La ‘Ndrangheta era ancora interessata agli appalti della Tav Torino-Lione, certa che i lavori non si sarebbero fermati. L’intenzione dei mafiosi è emersa, non solo dall’operazione ‘San Michele’ di sei anni fa, ma anche dall’inchiesta ‘Fenice’ degli ultimi giorni che ha visto, tra gli altri, l’arresto in carcere dell’assessore regionale del Piemonte agli affari legali, Roberto Rosso (Fdl) accusato dai magistrati di voto di scambio politico-mafioso.
A dimostrazione di questo c’è un’intercettazione degli investigatori, riportata nell’ordinanza di qualche giorno fa, pubblicata da “Il Fatto Quotidiano”, che hanno ascoltato la telefonata dello scorso 24 febbraio tra Francesco Viterbo e Onofrio Garcea (ritenuto dagli investigatori un importante esponente della cosca Bonavota e figura di spessore della ‘Ndrangheta a Genova, condannato ma in attesa del terzo grado), arrestati per associazione mafiosa, in cui parlano di un incontro tra vari politici e uno dei due ricorda che i lavori a Chiomonte devono andare avanti. Inoltre, secondo le indagini Garcea, dopo l’operazione ‘Carminius’ del 18 marzo 2019, avrebbe guidato il sodalizio criminale originario di Vibo Valentina e attivo a Carmagnola (Torino). “Io metterei tutti i giudici lì sopra su una barca poi gli sparerei – diceva Viterbo commentando le notizie su quell’operazione –. I giudici sono dei pezzi di merda che ascoltano le telefonate, arrestano le persone per niente, tanto loro in galera non vanno”.
All’interno dell’ordinanza, c’è anche un’altra conversazione sempre tra i due in cui Viterbo diceva a Garcea di essere stato invitato da un importante imprenditore delle costruzioni, Giovanni Parisi (non indagato), a una manifestazione di Forza Italia alle 10 dello stesso giorno nel Comune di Nichelino (Torino). Viterbo all’evento sarebbe andato insieme ad altre due persone di cui una, Carlo De Bellis, anche lui arrestato venerdì per concorso esterno in associazione mafiosa. Mentre il presunto boss non avrebbe partecipato “a causa di motivi personali”, ma secondo i magistrati avrebbe ascoltato il resoconto di quell’incontro con “quattro o cinque onorevoli” di Forza Italia (non indagati). “Viterbo – ha scritto il gip Giulio Corato – ha raccontato di aver parlato con l’onorevole ‘Napoli… e Bertoncino’ con i quali hanno discusso sia di ‘dover prendere il Paese in mano’, facendo riferimento alle elezioni amministrative del Comune di San Gillio (Torino), sia che i lavori presso il cantiere del Tav a Chiomonte (Torino) devono proseguire”. Si tratta, dunque del deputato e consigliere comunale di Torino, ex vicepresidente dell’Osservatorio sulla Torino-Lione insieme a Paolo Foietta, Osvaldo Napoli e il socialista candidata di +Europa al Parlamento europeo, Maurizia Bertoncino. Inoltre, secondo le indagini a quell’incontro avrebbero partecipato anche Paolo Zangrillo, deputato e commissario regionale di Forza Italia, e Alberto Cirio, eurodeputato non ancora candidato alla presidenza del Piemonte. “In quell’incontro a Nichelino c’erano cento persone – ha ricordato l’onorevole Napoli –. Io non so chi siano quei due (Viterbo e Garcea, ndr). Dal lato morale sono di una tassatività enorme. In 27 anni da sindaco non ho mai messo piede in Procura”. In effetti dall’ordinanza il nome dell’onorevole “Si Tav” Napoli non compare e questo presupporrebbe che con i due ‘ndranghetisti non ci siano stati contatti. Inoltre, Napoli ha affermato di non aver mai parlato di appalti riguardanti l’alta velocità, ma ha assicurato che per il rischio infiltrazione mafiosa “ci siano i presupposti per controllare che tutto sia nella normalità. Siccome sono appalti di un certo livello, non bisogna aver paura che la magistratura faccia le verifiche”. Il deputato di Forza Italia ha negato anche l’interessamento politico per le elezioni a San Gillio e ha sostenuto di non aver chiesto voti come ha fatto Rosso, sospettato di aver pagato quasi ottomila euro a Garcea e Viterbo per procacciare voti.
Intanto, sabato pomeriggio, nel carcere di Torino delle Vallette, il politico Rosso ha deciso di non parlare durante l’interrogatorio di garanzia. Insieme a lui, a non rispondere ai magistrati, è stato anche l’imprenditore Mario Burlò, arrestato con l’accusa di concorso esterno in associazione mafiosa.
Fonte: Antimafiaduemila
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