di Fabrizio Verde e Francesco Guadagni
“Non smetteremo mai di piangere” scrisse il regista Paolo Sorrentino pochi giorni dopo la scomparsa di Diego Armando Maradona.
Una profezia che mai fu più vera. È passato un anno da quel maledetto 25 novembre del 2020, funesto in ogni senso, Diego non era più con noi fisicamente.
Si dirà ma si può piangere per la morte di un calciatore anche se il migliore di tutti i tempi?
Sì, lo si evinceva giù dalle prime ore della sua scomparsa, manca Diego uomo, perché non era solo un calciatore è stato un simbolo.
Il riscatto dei Sud del mondo da Napoli all’Argentina Diego ha incarnato la rivalsa di popoli come quello argentino e napoletano che tanto hanno sofferto. Proprio a Napoli ha compiuto il suo più grande capolavoro, tanto sportivo quanto politico. Riuscì a mettere alla berlina, in campo e fuori, i potenti capitalisti del nord Italia. Difese Napoli e i napoletani dall’eterno razzismo a cui sono sottoposti. Non temeva di confrontarsi con i potenti e farseli nemici. E per questo non ha esitato a schierarsi dalla parte dei popoli della sua America Latina. Lo ricordiamo a Mar del Plata, nella sua amata Argentina, al fianco del Comandante Hugo Chavez, per contestare George W. Bush e i progetti imperialisti statunitensi.
Per l’occasione Diego indossava una maglietta con un segnale «Stop Bush!», dove la ‘s’ nel nome presidenziale era stata sostituita da una svastica. Lo ricordiamo a Cuba al fianco di Fidel Castro che considerava come un padre adottivo.
Lo ricordiamo con Maduro impegnato per fare giungere in un Venezuela sottoposto al criminale blocco statunitense alimenti e beni di prima necessità.
Il carattere combattivo e rivoluzionario lo ha sempre contraddistinto. E’ un qualcosa che proviene dalle sue radici. Il primo antenato di Diego ad abitare in terra argentina fu Francisco Fernández de Maradona, nato a San Pedro de Arante, cittadina della Galizia, che nel 1748 lasciò la Spagna per la provincia di San Juan, in Argentina. Questo ha forgiato un’enorme eredità, dal momento che ha avuto nove figli con Francisca Ángela Arias de Molina, pronipote di Pedro Arias de Molina.
La nonna di Diego Armando Maradona era della provincia di Santiago del Estero, e con Don Diego, il padre di Maradona, quando erano molto giovani decisero di prendere Corrientes come loro destinazione. Secondo José Ignacio Maradona, è molto probabile che la nonna della star argentina sia una delle figlie di Santiago Maradona, discendente diretto di Francisco Fernández de Maradona.
Il fatto curioso e importante è come il cognome Maradona si spoglia del “Fernández”. Il primo a farlo fu Thimoteo Maradona, dopo che la Rivoluzione di maggio decise di tagliare i legami con gli ispanici. Questi era governatore della provincia di San Juan.
Sua madre, Doña Tota, invece, ha origini croate, poiché sua madre, Salvadora Cariolichi, era figlia di Mateo Kariolic, di Bakar. Da parte di padre, sangue argentino puramente rivoluzionario e, da parte di madre, invece sangue croato.
L’essere un rivoluzionario lo aveva scritto nel DNA evidentemente.
In un mondo come quello di oggi dove il potere economico, politico e mediatico sembrano schiacciare ogni possibilità di riscatto, nella mancanza di figure ed entità politiche che lascino intravedere possibilità di un cambiamento, la figura di Diego sembra diventata una dei pochi punti da dove poter ricominciare.
Il suo percorso di vita, le sue cadute come le sue rinascite, la sua coerenza, il suo schierarsi contro i potenti di turno, calcistici e politici oggi sono la speranza che diventa possibilità di riscatto e soprattutto di lotta.
Anche oggi che oggi non c’è più Diego deve affrontare il fango tra chi lo accusa dopo anni di essere stata stuprata, o addirittura di chi avrebbe portato sulla cattiva strada. Glielo avrebbero potuto dire quando era in vita, Diego ha ammesso le sue colpe, pagando di persona.
Anche da morto deve lottare contro il fango, dove lo si vedeva esprimere la sua arte nello stadio comunale di Acerra o al Centro sportivo di Soccavo.
Diego sarà più forte del fango, su di lui si accesa una luce, il miracolo che ha compiuto è quello di aver conciliato diverse generazioni, fra chi lo ha amato da calciatore a chi nato successivamente ma, soprattutto, coloro che non sono appassionati di calcio ma hanno potuto apprezzare quello che potremmo definire il Diego politico, rivoluzionario, antimperialista.
Diego, «grazie per aver segnato contro i potenti»*.
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*Il 13 aprile del 2015 morì lo scrittore uruguayano Eduardo Galeano. Maradona dedicò queste parole al grande intellettuale: «Grazie per aver lottato a centrocampo come un mediano e per aver segnato contro i potenti come un attaccante con il numero 10. Grazie anche per avermi compreso. Grazie, Eduardo Galeano: in squadra ne servono tanti come te. Mi mancherai»
Tratto da: L’Antidiplomatico
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