Con la guerra arriva la rivincita dei big del petrolio: nelle tasche degli azionisti 23 miliardi in tre mesi

Con la guerra arriva la rivincita dei big del petrolio: nelle tasche degli azionisti 23 miliardi in tre mesi

Spread the love
Tempo di lettura: 2 min

Nessuna scarsità reale di beni e nessun aumento significativo dei costi di produzione quindi, solo criminale speculazione sulla pelle dei popoli. Con il barile sopra i 110 dollari, nel secondo trimestre Exxon Mobil, Shell, Chevron e Total hanno fatto profitti per oltre 50 miliardi. La prima ha generato in sei mesi un flusso di cassa disponibile (la differenza tra entrate da attività operative e uscite per investimenti) superiore a quello di Alphabet, un risultato straordinario secondo gli analisti.

Di Chiara Brusini

Da entrambi i lati dell’Atlantico il caro energia impoverisce le famiglie e mette in difficoltà le industrie. Ma fa ingranare il turbo ai conti dei vecchi giganti del petrolio, che tornano a gareggiare testa a testa con i big tecnologici e fanno felici gli azionisti con maxi piani di riacquisto di azioni proprie. Una rivincita a sorpresa della “old economy”, resa possibile dalla guerra in Ucraina e amarissima per chi sperava in una rapida transizione ecologica. Nel secondo trimestre 2022, mentre l’italiana Eni vedeva gli utili aumentare del 300% rispetto allo stesso periodo del 2021, Exxon Mobil ha fatto la bellezza di 17,85 miliardi di dollari di profitti superando il record di 15,9 miliardi raggiunto nel 2012 e facendo dimenticare il disastroso rosso (-22 miliardi) del 2020. Chevron ne ha registrati per 11,6 miliardi, la anglo olandese Shell per 11,4 miliardi, la francese Total per 9,8. In attesa della trimestrale di Bp, attesa per martedì, queste big four da sole hanno totalizzato in tre mesi più di 50 miliardi di utili e stando a calcoli di Reuters hanno girato agli azionisti ben 23 miliardi sotto forma di dividendi e buyback.

Come evidenziato da Bloomberg, Exxon ha registrato un flusso di cassa disponibile di 16,9 miliardi superando quello di Alphabet (12,6 miliardi) e tallonando Microsoft (17,8) e Apple (20,8). Considerando l’intero primo semestre, il suo flusso di cassa disponibile è stato superiore al profitto: 27,7 miliardi contro 26,3. Lo stesso è avvenuto per Shell: 22,9 miliardi contro 20.

Agli occhi degli analisti si tratta di numeri straordinari. Il flusso di cassa infatti è la differenza tra le entrate da attività operative e le uscite per investimenti: rappresenta la liquidità disponibile per pagare eventuali debiti e per remunerare gli azionisti. Visto che le infrastrutture per estrarre petrolio sono costosissime, così come la loro manutenzione, di norma le uscite per investimenti si mangiano gran parte del cash flow operativo, rendendo le compagnie meno profittevoli di quel che potrebbe sembrare a chi guarda solo i profitti. Ma nel 2022 il mondo è cambiato.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

Economia Società