Di Paolo Maddalena
Dalla stampa odierna emerge con evidente chiarezza che nel background dei politici esistono due punti fermi sui quali nessuno deve discutere come se si trattasse di un atto di fede.
Da un lato si sostiene l’ideologia neoliberista, il cui mainstream è dare ricchezza ai ricchi e miseria ai poveri; d’altro canto appare intoccabile la libertà di ciascun politico di ricorrere a un tipo di propaganda assolutamente menzognera, com’è tipico delle società della menzogna (vedi Vladimiro Giacché), che fondano il loro potere sulla finanza e cioè sulla moneta fittizia.
Ricordo in proposito le dichiarazioni di Salvini, il quale prevede di diventare subito Ministro dell’Interno, per impedire l’accesso in Italia dei migranti, respingendoli in mare, e addirittura arriva ad affermare che il reddito di cittadinanza (che ha salvato un milione di persone dalla povertà assoluta) deve essere tolto agli indigenti e dato alle imprese per favorire il loro sviluppo.
Altro esempio è quello della Meloni, la quale ha ritenuto di confermare platealmente la sua fede europeista, e cioè il suo convincimento sulla intoccabilità del sistema economico predatorio neoliberista attualmente seguito, nonostante la sua palese contrarietà ai principi fondamentali della nostra Costituzione repubblicana e democratica.
Sfugge a tutti che il centro del problema è costituito proprio dalla necessità di sostituire detto sistema economico predatorio neoliberista con il sistema economico produttivo di stampo keynesiano, che salva i posti di lavoro e le fonti di produzione di ricchezza nazionale, che per altro è l’unico sistema accolto in Costituzione.
Ma, come accennavo, questo punto centrale che riguarda l’esistenza stessa dell’economia italiana e quindi della Repubblica, costituita da una Comunità nazionale che si articola in numerose Comunità locali, tutte vero bersaglio della politica in atto.
Su questo piano emerge la vergognosa approvazione del Ddl concorrenza, voluta da Draghi, il più fiero sostenitore dell’Europa neoliberista, secondo il quale tutti i servizi pubblici essenziali, compresa l’acqua, devono essere privatizzati, cioè messi a gara sul mercato generale, in modo da togliere agli italiani posti di lavoro e fonti di produzione di ricchezza, per donarli agli stranieri partecipanti alle varie gare.
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Un vero obbrobrio che suona come un tradimento agli interessi generali della nostra patria. Il caso particolare riguarda il servizio balneare, per il quale il Senato ha approvato la sua messa a gara europea, rinviando la determinazione degli effetti di questa ignobile decisione a un decreto attuativo, che dovrà essere emesso entro 6 mesi.
Per quanto riguarda il servizio taxi, il cui regime è stato condensato nell’articolo 10 del Ddl Concorrenza, si registra, positivamente, che il provvedimento è stato stralciato dalla Camera e dal Senato dal testo del Ddl concorrenza. Solo il prossimo futuro ci dirà quale sorte ha avuto questo servizio pubblico essenziale.
Quello che sfugge ai nostri politici è che nel passaggio dall’ordine costituzionale sancito dallo Statuto Albertino, soggetto singolo, denominato Stato persona o Stato amministrazione, si è passati allo Stato comunità, soggetto plurimo, la Repubblica, e cioè il Popolo, producendo effetti notevoli sulla natura dell’appartenenza allo Stato dei beni e delle utilità costituenti il demanio pubblico.
Nel primo caso tutto era informato ai principi della proprietà privata, per cui il bene pubblico era tale per l’appartenenza a un Ente pubblico, che poteva demanializzarlo o sdemanializzarlo, nel secondo caso invece l’appartenenza del bene pubblico ha la natura della proprietà collettiva demaniale, per cui è impossibile che un bene di tutti sia dato a un singolo.
E questo ai sensi degli articoli costituzionali: 1 (che istituisce lo Stato comunità); 42, primo comma (che sancisce la proprietà pubblica); e 43, ultimo comma (secondo il quale devono appartenere a enti pubblici o a comunità di lavoratori o utenti i servizi pubblici essenziali, le fonti di energia, le situazioni di monopolio, che abbiano carattere di preminente interesse generale ):
Come si ricava da queste norme i servizi pubblici essenziali necessari per la costituzione e il funzionamento della Comunità nazionale e delle Comunità locali non possono essere gestiti da privati, i quali perseguono interessi individuali e non il preminente interesse pubblico sancito in Costituzione, ma soltanto, si ripete, da Enti pubblici o da comunità di lavoratori o di utenti.
Tratto da: attuarelacostituzione.it
Fonte foto: Micromega.net
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