Da indiscrezioni di stampa emerge la possibilità che il Consiglio dei ministri respinga la norma sull’abbandono delle trivellazioni. Le maggiori associazioni ambientaliste del nostro paese hanno lanciato allora un appello al Governo affinché rimanga coerente con gli impegni assunti in l’Europa.
L’iniziale bozza del decreto Milleproroghe stabiliva che, dal 1° gennaio 2020, su tutto il territorio italiano, non sarebbero più stati rilasciati nuovi “permessi di prospezione o di ricerca ovvero di nuove concessioni di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi“. Eravamo dunque vicini al tanto atteso stop alle trivelle ma ora sembra che questo traguardo sia nuovamente lontano.
Lo dicono indiscrezioni stampa che avrebbero trovato conferma in ambienti di governo. Queste sostengono che il blocco delle trivelle sia saltato per estraneità di materia e l’articolo che lo prevedeva all’interno della bozza sarebbe stato eliminato dal testo definitivo del decreto.
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Un fallimento, dato che come osservano Greenpeace, Legambiente e WWF:
“La norma sul progressivo abbandono delle trivellazioni di gas e petrolio in Italia, a cominciare da quelle nei nostri mari, proposta dal Ministero dello Sviluppo Economico, va nella giusta direzione della decarbonizzazione della nostra economia richiesta dall’Europa con l’European Green Deal e soprattutto con lo strumento Next Generation EU che assegna all’Italia nel suo complesso 209 miliardi di euro (il 37% da destinare ad azioni per il clima) e respingerla in Consiglio de Ministri vorrebbe dire contraddire le scelte green del Governo concordate con l’Europa”
È fin dall’ottobre 2019 che le tre associazioni chiedono di varare una moratoria nazionale e il progressivo abbandono delle estrazioni di gas e petrolio sulla scia della Francia che ha preso questa decisione già dal 2017.
I vantaggi non sarebbero solo ambientali ma anche economici dato che si andrebbe a creare una filiera per lo smantellamento, la bonifica, il recupero e il riuso dei materiali delle piattaforme e dei pozzi a terra e a mare.
“Nei nostri mari ci sono numerosi relitti di piattaforme non produttive (le associazioni con il MiSE ne avevano individuate nel 2018 almeno 34 solo nell’Adriatico, da smantellare) e di servitù petrolifere che mettono a rischio l’ambiente e i settori economici che vivono delle risorse naturali, colpiti duramente da questa pandemia” scrivono le associazioni nel loro comunicato.
Greenpeace, Legambiente e WWF ricordano che il settore dell’estrazione di gas e petrolio in Italia sopravvive solo grazie ai numerosi incentivi, sovvenzioni e esenzioni che lo tengono in vita. Un sussidio statale dannoso per l’ambiente, insomma, che ci auguriamo finisca al più presto.
Rimaniamo in attesa di sapere notizie certe sul destino delle trivelle nel nostro paese.
Fonte: Greenpeace, Legambiente e WWF / Ansa / Il Sole 24 ore
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