Le previsioni dell’Ocse confermano che l’economia mondiale si troverà a dover fronteggiare seri problemi anche nel 2020. Secondo gli ultimi dati dell’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, nel nuovo anno la crescita si fermerà al 2,9 per cento, mentre nel 2021 dovrebbe registrare un lieve rialzo portandosi poco sopra il 3 per cento.
A pesare maggiormente sulle previsioni economiche le continue tensioni commerciali presenti ai massimi livelli (Stati Uniti e Cina), le quali non hanno fatto altro che soffocare i potenziali investimenti delle aziende.
Le economie globali messe a confronto
L’anno 2019 si è chiuso con una crescita globale del 2,9 per cento. Per il 2020 l’Ocse prevede un anno di recessione, con l’economia ferma al dato dello scorso anno. Non andrà meglio nel 2021, con le previsioni dell’organizzazione internazionale che non vanno oltre il 3 per cento. Rallentano gli Stati Uniti, che dal 2,3 passano al 2,0 per cento. Lo stesso fa la Cina, che dopo aver fatto registrare un positivo +6,2 per cento nei prossimi due anni si attesterà su valori più bassi (5,7 nel 2020 e 5,5 nel 2021). L’Italia ragiona con lo 0, (+0,4 e +0,5 nei prossimi 24 mesi, partendo da uno 0,2 di quest’anno). Male anche la Germania, che dallo 0,6 per cento calerà allo 0,4 per cento il prossimo anno, salvo risalire nel 2021 (+0,9).
Tre scenari
La Saxo Bank ha ipotizzato dieci scenari internazionali credibili per il prossimo anno, in grado di destabilizzare l’economia mondiale. In particolare, sono tre di questi a destare maggiore interesse tra gli addetti ai lavori:
Rialzo dei tassi di interesse della Bce: il settore bancario trascinerebbe al rialzo il resto del mercato europeo.
Introduzione dell’America first tax: Donald Trump potrebbe introdurre una tassa del 25 per cento su tutti i beni importati negli Usa. L’eventuale America first tax oltre a danneggiare i partner commerciali europei ricadrebbe soprattutto sulla Cina.
Ungheria fuori dall’Unione europea: i rapporti tra Ungheria e Bruxelles sono ai minimi termini.
Qualora nel 2020 ci dovesse essere l’uscita del Paese magiaro, l’Europa nel medio-lungo periodo perderebbe di credibilità di fronte ai rivali Usa e Cina, dando un’immagine di sé debole.
Fonte:InvesrireOggi