Caccia a Messina Denaro, maxi blitz di Polizia e Sco nella valle del Belice per perquisizioni

Caccia a Messina Denaro, maxi blitz di Polizia e Sco nella valle del Belice per perquisizioni

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In campo 150 agenti ed elicotteri, colpiti fiancheggiatori. Ieri le immagini esclusive del Tg2 del boss a bordo di un suv nel 2009

La Polizia di Trapani, con il Servizio Centrale Operativo della Direzione Centrale Anticrimine, sta eseguendo decine di perquisizioni nella Valle del Belice, su ordine della Direzione Distrettuale Antimafia di Palermo, alla ricerca del boss latitante Matteo Messina Denaro. Poliziotti delle Squadre Mobili di Trapani, Palermo e Agrigento sono impegnati in un’imponente operazione in cui sono dispiegati oltre 150 agenti provenienti anche dai Reparti Prevenzione Crimine di Sicilia e Calabria. Sul posto anche elicotteri del Reparto Volo di Palermo, pattuglie munite di apparecchiature speciali e unità cinofile. L’attività di polizia giudiziaria è rivolta a persone sospettate di essere fiancheggiatori del latitante, per i trascorsi criminali e per la loro vicinanza o contiguità alle famiglie mafiose trapanesi e agrigentine. Al setaccio le località di Castelvetrano, Campobello di Mazara, Santa Ninfa, Partanna, Mazara del Vallo, Santa Margherita Belice e Roccamena (Palermo).

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Intanto ieri il Tg2 ha diffuso in esclusiva le immagini della primula rossa, latitante dal 1993, riprese dalle telecamere di sicurezza posizionate in una strada ad Agrigento. Nelle immagini, che durano pochi secondi e risalgono al dicembre del 2009, si vede un suv blu che percorre una strada sterrata in piena campagna. A bordo ci sono due persone: l’autista e, sul sedile del passeggero, un uomo stempiato e con gli occhiali. Secondo investigatori e inquirenti, afferma il servizio, quell’uomo potrebbe essere proprio Matteo Messina Denaro. Le immagini, sostiene sempre il Tg2, sono state riprese da una telecamera di sicurezza a poche centinaia di metri dalla casa di Pietro Campo, boss della Valle dei Templi e fedelissimo del numero uno di cosa nostra che in quel periodo era protetto dalle famiglie agrigentine e, forse, stava andando proprio ad un incontro con i capi mafia locali.

Tratto da: Antimafiaduemila

 

 

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