Protesta dei commercianti nella notte a Santa Lucia, a Napoli, per manifestare contro il coprifuoco che è scattato in Campania a partire dalle ore 23 e fino alle 5 del mattino, disposto dal governatore Vincenzo De Luca. Centinaia di persone, soprattutto negozianti, commercianti e lavoratori autonomi con partita Iva di Napoli e dei comuni della provincia come Frattamaggiore, si sono radunate a partire dalle ore 23 di ieri sera e fino a notte fonda, nello spiazzo antistante la sede della giunta regionale della Campania di Palazzo Santa Lucia, con striscioni e cartelli di protesta “No coprifuoco”. In piazza anche molti giovani.
I manifestanti sul Lungomare gridano “libertà”
Il corteo si è poi spostato anche sulle strade del Lungomare, da via Partenope e via Nazario Sauro, scortato dalle forze dell’ordine. Dalla folla sono partiti cori e slogan contro il governatore De Luca e contro il coprifuoco in Campania, al grido di “Libertà, Libertà”. “I politici non sanno nulla – urla un manifestante in un megafono – scendiamo in piazza a protestare. Ci stanno uccidendo, fate la vostra parte”. “Ci avete imprigionati – grida un altro uomo – abbiamo i figli a casa”.
In piazza anche i lavoratori autonomi
Cosa chiedono i manifestanti? “Cassa integrazione immediata – spiega l’avvocato Angelo Pisani di “Noi consumatori”, che assiste diversi imprenditori – blocco dei fitti in caso di chiusura, riduzione del 50% dei fitti fino a fine pandemia, sospensione di tasse, contributi e iva, sospensione del pagamenti delle utenze. Queste le richieste principali dei mille imprenditori partenopei, titolari di bar, ristoranti, gelaterie, pub, negozi che, attraverso l’associazione “Noi Consumatori”, rappresenteranno negli inviti in mediazione al governo e alle Regioni, prima di notificare gli atti di citazione in tribunale per chiedere indennizzo economico in base all’articolo 2045. Le partite Iva di Napoli , ieri sera, hanno manifestato pacificamente, ben consapevoli del difficile momento sanitario ma anche economico.
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Desiderosi di aiutare il sistema sanitario, poiché sembrano essere gli unici responsabili del contagio, hanno dato la propria disponibilità a chiudere per 30 giorni. Tuttavia hanno chiesto tutela per i propri dipendenti, già provati economicamente dalla precedente cassa integrazione, e per loro stessi. L’obiettivo è salvare il sistema sanitario ma avere la possibilità di riaprire, anche dopo trenta giorni di chiusura totale. E chiedono: cassa integrazione con erogazione immediata e non soggetta a tassazione per il dipendente, differimento imposizione fiscale (nazionale e locale), credito di imposta locazioni con cessione al locatore pari ad almeno il 60%, azzeramento costi fissi utenze reale (e non come avvenuto in precedenza), ristoro per i datori di lavoro. Gli imprenditori possono fare la loro parte e si augurano che anche la politica possa fare altrettanto, in nome del bene comune. Se si dovessero verificare queste condizioni – concludono – chiediamo una programmazione della chiusura di tutti gli esercizi. In caso contrario, si continua a rimanere aperti”.
Fonte: Fanpage
Fonte foto: post facebook di Ciro Crescentini
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