Peper Escobar
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l’intervento di Putin all’Assemblea Federale Russa – di fatto un discorso sullo Stato della Nazione – è stato una mossa di judo che ha lasciato i falchi della sfera atlantica assolutamente sbalorditi.
L’”Occidente” non è stato nemmeno chiamato per nome. Solo indirettamente, attraverso una deliziosa metafora, il Libro della Giungla di Kipling. La politica estera è stata affrontata solo alla fine, quasi come un ripensamento.
Per più di un’ora e mezza, Putin si è concentrato sulle questioni interne, descrivendo in dettaglio una serie di politiche sugli aiuti statali alle persone bisognose – famiglie a basso reddito, bambini, madri singole, giovani professionisti, persone svantaggiate – tramite, ad esempio, controlli sanitari gratuiti, fino alla possibilità di un reddito universale nel prossimo futuro.
Naturalmente ha anche dovuto affrontare lo stato attuale, altamente volatile, delle relazioni internazionali. Il modo conciso con cui ha scelto di farlo, contrastando la russofobia prevalente nella sfera atlantista, è stato piuttosto sorprendente.
Prima di tutto le cose essenziali. “La politica della Russia è di assicurare la pace e la sicurezza per il benessere dei nostri cittadini e per lo sviluppo stabile del nostro Paese.”
Tuttavia, se “qualcuno non vuole… impegnarsi nel dialogo, ma sceglie un tono egoista e arrogante, la Russia troverà sempre un modo per difendere la propria posizione.”
Ha poi individuato “la pratica delle sanzioni economiche illegali e politicamente motivate” e l’ha collegata a “qualcosa di molto più pericoloso” e, di fatto, assolutamente invisibile nella narrativa occidentale: “il recente tentativo di organizzare un colpo di stato in Bielorussia e assassinare il presidente di quel Paese.” Putin ha tenuto a sottolineare che “tutti i confini sono stati superati.”
Il complotto per uccidere Lukashenko è stato svelato dall’intelligence russa e bielorussa – che ha arrestato diversi attori sostenuti, guarda caso, dall’intelligence statunitense. Il Dipartimento di Stato americano ha, prevedibilmente, negato qualsiasi coinvolgimento.
Putin: “Vale la pena sottolineare che, in base alle confessioni dei partecipanti alla cospirazione, attualmente in stato di arresto, era in preparazione il blocco della città di Minsk, comprese le infrastrutture cittadine, le comunicazioni e la completa chiususa della rete elettrica della capitale bielorussa. Questo, tra l’altro, implica la preparazione di un massiccio attacco informatico.”
E questo porta ad una verità molto scomoda: “A quanto pare, non è senza motivo che i nostri colleghi occidentali hanno ostinatamente respinto numerose proposte da parte russa volte a stabilire un dialogo internazionale nel campo dell’informazione e della sicurezza informatica.”
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“Asimmetrico, rapido e duro”
Putin ha osservato come “attaccare la Russia” sia diventato “uno sport, un nuovo sport, chi fa le dichiarazioni più altisonanti.” E poi avanti tutta con Kipling: “La Russia viene attaccata qua e là senza motivo. E, naturalmente, tutti i piccoli Tabaquis [sciacalli] vanno in giro proprio come Tabaqui correva intorno a Shere Khan [la tigre] – proprio come nel libro di Kipling – ululando tutti insieme e pronti a servire il loro sovrano. Kipling era un grande scrittore.”
Questa metafora – multilivello – è ancora più sorprendente perché riecheggia il Grande Gioco geopolitico della fine del XIX secolo tra l’Impero Britannico e quello russo, di cui Kipling era stato protagonista.
Ancora una volta Putin ha dovuto sottolineare che “non vogliamo davvero bruciare nessun ponte. Ma, se qualcuno percepisce le nostre buone intenzioni come indifferenza o debolezza e intende bruciare completamente quei ponti o addirittura farli saltare, deve sapere che la risposta della Russia sarà asimmetrica, rapida e dura.”
Ecco dunque la nuova legge della giungla geopolitica – sostenuta dai signori Iskander, Kalibr, Avangard, Peresvet, Khinzal, Sarmat, Zircon e da altri rispettabili gentleman, ipersonici e non, tutti debitamente menzionati. Coloro che punzecchiano l’Orso fino a minacciare “gli interessi fondamentali della nostra sicurezza si rammaricheranno di ciò che è stato fatto, come del non essersi pentiti di nulla per molto tempo.”
I sorprendenti sviluppi delle ultime settimane – il vertice Cina-USA in Alaska, il vertice Lavrov-Wang Yi a Guilin, il vertice NATO, l’accordo strategico Iran-Cina, il discorso di Xi Jinping al forum di Boao – ora si fondono in una nuova realtà: l’era di un Leviatano unilaterale che impone la sua ferrea volontà al mondo è ormai finita.
Per quei russofobi che ancora non hanno recepito il messaggio, un Putin freddo, calmo e raccolto è stato costretto ad aggiungere: “chiaramente, abbiamo abbastanza pazienza, responsabilità, professionalità, fiducia in noi stessi, sicurezza nella correttezza della nostra posizione e buon senso quando si tratta di prendere qualsiasi decisione. Ma spero che nessuno pensi di attraversare le cosiddette linee rosse della Russia. E dove siano queste linee saremo noi a stabilirlo, volta per volta.”
Tornando alla realpolitik, Putin ha dovuto ancora una volta sottolineare la “speciale responsabilità” dei “cinque stati nucleari” di discutere seriamente “le questioni relative all’armamento strategico.” Se l’amministrazione Biden-Harris – dietro la quale si trova un cocktail tossico di neo-conservatori e imperialisti umanitari – sarà d’accordo è una questione ancora tutta da decidere.
Putin: “L’obiettivo di tali negoziati potrebbe essere quello di creare un ambiente di coesistenza privo di conflitti, basato su una sicurezza paritaria, che copra non solo le armi strategiche, come i missili balistici intercontinentali, i bombardieri pesanti e i sottomarini, ma anche, vorrei sottolineare, tutti i sistemi offensivi e difensivi capaci di risolvere compiti strategici, indipendentemente dal loro equipaggiamento.”
Per quanto il discorso di Xi al forum di Boao fosse rivolto soprattutto al Sud globale, Putin ha sottolineato come “stiamo espandendo i contatti con i nostri partner più vicini nell’Organizzazione per la Cooperazione di Shanghai, i BRICS, la Comunità degli Stati Indipendenti e gli alleati dell’Organizzazione del Trattato di Sicurezza Collettiva” e ha esaltato “i progetti comuni nel quadro dell’Unione Economica Eurasiatica,” pubblicizzati come “strumenti pratici per risolvere i problemi dello sviluppo nazionale.”
In poche parole: integrazione in corso, seguendo il concetto russo di “Grande Eurasia.”
“Tensioni quasi a livello di guerra”
Ora confrontatelo con l’Ordine Esecutivo (EO) della Casa Bianca che dichiara una “emergenza nazionale” per “affrontare la minaccia russa.”
Questo è direttamente collegato al presidente Biden (in realtà la congrega che gli dice cosa fare, con auricolare e teleprompter) che promette al presidente ucraino Zelensky che Washington “prenderà misure” per sostenere il desiderio di Kiev di riconquistare il Donbass e la Crimea.
Ci sono diversi, sconcertanti problemi con questo PO. Nega, di fatto, a qualsiasi cittadino russo i pieni diritti sulle sue proprietà negli Stati Uniti.
Qualsiasi residente negli Stati Uniti potrà essere accusato di essere un agente russo impegnato a minare la sicurezza degli Stati Uniti. Un sottoparagrafo (C), che dettaglia “azioni o politiche che minano i processi o le istituzioni democratiche negli Stati Uniti o all’estero” è abbastanza vago da poter essere usato per eliminare qualsiasi tipo di giornalismo che supporti le posizioni della Russia negli affari internazionali.
Sono stati sanzionati gli acquisti di obbligazioni russe OFZ, così come una delle società coinvolte nella produzione del vaccino Sputnik V. Ma la ciliegina su questa torta di sanzioni sarà che, d’ora in poi, a tutti i cittadini russi, compresi i possessori di doppia cittadinanza, potrebbe essere vietato l’ingresso nel territorio degli Stati Uniti, se non tramite una rara autorizzazione speciale in aggiunta al visto ordinario.
Il giornale russo Vedomosti ha notato che, in questa atmosfera paranoica, i rischi per le grandi aziende, come Yandex o Kaspersky Lab stanno aumentando significativamente. Tuttavia, a Mosca queste sanzioni non sono state accolte con sorpresa. Il peggio deve ancora venire, secondo i conoscitori della Beltway: due pacchetti di sanzioni contro il Nord Stream 2 già approvati dal Dipartimento di Giustizia degli Stati Uniti.
Il punto cruciale è che questo EO rende, di fatto, chiunque riferisca sulle posizioni politiche della Russia una potenziale minaccia per la “democrazia americana.” Come ha osservato l’analista politico Alastair Crooke, questa è una “procedura solitamente riservata in tempo di guerra ai cittadini degli stati nemici.” Crooke aggiunge: “I falchi statunitensi stanno ferocemente alzando la posta in gioco contro Mosca. Le tensioni e la retorica stanno rasentando il livello di guerra.”
È una questione aperta se questo dicorso di Putin sullo Stato della Nazione sarà seriamente preso in considerazione dalla lunatica e tossica combine di neoconservatori e imperialisti umanitari che si ostina ad infastidire simultaneamente Russia e Cina.
Ma ora sta accadendo un fatto veramente straordinario: una sorta di “de-escalation.”
Anche prima del discorso di Putin, Kiev, la NATO e il Pentagono avevano apparentemente recepito il messaggio implicito nel dispiegamento russo di due corpi d’armata, artiglieria e divisioni aviotrasportate ai confini del Donbass e della Crimea – per non parlare delle unità navali più moderne spostate dal Caspio al Mar Nero. La NATO non può nemmeno sognare di fare altrettanto.
I fatti, visti da prospettive diverse, parlano chiaro. Parigi e Berlino sono terrorizzate da un possibile scontro diretto tra Kiev e la Russia e hanno furibondamente fatto pressioni per bloccarlo, scavalcando l’UE e la NATO.
Poi qualcuno – potrebbe essere stato Jake Sullivan – deve aver sussurrato all’auricolare del Manichino che non si va in giro ad insultare il capo di uno stato nucleare, aspettandosi poi di mantenere la propria “credibilità” globale. Così, dopo l’ormai famosa telefonata di “Biden” a Putin, è arrivato l’invito al vertice sul cambiamento climatico, in cui ogni nobile promessa è in gran parte retorica, poiché il Pentagono continuerà ad essere la più grande entità inquinante sul pianeta Terra.
Così Washington potrebbe aver trovato un modo per mantenere almeno un canale di dialogo aperto con Mosca. Allo stesso tempo, Mosca non si illude che il dramma Ucraina/Donbass/Crimea sia finito. Anche se Putin non ne ha parlato nel discorso sullo Stato della Nazione. E anche se il ministro della difesa Shoigu ha ordinato una de-escalation.
Il sempre inestimabile Andrei Martyanov ha sottolineato, sorridendo sotto i baffi, lo “shock culturale di quando Bruxelles e Washington hanno iniziato a sospettare che la Russia non ‘vuole’ l’Ucraina. Quello che la Russia vuole è che questo Paese marcisca e imploda, senza che gli escrementi di questa implosione colpiscano la Russia. I piani russi per il Bantustan ucraino contemplano anche il fatto che debba essere lOccidente a pagare la ripulitura di questo grande casino.”
Il fatto che Putin nel suo discorso non abbia nemmeno menzionato il Bantustan conferma questa analisi. Per quanto riguarda le “linee rosse,” il messaggio implicito di Putin non cambia: una base NATO sul fianco occidentale della Russia non sarà semplicemente tollerata. Parigi e Berlino lo sanno. L’UE sta negando i fatti. La NATO rifiuterà sempre di ammetterlo.
Torniamo sempre alla stessa, cruciale questione: se Putin sarà in grado, contro tutte le probabilità, di fare una mossa combinata Bismarck-Sun Tzu e costruire una duratura entente cordiale russo-tedesca (e questo è abbastanza lontano da una “alleanza“). Il Nord Stream 2 è un ingranaggio essenziale della ruota – e questo è ciò che sta facendo impazzire i falchi di Washington.
Qualunque cosa accadrà, per tutti gli scopi pratici la cortina di ferro 2.0 è già operativa e, semplicemente, non se andrà. Ci saranno più sanzioni.
Contro l’Orso, guerra a parte, hanno già lanciato di tutto. Sarà molto divertente vedere come, e attraverso quali passi, Washington si impegnerà in un “processo di de-escalation e diplomatico” con la Russia.
L’Egemone può sempre trovare un modo per mettere in campo una massiccia campagna di pubbliche relazioni e, alla fine, rivendicare un successo diplomatico per “dissolvere” l’impasse. Beh, questo è certamente meglio di una guerra calda. In ogni caso, gli umili avventurieri del Libro della Giungla sono stati avvisati: provate pure a fare qualcosa di divertente, ma preparatevi anche ad incontrare qualcosa di “asimmetrico, rapido e duro.”
Pepe Escobar
Fonte: unz.com, ComeDonChisciotte
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