Il 16 settembre 1993 sul Giornale di Sicilia usciva un articolo intitolato: “Ucciso Prete Antimafia”. Ma in realtà Giuseppe Puglisi, per tutti don Pino, è stato più di un semplice presbiterio. Con grande coraggio ha dedicato la sua vita alla salvaguardia delle persone svantaggiate, quelle che hanno bisogno di aiuto e di trovare un’alternativa alla violenza e alla criminalità. Ma ancora un volta, questo ambizioso progetto è stato stroncato da Cosa Nostra, colpevole dell’uccisione di Don Pino nel giorno del suo 56° compleanno (15 settembre del 1993) mentre i suoi amici della comunità “Padre Nostro” lo attendevano per i festeggiamenti.
Sulla lapide della tomba nel cimitero di Sant’Orsola sono scolpite delle parole del vangelo di Giovanni: “Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici”.
Il Centro “Padre Nostro” nacque per dare le soluzioni che lo Stato nel corso degli anni non ha mai concretamente dato: “A volte si pensa che la mafia sia la violenza del pizzo, gli omicidi, le bombe. Ma don Pino lo sa che la vera violenza è l’assenza di una scuola media in un quartiere di quasi diecimila anime” scrive Alessandro D’Avena in “Ciò che inferno non è”.
Da subito la sua presenza infastidì Cosa Nostra, che non accettando queste iniziative anti-criminalità, decise di dare inizio ad una lunga serie di intimidazioni e minacce che si sono concluse nel peggiore dei modi, nonostante Don Puglisi non si mai tirato indietro.
Infatti Cosa Nostra non riuscì a fermare questo uomo pieno di fede che continuò nel suo lavoro sociale, dedicandosi a tempo pieno e con grande determinazione al suo progetto.Ma il peggio doveva ancora arrivare: nel giorno del suo 56° compleanno, don Puglisi si dirigeva in piazza Anita Garibaldi con la sua autovettura, ma una volta sceso dalla stessa, Gaspare Spatuzza lo afferrò per un braccio rivolgendogli poche parole: “Padre questa è una rapina”. Don Puglisi si voltò e sorridendogli rispose: “Me l’aspettavo”. Dietro il sacerdote si nascondeva Salvatore Grigoli che sparò due colpi di pistola alla nuca del prete.
Proprio il suo assassino, colto da un solco profondo nella coscienza, decise di collaborare con la giustizia, raccontando i dettagli e le dinamiche dell’esecuzione, nonché il nome dei mandanti: i fratelli Giuseppe e Filippo Graviano arrestati a Milano il 26 gennaio 1994.
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Fonte foto: canalesicilia
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