“Non siamo cavie”. La sperimentazione del vaccino contro il coronavirus in Sudafrica non è stata accolta bene dagli abitanti del paese. “Siamo tornati agli anni ’80 e all’epidemia di Aids” protesta uno dei manifestanti, che si sono raccolti di fronte all’università del Witwatersrand a Johannesburg. Qui da una settimana sono in corso le iniezioni di prova con il vaccino di Oxford. E anche le manifestazioni di rabbia dei cittadini. Uno dei progetti più avanzati per “fermare il coronavirus” (per il quale anche l’Italia ha stipulato un’opzione d’acquisto con la casa farmaceutica AstraZeneca) si è trovato in Gran Bretagna a corto di contagi. Per dimostrare l’efficacia del suo prodotto, Oxford ha dovuto avviare delle nuove sperimentazioni in Brasile e Sudafrica.
Ma in Africa le ferite dell’Aids hanno lasciato tracce profonde. Per i tanti trial condotti alla ricerca di un vaccino che non è mai arrivato e che spesso ha coinvolto le categorie più povere ed esposte, come le prostitute, sono rimaste disillusione e sfiducia. “Perché lo provate sui disgraziati e non sui figli dei parlamentari?” urla oggi uno dei manifestanti. “Hanno scelto solo volontari poveri, che non possono capire e si fanno manipolare”.
“La fiducia nei vaccini è al minimo in Africa in questo momento” ammette Seth Berkley, direttore di Gavi, l’alleanza non profit per portare le immunizzazioni nei paesi poveri. Un’improvvida dichiarazione di un medico francese, il primo aprile, aveva gettato benzina sul fuoco. “Se posso essere provocatorio, non dovremmo fare questo studio in Africa, dove non ci sono mascherine, né cure e rianimazioni, un po’ come si fa in alcuni studi sull’Aids tra le prostitute perché sappiamo che sono molto esposte e non si proteggono” aveva detto Jaean-Paul Mira, primario della rianimazione dell’ospedale parigino Cochin in una trasmissione tv. “Pensavo la stessa cosa” gli ha fatto eco un suo collega e interlocutore in studio.
Il direttore dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, Tedros Adhanom Ghebreyesus, aveva bollato quelle frasi come “razziste” e “residuo della sbornia coloniale”. Mira si è affrettato a scusarsi, ma la sua dichiarazione nel frattempo è diventata una bandiera per chi si oppone alle sperimentazioni.
Non tutte le sperimentazioni in Africa sono state condotte in modo specchiato, in passato. Nel ’96 alcuni bambini morirono di meningite dopo aver provato un antibiotico sperimentale. Quindici anni più tardi, al termine del cosiddetto “contenzioso di Kano”, la casa produttrice, Pfizer, fu costretta a risarcire diverse famiglie. Alla vicenda si ispirò John le Carré per il suo romanzo “Il giardiniere tenace”.
Fonte: La Repubblica
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