Francesca Biagioli
Tratto da: GreenMe
Nel suo nuovo rapporto sui pesticidi negli alimenti, l’Efsa minimizza considerando tendenzialmente sicura la situazione della contaminazione del cibo in Europa. Non si considera però l’effetto cocktail, di cui ancora non si conoscono bene i possibili risvolti per la salute
Pesticidi negli alimenti. Un problema che riguarda tutto il mondo, Europa (e Italia) compresa. Lo testimonia il nuovo rapporto dell’Efsa, che alcuni definiscono “rassicurante” per i risultati ottenuti ma che noi riteniamo invece ancora molto lontano da ciò che – almeno idealmente – vorremmo, ossia l’opportunità di mangiare cibo sempre privo di pesticidi.
Ma partiamo dall’inizio, la nuova indagine dell’Efsa (The 2020 European Union report on pesticide residues in food) ha analizzato i residui di pesticidi negli alimenti in 30 Paesi. Si tratta di un’analisi che l’Autorità europea per la sicurezza alimentare conduce regolarmente per fotografare la situazione in merito ai residui di fitofarmaci in frutta, verdura e altri prodotti nell’Ue.
Le analisi sono state effettuate nel 2020 su 88.141 campioni di prodotti alimentari, un numero ridotto (- 9,3%) rispetto al 2019 a causa della pandemia.
In queste sono compresi i risultati dell’EU MACP che, per il 2020, ha analizzato a campione 12 prodotti alimentari:
- carote
- cavolfiori
- kiwi
- cipolle
- arance
- pere
- patate
- fagioli secchi
- riso integrale
- grano di segale
- fegato bovino
- grasso di pollame
Gli stessi prodotti vengono analizzati ogni tre anni, così da identificare le tendenze per ogni singolo alimento.
Ma la relazione annuale dell’EFSA include anche i dati raccolti nell’ambito delle attività di controllo svolte dai vari Stati membri dell’Ue, e in questo senso l’Italia si è distinta in quanto è uno dei Paesi che ha compiuto più analisi sui prodotti di origine nazionale ma anche importati.
I risultati
Questi in sintesi i risultati dell’analisi:
- Il 40,3% dei campioni conteneva residui di un pesticida (o più)
- ll 54,7% non conteneva residui quantificabili
- Il 94,9% dei campioni risultava regolare
- Il 4,1% dei campioni superava i limiti di legge per i residui massimi consentiti
È proprio per quest’ultimo aspetto che c’è chi interpreta i risultati della nuova indagine come “rassicuranti”. Solo una minima parte dei campioni analizzati, infatti, era fuori legge.
Ma davvero ci basta questo? Come non considerare i rischi, ancora in parte sconosciuti, dell’effetto cocktail? Con questo termine si indicano i possibili effetti collaterali di un mix di residui di diversi pesticidi, pur se tutti entro i limiti di legge.
L’Europa ancora oggi non prevede limitazioni in questo senso.
Residui multipli sono stati individuati nel 27% dei campioni e in una fragola, di cui non si conosceva l’origine, erano presenti ben 35 residui di pesticidi differenti.
Questi i cibi in cui vi erano più multiresidui:
- peperoni
- mele
- arance
- pere
- fragole
- uva da tavola
- mandarini
- pesche
Dai risultati del sottogruppo dell’EU MACP (12mila campioni) emerge poi un dato importante sul tasso complessivo di superamento degli Limiti massimi residui (Lmr). Alcuni prodotti, confrontando i dati del 2020 con quelli del 2017 e del 2014, mostrano una contaminazione in aumento.
I cibi che sono risultati peggiorati sul fronte pesticidi sono:
- riso: dal 2,1% del 2014 al 6,7% del 2020
- fagioli secchi: dal 2,3% del 2017 al 4,9% del 2020
- arance: da 1,5% a 2,9%
- pere: da 1,6% al 2,3%
- kiwi: da 1,3% a 1,96%
- cavolfiore: da 0,8%a 1,0%
Se consideriamo le analisi del programma coordinato EU MACP, anche i risultati complessivi sono un po’ diversi:
- Il 29,7 % dei campioni contenevano uno o più residui di pesticidi in concentrazioni a norma di legge
- il 68,5 % era privo di livelli quantificabili di residui
- l’1,7 % presentava residui superiori ai limiti di legge
I pesticidi trovati nel cibo
Il rapporto evidenzia la presenza di un’ampia gamma di pesticidi nel cibo tra cui il controverso (e vietato) chlorpyrifos, in 327 campioni sopra il limite massimo ammesso. Questa sostanza è considerata pericolosa, in particolare per i bambini, e l’Ue l’ha bandita già dal 2020, così come gli Stati Uniti nel 2021.
Il chlorpyrifos è stato trovato soprattutto in campioni provenienti da Turchia, Egitto, Madagascar, Grecia e Cina.
Non sono mancati inoltre campioni in cui è stato individuato glifosato ma soprattuto il suo metabolita (Ampa), trovato in 4534 campioni alimentari e nel mangime (242 campioni).
La situazione italiana
Come già detto, il nostro Paese è stato uno di quelli in cui sono stati effettuati maggior controlli in Europa.
Non conformità dei campioni è stata individuata nell’1% dei casi, tenendo conto anche delle importazioni. In merito a queste ultime, sono stati 210 i campioni prelevati alle frontiere e 8200 individuati da Asl, Carabinieri Prevenzione sanitaria e altre Autorità.
Secondo i risultati:
- il 67,3% dei campioni è privo di residui
- il 31,7% presenta residui al di sotto dei limiti massimi stabiliti
- i campioni di alimenti per l’infanzia sono risultati tutti esenti da pesticidi e conformi
I campioni irregolari riguardavano in particolare cereali, frutta e verdura.
Ai primi posti tra i cibi più contaminati in Italia (in cui è stata riscontrata la presenza di almeno un pesticida) vi sono:
- pere
- fagioli borlotti
- arance
- carote
- patate
- kiwi
- cipolle
Per quanto riguarda le pere italiane, un campione presentava 14 residui in contemporanea ma non è stato il prodotto peggiore: in un prezzemolo italiano analizzato in Germania sono stati trovati ben 24 principi attivi.
In merito alle importazioni, dovremmo stare attenti in particolare a quelle che arrivano dalla Turchia. Considerando nel complesso l’analisi, infatti, proprio da questo Paese provenivano gli alimenti più contaminati.
Per l’Efsa non c’è nessun rischio
In base a tutti i dati analizzati, l’Efsa conclude che:
è improbabile che i prodotti alimentari analizzati nel 2020 costituiscano un problema per la salute dei consumatori.
A noi sembra invece che l’Europa sia ancora ben lontana dall’avere frutta e verdura (e altri cibi) senza pesticidi. E, considerando l’effetto cocktail di cui abbiamo parlato sopra, anche la sicurezza di ciò che consumiamo ogni giorno potrebbe essere decisamente da rivedere.
Tratto da: GreenMe
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