La sconfitta di Draghi e il Golpe di Davos

La sconfitta di Draghi e il Golpe di Davos

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Tempo di lettura: 4 min

Tratto da: blog Storia Segreta di Maurizio Agostini, mittdolcino.com

Il 29 gennaio 2022 è una data che potrebbe passare alla Storia.
La mancata elezione di Mario Draghi alla Presidenza della Repubblica Italiana ha del clamoroso perché era stata preparata dalle oligarchie finanziarie mondialiste da anni e costituiva uno dei punti cardine del Golpe di Davos in atto.
Immaginiamo lo sgomento di Klaus Schwab, coordinatore e animatore del Golpe, nell’apprendere la notizia.

L’inaudita sconfitta è stata però dovuta a un insieme di circostanze.

In primis si è trattata di una sconfitta personale di Mario Draghi stesso. Il suo comportamento da ‘banchiere centrale’, spocchioso, irrispettoso delle prerogative del Parlamento, dittatoriale come se tutto gli fosse dovuto, ha irritato la grande maggioranza dei peones che, nel bene e nel male, quel parlamento lo compongono. La buvette della Camera era piena di commenti sarcastici all’indirizzo di presidente del Consiglio in carica additato addirittura come ‘nemico personale’.
Per la maggioranza dei grandi elettori il motto era: chiunque fuorché Draghi. Con buona pace di Goldman Sachs e accoliti.

In secondo luogo il suo comportamento inutilmente estremista nella gestione della pandemia gli aveva già alienato molte simpatie.

In terzo luogo la sua auto-candidatura alla Presidenza della Repubblica durante una conferenza stampa del 22 dicembre 2021 in cui, praticamente, diceva: ‘il mio lavoro è finito, adesso andrò al Quirinale’, aveva irritato non poco quei politici che conservano ancora un vago ricordo di quello che l’Italia era stata prima del suo declassamento a colonia della finanza mondialista.
Ma l’ultimo errore è stato fatto quando ha manifestato la sua estrema contrarietà alla candidatura Casini, facendo sapere che, se Casini fosse stato eletto, lui si sarebbe dimesso immediatamente da Presidente del Consiglio.
Casini, che a detta di chi gli è vicino, ‘ci è rimasto molto male’, non ha avuto altra scelta che rinunciare alla candidatura, sapendo però che così avrebbe reso inevitabile la riconferma di Mattarella e il siluramento di Draghi stesso, il quale invece evidentemente non lo aveva ancora capito.

Il 2-0 dei vecchi democristiani sulla spocchia dei banchieri centrali deve farci riflettere.

D’altra parte che l’uomo fosse fatto così lo si era già capito dalla lettera che aveva inviato il 5 agosto 2011, come presidente entrante della BCE e a doppia firma con l’uscente Jean Claude Trichet, a Berlusconi e che comportò le dimissioni del governo di centro destra.
Lì c’era scritto, senza mezzi termini, che il governo di un paese sovrano doveva obbedire ai diktat della BCE, senza se e senza ma. E, per favore, con sollecitudine se no ci arrabbiamo.

Lotta di potere a caro prezzo

Ultimo ma non ultimo, il trasferimento di Draghi al Quirinale avrebbe comportato un serio rischio di crisi di governo e conseguenti elezioni anticipate facendo così sfumare per i peones parlamentari gli ultimi mesi di stipendio e il successivo vitalizio.

Alla ‘italiana’ quindi, il diktat dei Golpisti di Davos questa volta è stato ignorato o per dirla nobilmente ‘ il Parlamento ha riacquistato la sua centralità’ e Draghi ha visto sfumare la sua elezione al Quirinale, da dove avrebbe potuto osservare i disastri da lui stesso provocati in trent’anni di attività da una posizione di assoluta impunità.

Insomma Mario Draghi è stato vittima in primis di una sua scarsa attitudine a gestire i rapporti politici ma i motivi del disastro non sono solo questi.

Vi è stata infatti anche una scarsa compattezza delle elite che lo sostenevano, cosa accuratamente silenziata da tutto il mainstream, ma che era apparsa in tutta la sua evidenza quando, a dicembre 2021, l’Economist e il Financial Times, cioè i giornali dei Rothschild-Elkan, avevano cominciato a sostenere che preferivano che Draghi rimanesse a Palazzo Chigi.
Il Presidente del Consiglio era stato costretto a un irrituale e precipitoso incontro con Jonh Elkann, il 20 gennaio 2022, per dirimere la questione, il cui esito non è stato evidentemente positivo.
Il ramo francese della finanza internazionale aveva infatti in animo di fare un blitz: piazzare al Quirinale una donna a loro molto vicina, Francesca Belloni, già insignita della Legion d’onore, la più alta onorificenza della Repubblica Francese e attualmente direttore generale del Dipartimento delle informazioni per la sicurezza.

Il blitz è fallito, durante una drammatica nottata, per la ‘insipienza’ di Salvini e Conte, che lo avevano comunicato al mondo la sera precedente, ‘insipienza’ non si quanto voluta. Chi vuole organizzare un blitz non può pensare di dirlo a tutti il giorno prima perché o è proprio un incapace o lo vuole far fallire.
Naturalmente l’esternazione di Salvini e Conte ha scatenato un’irata reazione della componente ‘atlantica’ del Parlamento che, guidata da un furioso Matteo Renzi, ha avuto buon gioco a demolire l’improvvida candidatura in men che non si dica.

Ridotta nei sui spazi l’irritante componente francofona non è restato che rassegnarsi a uno 0-0 con la riconferma di Mattarella, dopo il siparietto casiniano.

Ma è stato veramente un pareggio tra le varie componenti?

Da una prima analisi sembrerebbe proprio di no.

La sconfitta di Draghi è infatti definitiva. A chi, fin da subito, adombrava la possibilità che Mattarella potesse costituire solo una presidenza a termine, alla Napolitano bis, tenendo caldo il posto per un anno o poco più, è stato lo stesso Mattarella a rispondere per le rime: il mio mandato è pieno e per sette anni. Punto.

Così si comprendono meglio le ragioni del suo insistente ‘chiamarsi fuori’ degli ultimi mesi, il suo comperarsi casa, il suo trasloco: ‘Io non faccio il supplente di nessuno, se mi volete, e mi dovete volere a furor di popolo, ci posso anche stare ma con mandato pieno’. Fine dei giochi.

Ma non vi è solo la schiena diritta del vecchio democristiano a chiudere le porte a Draghi: tra un anno si vota e la maggioranza che uscirà dalle urne sarà completamente diversa dall’attuale. Con Fratelli d’Italia sopra al 20% (e forse più), l’entrata in Parlamento di una consistente pattuglia di no-vax, i danni che la politica draghiana ha fatto sulla pelle dei cittadini, la chiusura delle piccole imprese, la disoccupazione e quant’altro, pensare che vi siano ancora i voti per eleggerlo al Quirinale, fra un anno o due, sembra davvero una pia illusione.

No, Draghi non diventerà mai più Presidente della Repubblica, e questa è una gran buona notizia per tutti gli italiani.

 

Tratto da: blog Storia Segreta di Maurizio Agostini, mittdolcino.com

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