a contrastare l’epidemia di Covid-19, di carattere pandemico, la competenza non potrebbe che spettare al livello centrale di governo. In secondo luogo, imponendo il provvedimento l’obbligo di vaccinazione a partire dal mese di settembre 2020, mancherebbe il requisito di indifferibilità necessario per un provvedimento contingente.
III) Ancora, vi sarebbe un difetto di competenza ai sensi della normativa emergenziale in materia di contrasto al COVID-19, e in particolare all’art. 3 d.l. 25 marzo 2020, n. 19, conv. con mod. con l. 22 maggio 2020, n. 35, che attribuisce alle Regioni il potere di assumere provvedimenti più restrittivi solo in caso di N. 00871/2020 REG.RIC. aggravamento del rischio epidemiologico e nelle more dell’intervento statale.
IV) Infine, vi sarebbe un evidente difetto di istruttoria, non essendo sufficientemente verificata l’efficacia della vaccinazione antinfluenzale in ottica di lotta all’epidemia di COVID-19.
Il Tribunale Regionale della Calabria ha deciso di accogliere come valida la prima di queste argomentazioni, evitando di esprimersi sulle altre tre:
“Il Tribunale intendere premettere, anticipando sin d’ora quanto si svilupperò meglio ai §§ che seguono, che risulta fondato il primo motivo di ricorso, in quanto i trattamenti sanitari obbligatori, quale l’obbligo di vaccinazione antinfluenzale, sono coperti da riserva di legge statale, alla stregua dell’art. 32, comma 2 Cost., letto in combinazione con l’art. 3 Cost. e l’art. 117, comma 3 Cost.. Ciò comporta l’accoglimento del ricorso, sebbene riconoscendo che il vizio riscontrato determina l’annullabilità e non la nullità dell’ordinanza impugnata. All’accoglimento dell’odierno ricorso, dunque, non potrà essere ricondotto alcun significato diverso dall’affermazione che non spetta alle Regioni, ma eventualmente solo allo Stato, l’imposizione di un qualsivoglia obbligo vaccinale.”
In sintesi, le singole regioni non possono arrogarsi il diritto di imporre un obbligo vaccinale di alcun tipo. Chiaramente, il problema di fondo resta immutato ( vedi articolo sottostante), ma almeno questo passo in avanti va registrato.
Adesso resta da capire se una sentenza del genere possa “fare giurisprudenza” a livello nazionale, oppure se a livello regionale ognuno sia libero di interpretare le leggi come meglio crede. Mi sto riferendo naturalmente alla regione Lazio e al caso Zingaretti.
Massimo Mazzucco
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