Di Jamil El Sadi
Ecobonus 110%, politica, droga e imprenditoria. Ecco alcuni settori su cui ha messo mano la mafia nel messinese
Ieri i Carabinieri del Comando Provinciale di Messina, su richiesta della Procura Distrettuale Antimafia di Messina, hanno dato esecuzione a ordinanze di custodia cautelare, emesse dal Gip del Tribunale locale, nei confronti di oltre 80 persone sul cui conto sono stati riscontrati “gravi indizi di colpevolezza in ordine ai delitti – a vario titolo – di associazione di tipo mafioso, estorsione, scambio elettorale politico mafioso, trasferimento fraudolento di valori, detenzione e porto illegale di armi, incendio, associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti, detenzione ai fini di spaccio di sostanze stupefacenti, sfruttamento della prostituzione, con l’aggravante del metodo mafioso”. Sono stati 81 gli arresti eseguiti e cinque gli obblighi notificati di presentazione alla polizia giudiziaria.
L’attività investigativa è figlia di una più ampia, progressiva e strutturata manovra condotta dal 2018 ad oggi e coordinata dal Procuratore di Messina, Maurizio de Lucia. L’inchiesta è riuscita a disarticolare l’attuale operatività della famiglia mafiosa “dei barcellonesi”, storicamente radicata nel comune di Barcellona Pozzo di Gotto (ME) e sul versante tirrenico della provincia di Messina, “capace di esercitare un costante tentativo di infiltrazione anche in attività imprenditoriali e di economia lecita, sia nel settore della commercializzazione di prodotti ortofrutticoli – nel cui ambito la consorteria si è inserita attraverso imprese fittiziamente intestate, non mancando di imporre, con metodo mafioso, forniture dei prodotti e prezzi di mercato da applicare sulla merce, sia nella conduzione del business dei locali notturni e ricreativi del litorale tirrenico nell’area di Milazzo, in cui, oltre a imporre i servizi di sicurezza mediante l’utilizzo di metodi coercitivi e intimidatori – tra cui l’incendio doloso di una sala ricevimenti riconducibile a imprenditori concorrenti – l’associazione mafiosa è sovente intervenuta per condizionare i titolari nell’attività gestionale”, hanno detto gli inquirenti. E ancora: “Gli esiti delle attività investigative hanno consentito di fare luce sull’ulteriore e rinnovata operatività della consorteria mafiosa, la cui esistenza è stata accertata negli anni con varie sentenze, all’esito di numerosi procedimenti penali (Mare Nostrum, Icaro, Vivaio, Pozzo, Gotha, Dinastia), che ne hanno decimato le fila con l’arresto e la condanna di capi storici e gregari, documentandone la struttura associativa, il modus operandi e gli efferati delitti, nei vari periodi di riorganizzazione interna ed assestamento del sodalizio conseguenti ai numerosi interventi repressivi subiti”.
Contestualmente all’operazione, sono stati sottoposti a sequestro preventivo 3 società – di cui 1 operativa nel settore immobiliare “ed utilizzata per agevolare, con appartamenti dati in affitto, lo svolgimento dell’attività di meretricio, e le restanti nella vendita all’ingrosso di ortofrutta, riconducibile agli indagati, 4 immobili (di cui due impiegati come case di prostituzione e due fittiziamente intestati) nonché 1 locale e 1 veicolo, per un valore complessivo di circa 1 mln di Euro“. Ma dalle indagini emerge altro. Interessi criminali che rilanciano l’immagine di una Cosa nostra tornata in auge, o meglio, mai scomparsa; confermando così Barcellona Pozzo di Gotto come punto nevralgico per affari di Cosa nostra. È tornata la mafia di una volta.
Spregiudicatezza e piena operatività della compagine mafiosa nel territorio
Le indagini condotte, infatti, hanno “consentito di evidenziare la spregiudicatezza e la piena operatività della compagine mafiosa, mediante una continuità garantita dai sodali di maggiore spessore criminale liberi sul territorio ovvero ristretti agli arresti domiciliari, i quali, sovente – appena scarcerati – in spregio ai provvedimenti restrittivi a cui erano sottoposti, si sono resi protagonisti di incontri e di interlocuzioni volte alla definizione di strategie condivise e dei nuovi assetti ed equilibri organizzativi – resisi necessari in seguito alle numerose operazioni di polizia giudiziaria che negli ultimi anni hanno interessato numerosi sodali di vertice – concordando di ricostruire un’Alleanza di sistematiche attività delittuose e ripristinare una cassa comune (denominata ”paniere” o ”bacinella”) dove far confluire i proventi delle attività illecite, in parte destinati al sostentamento degli affiliati ristretti in carcere”, sottolineano gli inquirenti. “La riorganizzazione ha riguardato non solo la riscossione sistematica e programmata delle estorsioni in danno di imprese ed esercizi commerciali, da prelevare nelle festività di Pasqua, Natale e Ferragosto, ma anche la pianificazione ed esecuzione di azioni intimidatorie quali incendi e violenze fisiche che hanno certamente sortito l’esito voluto, come dimostrato dalla mancanza di collaborazione da parte delle vittime che, in taluni casi, non hanno denunciato il rinvenimento di bottiglie incendiarie“.
Traffico di droga, armi da fuoco e minacce
Gli investigatori, inoltre, grazie ad un secondo filone investigativo, hanno individuato due associazioni che “alimentavano a vario titolo le piazze di spaccio non solo di Barcellona Pozzo di Gotto, ma anche di altri comuni dell’area tirrenica, tra cui Rodì Milici, Terme Vigliatore e Milazzo, spingendosi finanche – nello spaccio al dettaglio – a Messina e a centri situati sulla fascia ionica della provincia, nello specifico Letojanni e Giardini di Naxos“. “A riscontro delle attività, sono stati sequestrati durante l’indagine circa 19 kg di sostanza stupefacente tra cocaina, hashish e marijuana”, affermano gli investigatori. Terzo filone investigativo, invece, è stato sviluppato dai Carabinieri della Compagnia di Milazzo grazie i quali hanno documentato la filiera al dettaglio dello spaccio di sostanze stupefacenti del tipo marijuana, hashish, LSD e cocaina, approvvigionate ad opera di due distinti gruppi criminali e distribuite nell’area di Milazzo, della Valle del Mela, del barcellonese e nelle Isole Eolie. “È stata inoltre accertata, in capo ad alcuni indagati, la disponibilità di armi da fuoco, nonché il ricorso a minacce, percosse e danneggiamenti (in una circostanza alcuni degli indagati hanno sequestrato e rapinato un giovane, condotto in un luogo isolato, percosso violentemente e derubato) al fine di riscuotere i proventi di cessioni ancora non onorate, nonché la commissione di svariati furti in danno di abitazioni, un istituto scolastico e diversi esercizi pubblici (lidi balneari, un cantiere nautico e un’autorimessa), commessi per assicurarsi il danaro per l’acquisto di partite di sostanza stupefacente – dicono gli investigatori –. Nel corso delle investigazioni, i militari operanti hanno anche arrestato in flagranza 5 persone e deferite altre 10 in stato di libertà, per detenzione illecita di sostanze stupefacenti e detenzione illegale di arma comune, furto, ricettazione ed altro”.
Ecobonus110%: il nuovo trend della mafia
In conclusione, l’operazione condotta stamane ha fatto luce anche sugli interessi di Cosa nostra sull’’ecobonus 110%. Come spiegano gli inquirenti, il presunto boss di Barcellona Pozzo di Gotto (Messina) Mariano Foti avrebbe tentato di ottenere dei contatti con imprenditori e politici locali. Tra questi Mario Tindaro Ilacqua, dipendente della ditta “Pi.esse.i. srl” che opera nel settore delle energie rinnovabili. L’idea era quella di creare una rete imprenditoriale che potesse ottenere appalti legati all’ecobonus 110%.
Ancora conferme, dunque, “su quanto la provincia di Messina sia uno snodo delicato per gli affari mafiosi che hanno Barcellona come punto nevralgico”, dice Giuseppe Antoci, ex presidente del Parco dei Nebrodi e presidente Onorario della Fondazione Nazionale Caponnetto, commentando l’operazione della Dda messinese. A conferma di tali parole vi sono i riscontri investigativi della presenza di voto di scambio alle elezioni amministrative di Barcellona Pozzo di Gotto il 4 e il 5 ottobre 2020. “Sono state riscontrate interlocuzioni tra un uomo di vertice dell’associazione mafiosa e soggetti appartenenti al mondo della politica, indicative di una promessa, in cambio di posti di lavoro e altre utilità, di supporto elettorale a un candidato”, affermano gli inquirenti.
“Alla Dda di Messina, al procuratore Maurizio De Lucia e ai suoi sostituti, ai Carabinieri del Comando provinciale di Messina il mio grazie e i complimenti per l’incessante lavoro che, in questi anni, ha permesso di assicurare alla giustizia centinaia di mafiosi e sequestrato beni per milioni di euro – ribadisce Antoci –. Oggi, ancora una volta, si è affermata la forza dello Stato”.
Tratto da: Antimafiaduemila
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