Di Paolo Desogus
La parola d’ordine è ora “stabilità”. Secondo i giornali Mattarella garantirebbe la “stabilità” delle istituzioni. Dopo la sua elezione il governo sarebbe più “stabile”. Anche Draghi è “stabilmente” contento. Mentre la sinistra è “stabilmente” inesistente. “Stabili” sono poi i mercati, così come “stabili” sarebbero i rapporti internazionali con l’UE e con gli USA, che però non si sa dove ci vogliono trascinare con l’affare ucraino…
A me pare che di stabile ci sia solo il declino del paese, stabilmente in mano a un’oligarchia che non sa a che santo votarsi pur di controllare le istituzioni democratiche. Vediamo che razza di legge elettorale verrà varata nei prossimi mesi.
Ad ogni modo avremmo bisogno di instabilità, di discontinuità, insomma di cambiamento. La frattura tra paese reale e istituzioni è sempre più ampia e non è da escludere che l’urgenza di una trasformazione non sorga dal basso, in forme poco piacevoli, poco educate e persino irrazionali se la politica continuerà a starsene in altre faccende affaccendata. A un certo punto bisognerà però anche sottrarsi dal riflesso condizionato che porta a bollare come fascismo, sovranismo o altro qualsiasi domanda di trasformazione o anche solo di insofferenza verso la “stabilità” di comanda.
Tratto da: L’Antidiplomatico
Guerini: “Se la NATO lo chiederà, l’Italia è pronta a fare la sua parte in Ucraina”
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