Oggi, 18 luglio, Nelson Mandela simbolo della lotta contro l’Apartheid in Sudafrica, avrebbe compiuto 103 anni.
Quest’anno, l’anniversario ricorre in concomitanza con gli eventi a Cuba dell’ultima settimana.
Per questa ragione, riproponiamo lo storico discorso che Mandela tenne a Cuba il 26 luglio del 1991, che il portale ‘Le Gran Soir’ ha conservato a futura memoria.
Dopo la sua scarcerazione, avvenuta nel 1990, Nelson Mandela si recò a Cuba per ringraziare di persona l’amico e alleato Fidel Castro, che diede un contributo importante alla lotta contro il regime dell’apartheid inviando soldati cubani in Angola. Questo viene ritenuto un punto centrale nella caduta del regime sudafricano.
Mandela, quindi, non scelse di atterrare, non nella “più grande democrazia del mondo (USA), non nella ” patria dei diritti umani” (Francia), non nella “unica democrazia del Medio Oriente” (Israele, complice fino alla fine dell’apartheid), ma a Cuba. Le parole di Mandela, a distanza di 30 anni, sono attuali più che mai nel ricordare cosa rappresenta Cuba nella lotta di liberazione dei popoli contro il colonialismo.
Primo Segretario del Partito comunista, presidente del Consiglio di Stato e del governo di Cuba, Presidente della Repubblica socialista di Cuba, comandante in capo, compagno Fidel Castro;
Internazionalisti cubani che tanto avete fatto per liberare il nostro continente;
Popolo cubano, compagni e amici:
E’ un grande piacere e un onore essere oggi qui, soprattutto in un giorno così importante nella storia rivoluzionaria del popolo cubano. Oggi Cuba commemora il trentottesio anniversario della presa della Moncada. Senza Moncada, la spedizione del Granma, la lotta nella Sierra Mestra, la straordinaria vittoria del 1° gennaio 1959 non vi sarebbero state.
Ecco oggi la Cuba rivoluzionaria, la Cuba internazionalista, il paese che tanto ha fatto per i popoli africani.
Noi abbiamo a lungo sognato di visitare il vostro paese e di esprimere tutti i sentimenti che sentiamo per la rivoluzione cubana, per il ruolo di Cuba in Africa, in Africa australe e nel mondo.
Il popolo cubano occupa un posto particolare nel cuore dei popoli africani. Gli internazionalisti cubani hanno fornito un contributo all’indipendenza , alla libertà e alla giustizia in Africa senza precedenti, grazie ai loro principi e al loro carattere disinteressato.
Fin dagli esordi la Rivoluzione cubana è stata di per sé una fonte di ispirazione per tutti i popoli che aspirano alla libertà. Noi ammiriamo i sacrifici fatti dal popolo cubano per difendere la sua indipendenza e sovranità di fronte a una campagna imperialista feroce orchestrata per distruggere le impressionanti conquiste della Rivoluzione cubana.
Anche noi allo stesso modo vogliamo essere arbitri del nostro destino. Noi siamo convinti che il popolo dell’Africa del Sud costruirà il suo avvenire e continuerà ad esercitare i suoi pieni diritti democratici dopo la liberazione dall’apartheid. Noi non vogliamo che la partecipazione popolare si affievolisca con la sparizione dell’apartheid. Noi vogliamo che la liberazione apri la strada a una democrazia sempre più profonde.
Noi ammiriamo le conquiste della rivoluzione cubana nel settore della protezione sociale. Apprezziamo la trasformazione di un paese da uno stato di arretratezza imposta alla alfabetizzazione universale. Riconosciamo i vostri progressi nei settori della salute, dell’educazione e della scienza.
Sono molte le cose che apprendiamo dalla vostra esperienza. Siamo in particolare commossi dall’affermazione che avete sempre fatto dei vostri legami stroici col continente e i popoli africani.
Il vostro costante impegno per lo sradicamento sistematico del razzismo è incomparabile.
Ma la lezione più importante che avete da offrirci è che, poco importa quali siano le sfide, poco importa quali siano le difficoltà che si incontrano nella lotta, non bisogna mai mollare. La scelta è tra libertà o morte!
Io so che il vostro paese vive molte difficoltà oggi, ma siamo certi che il popolo resistente di Cuba le supererà perché ha aiutato altri paesi a superare le loro.
Sappiamo anche lo spirito rivoluzionario di oggi è nato molto tempo fa e che è stato alimentato da molti combattenti della prima ora per la libertà cubana, e anche per la libertà di tutti quelli che soffrono sotto la dominazione imperialista.
Anche noi ci ispiriamo alla vita e all’esempio di José Martì, che non è solo un eroe cubano e latino-americano, ma viene onorato giustamente da tutti quelli che lottano per la libertà.
Onoriamo anche il grande Che Guevara, le cui imprese rivoluzionarie, anche sul nostro continente, erano troppo grandi perché potessero essere nascoste dai censori della prigione. La vita del Che costituisce una fonte di ispirazione per tutti gli esseri umani che hanno cara la libertà. Noi onoreremo per sempre la sua memoria.
Noi siamo venuti qui con grande umiltà. Siamo venuti con grande emozione. Siamo venuti con la consapevoleza di un grande debito verso il popolo cubano. Quale altro paese può vantarsi di altrettanto altruismo di quanto Cuba ha saputo dimostrare nei suoi rapporti con l’Africa?
Quanti paesi al mondo si avvalgono dei medici e degli educatori cubani? Quanti di essi si trovano in Africa?
Quale paese ha mai sollecitato un aiuto a Cuba e se lo è visto rifiutare?
Quanti paesi minacciati dall’imperialismo o in lotta per la liberazione nazionale hanno potuto contare sul sostegno di Cuba?
Io ero in prigione quando ho sentito per la prima volta parlare dell’aiuto massiccio che le forze internazionaliste cubane fornivano alla popolazione dell’Angola, un aiuto di tale ampiezza che era difficile credervi, quando gli Angolani hanno subito nel 1975 un attacco coordinato delle truppe dell’Africa del Sud, del FNLA finanziato dalla CIA, di mercenari, dell’UNITA e di truppe dello Zaire.
In Africa noi siamo abituati a essere vittime di paesi che vogliono smembrare il nostro territorio o indebolire la nostra sovranità. Non vi sono precedenti nella storia africana di un popolo che si leva solo per difendere uno di noi.
Sappiamo anche che si è trattato di una iniziativa popolare a Cuba. Siamo coscienti che coloro che hanno combattuto e sono morti in Angola erano solo una piccola parte di quelli che si erano offerti volontari. Per il popolo cubano, l’internazionalismo non è una parola vuota, ma qualcosa che abbiamo visto mettere in pratica in favore di ampi settori dell’umanità.
Sappiamo che le forze cubane erano pronte a ritirarsi subito dopo aver respinto l’invasione del 1975, ma la continua aggressione di Pretoria ha reso la cosa impossibile.
La vostra presenza e l’incremento delle vostre forze in occasione della battaglia di Cuito Cuanavale fu di una importanza veramente storica.
La disfatta dell’esercito razzista a Cuito Cuanavale fu una vittoria per tutta l’Africa!
La schiacciante sconfitta dell’esercito razzista a Cuito Cuanavale ha offerto all’Angola la possibilità di conquistare la pace e di consolidare la sua sovranità.
La sconfitta dell’esercito razzista ha permesso al popolo in lotta della Namibia di guadagnare la sua indipendenza!
La decisiva disfatta degli aggressori distrusse il mito della invincibilità degli oppressori bianchi!
La disfatta dell’esercito dell’apartheid costituì un incoraggiamento per tutti quelli che lottavano all’interno dell’Africa del Sud!
Senza la disfatta di Cuito Cuanavale le nostre organizzazioni non sarebbero mai state legalizzate!
La disfatta dell’esercito razzista a Cuito Cuanavale ha reso possibile la mia presenza oggi qui!
Cuito Cuanavale fu un punto fondamentale nella storia della lotta per la liberazione dell’Africa del Sud!
Cuito Cuanavale fu il punto di svolta nella lotta per liberare il continente e il nostro paese dal flagello dell’apartheid! L’apartheid non è qualcosa che è cominciata ieri. Le origini della dominazione razzista bianca risalgono a 350 anni fa, quando i primi coloni bianchi hanno avviato un processo di destabilizzazione e poi di conquista dei Khoi, San e di altri popoli africani – i primi abitanti del nostro paese.
Il processo di conquista ha, fin dall’inizio, provocato una serie di guerre di resistenza, dalle quali è scaturita la nostra lotta di liberazione nazionale. In un rapporto di forze estremamente sfavorevole, i popoli africani hanno tentato di restare sulle loro terre. Ma le condizioni materiali e la potenza di fuoco degli aggressori coloniali hanno condannato i feudi e i regni tribali, divisi, alla sconfitta.
Questa tradizione di resistenza ancora viva è una fonte di ispirazione per la nostra lotta attuale. Noi onoriamo ancora i nomi del grande profeta e guerriero Makana, morto mentre tentava di scappare dalla prigione di Robben Island nel 1819, Hintsa, Sekhukhune, Dingane, Moshoeshoe, Bambatha e altri eroi della prima resistenza alla conquista coloniale.
Fu proprio in questo contesto di confisca di terre e di conquista che l’unione dell’Africa del Sud venne creata nel 1910. Esteriormente l’ Africa del Sud era uno Stato indipendente, ma in realtà il potere era stato posto nelle mani dei conquistatori inglesi bianchi che si erano istallati nel paese. Nella nuova Unione dell’Africa del Sud, essi hanno potuto ufficializzare l’oppressione razziale e lo sfruttamento economico dei Neri.
Dopo la creazione dell’Unione, l’adozione della legge sulle terre, che intendeva legalizzare le confische delle terre del XIX secolo, ha dato impulso al processo che ha portato alla formazione del Congresso Nazionale Africano (African Nartional Congress – ANC), l’8 gennaio 1912.
Non intendo raccontarvi tutta la storia dell’ANC. Basti dire che gli ultimi ottanta anni hanno visto la crescita dell’ANC dagli inizi in cui si è tentato di unire i popoli africani, per diventare poi una forza di primo piano nella lotta delle masse oppresse per metter fine al razzismo e alla creazione di uno stato non sessista, non razziale e democratico.
La sua composizione si è trasformata dagli inizi, quando era un piccolo gruppo di professionisti e di capi, in una vera organizzazione di massa.
I suoi obiettivi sono mutati, dalla lotta per il miglioramento delle condizioni di vita degli Africani alla ricerca di una trasformazione fondamentale di tutta l’Africa del Sud in uno stato democratico per tutti.
Le strategie per realizzare tali obiettivi di più ampia portata hanno assunto nel corso degli anni sempre più un carattere di massa, ciò che riflette l’impegno crescente della masse in seno all’ANC e nelle campagne condotte dall’ANC.
Talvolta vengono ricordati gli obiettivi iniziali dell’ANC e la sua originaria composizione per fare intendere che si trattava di una organizzazione riformista. La verità è che la nascita dell’ANC ha avuto fin dai suoi esordi delle implicazioni profondamente rivoluzionarie.
La formazione dell’ANC è stata la prima tappa verso la formazione di una nuova nazione sud-africana. Questa concezione si è sviluppata nel corso del tempo, ed ha trovato una chiara espressione, trenta anni fa, nella dichiarazione della Carta della Libertà (Freedom Charter) secondo la quale “l’Africa del Sud appartiene a tutti coloro che ci vivono, neri e bianchi”. Si trattava di un rifiuto senza equivoci dello stato razzista esistente e della affermazione della sola alternativa che consideriamo accettabile, quella in cui il razzismo e le sue strutture saranno definitivamente sradicate.
E’ noto come la risposta dello Stato alle nostre legittime esigenze democratiche fu, tra le altre, di accusare i nostri dirigenti di tradimento e, agli inizi degli anni 1960, di commettere massacri. Fu così che la messa al bando delle nostre organizzazioni non ci ha lasciato altra scelta se non quella di fare come tutte le persone che meritano rispetto, ivi compresi i Cubani, vale a dire prendere le armi per strappare il nostro paese dalle mani dei razzisti.
Devo dire che quando abbiamo deciso di prendere le armi, abbiamo contattato molti governi occidentali per chiedere aiuto e non siamo riusciti a entrare in contatto se non con esponenti di secondo piano. Quando abbiamo visitato Cuba, siamo stati invece ricevuti dai più alti responsabili che ci hanno subito messo a disposizione tutto quanto ci occorreva. Fu la nostra prima esperienza con l’internazionalismo cubano.
Se abbiamo preso le armi, non è stato per nostra scelta. E’ stato il regime dell’apartheid a costringerci. Noi abbiamo sempre preferito una soluzione pacifica del conflitto dell’apartheid.
La convergenza tra la lotta del nostro popolo all’interno del paese con la contestazione crescente a livello internazionale dell’apartheid negli anni 1980, ha creato le condizioni per una soluzione negoziata del conflitto dell’apartheid. La decisiva sconfitta di Cuito Cuanavale ha modificato l’equilibrio delle forze nella regione e sensibilmente ridotto la capacità del regime di Pretoria di destabilizzare i vicini. Tutto questo, in sintonia con le lotte del nostro popolo all’interno del paese, è stato cruciale perché Pretoria capisse di dovere avviare un negoziato.
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14 luglio in Francia. Primi scontri a Parigi sul “passaporto sanitario”
E’ stato l’ANC ad avviare l’attuale processo di pace che speriamo sfocerà in un trasferimento negoziato del potere al popolo. Noi non abbiamo avviato questo processo con obiettivi diversi da quelli che avevamo durante la lotta armata. Il nostro obiettivo è sempre quello di realizzare il programma enunciato della Carta della Libertà, e non accetteremo niente di meno.
Nessun processo di negoziato potrà avere successo fin quando il regime dell’apartheid non si renderà conto che non vi può essere pace senza libertà e che noi non siamo disposti a negoziare l’abbandono delle nostre giuste rivendicazioni, Devono capire che noi respingeremo qualsiasi regime costituzionale che miri a preservare i privilegi dei bianchi.
Vi è motivo di credere che non siamo ancora riusciti a farlo capire al governo, e noi li ammoniamo che se non intenderanno ragione, saremo costretti a utilizzare il nostro potere per convincerli.
Questo potere è il potere del popolo e, alla fine, noi sappiamo che le masse non solo pretenderanno, ma otterranno i loro pieni diritti in un’Africa del Sud non razziale, non sessista e democratica.
Ma noi non poniamo solo degli obiettivi precisi, noi proponiamo anche il percorso utile per realizzarlo, è un percorso che deve coinvolgere il popolo. Noi non vogliamo un processo o un accordo che si concluda sulla testa della gente, il cui ruolo si limitasse solo ad applaudire. Il governo resiste a ogni costo in quanto la questione di come una costituzione venga emanata, come si debbano svolgere i negoziati, è indissociabile da uno sbocco democratico o meno.
Il governo attuale vuole restare al potere per tutto il tempo del processo di transizione. Il nostro punto di vista è che ciò sia inaccettabile. Questo governo ha degli obiettivi di negoziazione precisi. Esso non può essere autorizzato a utilizzare i suoi poteri di governo per favorire la propria causa e quella dei suoi alleati e di utilizzare questi stessi poteri per indebolire l’ANC.
Ed è proprio quello che fanno. Hanno autorizzato legalmente l’ANC, ma noi operiamo in condizioni molto diverse da quelle delle altre organizzazioni. Non godiamo della stessa libertà di organizzarci di cui godono l’Inkatha e altre organizzazioni alleate del regime dell’apartheid. I nostri militanti sono perseguitati e perfino uccisi. Ci viene spesso vietato di fare riunioni o manifestazioni.
Noi pensiamo che il processo di transizione debba essere controllato da un governo che non sia solo capace e desideroso di creare e mantenere le condizioni della libertà politica, ma che sappia anche agire in modo che la transizione porti alla costruzione di una vera democrazia e null’altro.
Il governo attuale si è rivelato del tutto reticente o incapace di creare un clima propizio ai negoziati. Si rimangia gli accordi per la liberazione dei prigionieri politici e permettere il ritorno degli esiliati. Negli ultimi tempi ha permesso che si creasse una situazione in cui regna il terrore e la violenza contro le comunità africane e l’ANC in quanto organizzazione.
Diecimila dei nostri sono stati assassinati in queste violenze dal 1984, duemila solo nell’ultimo anno. Noi abbiamo sempre detto che questo governo che si vanta della sua forza di polizia professionale è perfettamente in grado di porre fine a queste violenze e di perseguirne gli autori. Ma non solo sono reticenti, ma disponiamo oramai di prove certe, pubblicate nei giornali indipendenti, sulla loro complicità in queste violenze.
La violenza è stata usata in un tentativo sistematico di favorire l’Inkatha quale potenziale alleato del Partito Nazionale. Disponiamo di prove certe a proposito dei fondi elargiti dal governo – vale a dire il denaro dei contribuenti – all’Inkatha.
Tutto questo dimostra la necessità di creare un governo ad interim di unità nazionale per gestire la transizione. Ci occorre un governo che goda della fiducia di larghi strati popolari per guidare questo periodo delicato, e vigilare che i contro-rivoluzionari non siano autorizzati a perturbare il processo e vigilare a che la riforma della Costituzione non si realizzi in un clima di repressione, intimidazioni e paura.
Noi pensiamo che la stessa Costituzione debba essere redatta nel modo più democratico possibile. Secondo noi, ciò può avvenire solo attraverso l’elezione di rappresentanti in una Assemblea costituente che abbia per mandato di redigere la Costituzione. Vi sono organizzazioni che pongono in dubbio la pretesa dell’ANC di essere l’organizzazione più rappresentativa del paese. Se ciò è vero, che lo dimostrino nelle urne.
Per assicurarci che la gente comune sia coinvolta nel processo, facciamo circolare e discutere le nostre proposte costituzionali e il progetto di Dichiarazione dei diritti (Bill of Rights). Vogliamo che esse siano discusse in tutte le strutture della nostra coalizione, vale a dire, l’ANC, il Partito comunista sud-africano e il Congresso dei sindacati sud-africani, e dal popolo in generale. In tal modo, quando la gente voterà per l’ANC per rappresentarli all’assemblea costituente, essi sapranno non solo che cosa rappresenti l’ANC in generale, ma anche quale costituzione vogliamo.
Naturalmente queste proposte costituzionali possono essere modificate nel corso delle consultazioni dei nostri militanti, dei nostri alleati e del pubblico in generale. Intendiamo scrivere una Costituzione che goda di un largo consenso, di lealtà e di rispetto. E ciò potrà avvenire solo se andremo davvero verso la gente.
Per contrastare queste giuste rivendicazioni, sono stati fatti diversi tentativi per indebolire e destabilizzare l’ANC. Il più grave è la violenza, ma vi sono anche altri metodi più insidiosi. Al momento prevale un’ossessione nella stampa, tra i nostri avversari politici, e in numerosi governi occidentali a proposito della nostra alleanza col Partito comunista sud-africano (SACP). I giornali sono pieni di speculazioni sul numero di comunisti presenti nel nostro esecutivo nazionale e sostengono che siamo diretti dal Partito comunista.
L’ANC non è un partito comunista ma un ampio movimento di liberazione, che comprende sia comunisti che non comunisti. Ogni persona che sia un leale membro dell’ANC, chiunque ne rispetti i principi e l’organizzazione, ha diritto di appartenervi.
Il nostro rapporto con il SACP come organizzazione si fonda sul reciproco rispetto. Siamo uniti al SACP da obiettivi comuni, ma ne rispettiamo l’indipendenza e le nostre distinte identità. Non vi è stato alcun tentativo da parte del Partito comunista sud-africano di sovvertire l’ANC. Al contrario, traiamo forza da questa alleanza.
Noi non abbiamo alcuna intenzione di seguire i consigli di coloro che ci suggeriscono di rompere questa alleanza. Chi offre questi consigli che noi non abbiamo chiesto? Per lo più si tratta di quelli che non ci hanno mai aiutato. Nessuno di questi elargitori di consigli ha fatto per la nostra lotta gli stessi sacrifici che hanno fatto i comunisti. Noi ci sentiamo rafforzati da questa alleanza, la vogliamo rendere ancora più salda.
Ci troviamo oggi i una fase della nostra lotta, che vede la vittoria è a portata di mano. Ma dobbiamo assicurarci che la vittoria non ci sia strappata di mano. Dobbiamo essere certi che il regime razzista senta una pressione massima fino alla fine e capisca che deve cedere il posto, che la marcia verso la pace, la libertà e la democrazia è irresistibile.
E’ per questo che le sanzioni debbono essere mantenute. Non è questo il momento di ricompensare il regime dell’apartheid. Perché dovrebbero essere ricompensati per l’abrogazione delle leggi che costituiscono ciò che viene considerato un crimine internazionale? L’apartheid esiste ancora. Bisogna costringere il regime a smantellarlo, sarà solo quando questo processo diventerà irreversibile che noi potremo pensare a cessare con le pressioni.
Siamo molto preoccupati per l’atteggiamento dell’amministrazione Bush a questo proposito. Era uno dei pochi governi ad essere in costante contatto con noi sulla questione delle sanzioni, e ci ha chiaramente detto che la loro cessazione era prematura. Tuttavia, senza consultarci, l’amministrazione ci ha semplicemente informati che le sanzioni statunitensi saranno presto tolte. Per noi è assolutamente inaccettabile.
E’ in questo contesto che noi apprezziamo in modo particolare la nostra amicizia con Cuba. Quando lei, compagno Fidel, ha dichiarato ieri che la nostra causa è la vostra, io so che le sue parole le sgorgavano dal fondo del cuore e che questo è il sentimento di tutto i popolo di Cuba rivoluzionaria.
Voi siete al nostro fianco in quanto le nostre due organizzazioni, il Partito comunista di Cuba e l’ANC, si battono per le masse oppresse, per fare in modo che le ricchezze avvantaggino quelli che le producono. Il vostro grande apostolo José Martì ha dichiarato: “Voglio unire il mio destino ai poveri della terra”.
Noi dell’ANC saremmo sempre al fianco dei poveri e dei reietti. Non solo siamo al loro fianco, ma faremo in modo che, presto o tardi, siano loro a governare il paese dove sono nati, e che secondo quanto recita la Carta della Libertà: “E’ il popolo che governa”. E quando questo momento verrà, ciò sarà stato reso possibile non solo dal nostro impegno, ma anche grazie alla solidarietà, al sostegno e all’incoraggiamento del popolo cubano.
Voglio concludere il mio intervento parlando di un avvenimento del quale siete tutti stati testimoni. Il compagno Fidel Castro mi ha conferito la più alta onorificenza del paese. E’ una ricompensa che dovrebbe essere accordata a tutti coloro che hanno già conquistato l’indipendenza del loro popolo. Ma questo riconoscimento che il popolo dell’Africa del Sud è in piedi e lotta per la sua libertà è per noi fonte di forza e speranza. Speriamo sinceramente che nel futuro ci dimostreremo degni della fiducia che questa ricompensa esprime.
Viva la Rivoluzione cubana!
Viva il compagno Fidel Castro!
Nelson Mandela Cuba, 26 luglio 1991
Tratto da: L’Antidiplomatico
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