‘Ndrangheta in Lombardia. La Cassazione: ”Provato ‘asservimento’ Zambetti”

‘Ndrangheta in Lombardia. La Cassazione: ”Provato ‘asservimento’ Zambetti”

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Depositate le motivazioni della sentenza della Suprema Corte

L’ex assessore regionale lombardo Domenico Zambetti è stato condannato in via definitiva a sette anni e mezzo per voto di scambio e concorso esterno in associazione mafiosa. Avrebbe infatti promesso agli uomini delle ‘ndrine lavori e appalti pubblici dietro pagamento di circa 200mila euro per procacciarsi 4mila preferenze su un totale di 11mila voti presi alle elezioni amministrative del 2010.
La Suprema Corte ha così confermato la sentenza della Corte di Appello di Milano con pronuncia del 23 maggio 2018 e rigettato poi le obiezioni della difesa di Zambetti riguardo al risarcimento pecuniario alla Regione Lombardia, 500mila euro, tutti a suo carico.
Infatti i supremi giudici hanno rilevato che con il suo arresto, avvenuto a marzo, l’ex assessore ed esponente del pdl aveva provocato un grave danno all’istituzione locale facendo cadere la giunta guidata da Roberto Formigoni.
Per quanto riguarda Ambrogio Crispi – fratello di Luigi ex sondaggista di Silvio Berlusconi – i giudici ermellini hanno rilevato che il “compendio probatorio” converge “univocamente” a suo carico nel ritenerlo collegato “funzionalmente”, insieme a Zambetti, “al cartello ‘Ndranghetistico”.

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Secondo la Cassazione si può configurare il concorso esterno anche nel caso di una “attività di marketing e di consulenza elettorale, funzionale al potenziamento delle capacità di acquisizione dei consensi dell’esponente politico, a condizione che il supporto elettorale fornito – analogamente a quanto riscontrabile per Crespi – non sia limitato alla condotta considerata” ma sia “funzionale alla conservazione o al rafforzamento della consorteria”.
Zambetti e Crespi sono entrati in carcere l’11 marzo scorso, due giorni dopo il verdetto della Suprema Corte.
I due erano già stati arrestati nell’ottobre del 2012 insieme ad altri indagati tra cui Ciro Simonte e Eugenio Costantino anche loro condannati in via definitiva rispettivamente a 8 anni e a 4 anni e 4 mesi.
Per Costantino, ritenuto il referente della cosca Di Grillo-Mancuso, la pena si è sommata in continuazione a una precedente condanna di 11 anni ed è salita quindi a 15 anni e 5 mesi.

Tratto da: Antimafiaduemila

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