Di Alessia Candito
Nel rapporto semestrale della Dia l’immagine di un’organizzazione dalle mille facce
“Una ‘Ndrangheta silente e più che mai pervicace nella sua vocazione affaristico imprenditoriale, nonché saldamente leader nei grandi traffici di droga”. Per l’ennesima volta, la Dia – oggi guidata dall’ex questore di Reggio Calabria, Maurizio Vallone – è costretta a rinnovare l’allarme sui clan calabresi.
Certo operazioni e processi anche nell’ultimo anno non si sono fermati, sono aumentati anche i collaboratori e il muro di omertà di alcune famiglie inizia a mostrare delle crepe. Ma lo strapotere della ‘Ndrangheta – emerge in modo chiaro – non è venuto meno anche perché quell’organizzazione che ha saputo declinarsi in mille facce – da quella militare e feroce a quella in grado di gestire i grandi traffici, da quella tanto avida da accaparrarsi anche i buoni spesa Covid a quella capace di tessere relazioni politico-istituzionali a tutti i livelli – ma è rimasta una, unica. E per questo forse la più pronta, efficace ed efficiente nell’approfittare del periodo pandemico e delle sue ricadute sul breve, medio e lungo periodo.
Al market della pandemia
Interlocutore di prossimità ritenuto affidabile da aziende grandi e piccole come dai piccoli commerci messi in difficoltà dalla pandemia, dunque facile preda di clan in grado di appropriarsi di settori produttivi sempre più importanti, la ‘Ndrangheta – avverte la Dia – è l’organizzazione che vanta la liquidità, la forza, le società e i rapporti per approfittare degli appalti della ricostruzione.
In più, c’è la sanità su cui le cosche calabresi hanno sempre messo le mani e anche di recente – hanno dimostrato inchieste come Chirone, Farmabusiness o Inter nos – si è dimostrata terreno privilegiato di caccia in termini di forniture, appalti, ma anche carriere e crediti da monetizzare sui mercati finanziari.
La capacità di infiltrazione nella cosa pubblica
“Non v’è alcun dubbio che il primo ostacolo allo sviluppo sociale, economico, politico e culturale in questa provincia è rappresentato dalla pervasività della ‘Ndrangheta” dice, citato nella relazione, Giovanni Bombardieri, procuratore capo di quella Reggio Calabria che dei clan calabresi è capitale. Famiglie si confermano infezione, in grado di contaminare tutti gli ambiti di una comunità, da quelli religiosi a quelli politici.
“La ‘Ndrangheta esprime, infatti, un sempre più elevato livello di infiltrazione nel mondo politico-istituzionale, ricavandone indebiti vantaggi nella concessione di appalti e commesse pubbliche – si legge nella relazione – Grazie alla diffusa corruttela vengono condizionate le dinamiche relazionali con gli Enti locali sino a controllarne le scelte, pertanto inquinando la gestione della cosa pubblica e talvolta alterando le competizioni elettorali”. Lo dicono le inchieste e i processi, ma anche il numero sempre in crescita di enti locali sciolti per infiltrazione mafiosa.
Il procuratore capo di quella Reggio Calabria, Giovanni Bombardieri
Metastasi di ‘Ndrangheta in Italia e nel mondo
E quello dei clan calabresi è modello che si replica. Non solo in Italia, dove nel corso dell’ultimo anno si è scoperto che le famiglie di ‘Ndrangheta hanno messo radici persino in territori “non tradizionali” come il Trentino-Alto Adige, dove i Serraino avevano creato un vero e proprio locale, che si aggiunge ai 45 già censiti in tutta Italia. Ma anche all’estero, dove più o meno storici casati hanno radici, da tempo hanno creato locali, infettano il tessuto economico. E stanno ben attenti a non farsi notare, magari appaltando a gruppi criminali esterni la violenza o lo spaccio, ma senza mai mollare le redini.
E il potere dei clan cresce e si evolve, anche in territori storici di insediamento come l’Australia, fin dalla metà dell’800 meta di migrazioni calabresi e da oltre un secolo terra di conquista per la ‘Ndrangheta. “Sul piano generale – scrive la Dia – la presenza della criminalità organizzata di origine italiana in Australia risulterebbe piuttosto articolata”. Non tutta è di matrice ‘ndranghetista, ma di certo lo è una fetta importante, definita dagli investigatori “vera e propria ‘ndrangheta australiana”, con “legami diretti con quella calabrese, della quale avrebbe mutuato il modello organizzativo, i rituali e le regole interne, adattandoli al contesto australiano. Tali legami sarebbero funzionali all’esecuzione coordinata delle attività criminali a livello internazionale, tra cui, innanzitutto, il traffico di stupefacenti e il riciclaggio dei relativi proventi”. Non si tratta di un piccolo nucleo, ma di un’organizzazione ramificata, strutturata e con radici nelle zone del New South Wales, Canberra, Griffith, Melbourne ed Adelaide, con collegamenti transnazionali non solo con l’Europa, ma anche con la Cina ed il Sud America, funzionali all’approvvigionamento di droghe sintetiche, precursori e cocaina. “I più importanti porti australiani – avverte la Dia – rappresenterebbero il principale canale di ingresso degli stupefacenti. Che abbiano rapporti con la pubblica amministrazione si sospetta, ma ad oggi sono riusciti a nascondere legami e reti.
Normative groviera, passpartout per il riciclaggio
“Le cosche hanno da tempo dimostrato di essere straordinariamente abili ad adattarsi ai diversi contesti territoriali e sociali prediligendo, specialmente al di fuori dai confini nazionali, strategie di basso profilo e tenendosi, al contempo, al passo con il progresso e la globalizzazione” scrivono dalla Dia. È così che all’estero in silenzio la ‘Ndrangheta dilaga, in particolar modo in quei Paesi che con l’Italia non hanno alcun accordo di collaborazione o estradizione, o magari hanno una normativa più attenta alla privacy che alla trasparenza.
“L’attuale disomogeneità legislativa tra i vari Paesi, anche Europei, favorisce, infatti, l’infiltrazione nel mondo dell’economia e della finanza da parte delle mafie che già sono notevolmente favorite dalla globalizzazione dei mercati, dalla liberalizzazione dei movimenti di capitali, dalle potenzialità offerte dalle reti telematiche, nonché dallo sviluppo dell’intermediazione finanziaria peraltro attraverso circuiti alternativi”. E non bisogna andare troppo lontano per trovare esempi in tal senso. “La capacità della criminalità organizzata di tipo mafioso di penetrare nel mercato inglese, ad oggi considerato uno dei più importanti del pianeta – scrive la Dia – ha permesso a tali organizzazioni di investire massicciamente nell’attività di riciclaggio, sfruttando le vulnerabilità del diritto societario”.
Una strategia non di singoli, ma collettiva, o meglio sistemica. Non a caso, si sottolinea “la ‘Ndrangheta, organizzata in maniera assolutamente familistica riesce a coordinare le proprie attività in tutto il mondo – si sottolinea – avvalendosi di qualificati professionisti, capaci di ‘ripulire’ i capitali illeciti”. Perché la ‘Ndrangheta, pur nei suoi mille clan, è una. E come tale si muove.
Foto interne © Imagoeconomica
Rielaborazione by Paolo Bassani
Tratto da: Antimafiaduemila
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