Nei porti olandesi, in particolare in quello di Rotterdam, il più grande d’Europa, vengono sequestrate annualmente ingenti quantità di cocaina occultate nei container provenienti dai paesi del Sud America.
L’ultima “Relazione europea sulla droga 2020” curata dall’EMCCDA e pubblicata a settembre scorso, da conto di oltre 40 tonnellate intercettate nei Paesi Bassi nel 2018 (sono i dati più recenti ma anche nel 2019 il quantitativo si aggira sulle oltre 40 ton secondo notizia ufficiose), il terzo quantitativo più consistente dopo le 53 ton del Belgio e le oltre 48 ton della Spagna, alle quali si aggiungono le 7 ton di resina di cannabis e le 516.418 piante di marijuana (il valore più alto in ambito UE dopo la Spagna con 981.148 piante).
L’Olanda, come sottolinea anche la DIA (relazione 2017) “rappresenta, in ambito narcotraffico internazionale, lo snodo principale per la canalizzazione dei flussi di stupefacenti verso i mercati di vari paesi tra i quali, ovviamente, l’Italia”. E, naturalmente, non poteva mancare in territorio olandese la presenza di esponenti della ‘ndrangheta per gestire non soltanto le classiche attività connesse al narcotraffico e al reimpiego di capitali illeciti ma anche “a presidio di un territorio sovente utilizzato per garantire la latitanza di soggetti colpiti da provvedimenti restrittivi” tra cui, ricordiamo, tra gli arrestati degli ultimi tempi, Giuseppe Nirta coinvolto nelle strage di Duisburg e due latitanti affiliati alla ‘ndrina Commisso di Siderno e al clan Mammoliti di San Luca.
Vengono anche segnalati diversi gruppi della camorra riconducibili ai clan La Torre, Polverino, Gionta, Gallo, Sarno, Di Lauro, tutti impegnati nel narcotraffico ma anche nella contraffazione e nel gioco d’azzardo.
Mafie italiane che devono aver contaminato anche le organizzazioni criminali olandesi che presentano alcune caratteristiche tipiche di “casa nostra” come i rapporti personali gerarchizzati che hanno carattere permanente e segreto, le sanzioni per i comportamenti scorretti che sono violente e spietate, la spregiudicatezza che caratterizza la gestione delle varie attività, il ricorso alla corruzione tra i politici, funzionari pubblici, amministratori, l’utilizzo di consulenti esperti in materia finanziaria, fiscale, giuridica.
Già quasi trent’anni fa, nel 1991, la Commissione Centrale di polizia per le Investigazioni commissionava un inventario dei gruppi della criminalità organizzata in Olanda da cui risultarono alcuni dati interessanti: la metà erano composti di olandesi, un 6% di soli turchi e un altro 6% di originari delle Antille Olandesi e del Suriname e, già allora, si rilevò come si stessero rafforzando le organizzazioni criminali italiane.
Su tutte la mafia calabrese come è emerso in molte attività investigative svolte dalla Polizia di Stato con gli omologhi organismi olandesi e tedeschi nella operazione “European ‘ndrangheta connection” del 2018 che ha colpito le cosche Pelle-Vottari, Romeo e Giorgi di San Luca dedite al traffico internazionale di stupefacenti e al reinvestimento dei capitali sia in Olanda che in Germania in alcuni ristoranti.
Presenze anche delle cosche Commisso di Siderno (con interessi criminali anche in Canada) e Acquino-Coluccio di Marina di Gioiosa Jonica sempre nel traffico di cocaina come rilevato nelle operazioni “Kruppy” e “Acero Connection”.
Non poteva mancare Cosa Nostra come emerso nell’operazione conclusa a Messina nell’estate del 2019 con l’arresto di undici persone che dall’Olanda, dalla Germania e da Malta, trafficavano in cocaina destinata ad una persona vicina alla cosca Laudani di Catania.
L’Olanda appare il paese del benessere anche per le mafie italiane.
Tratto da: Antimafiaduemila
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