Vega 15 è un razzo italiano partito l’11 luglio scorso dalla base francese in Guyana. Dopo quattordici lanci senza intoppi, con i satelliti depositati in orbita come previsto e con precisione millimetrica, nella notte incriminata qualcosa non funziona, e non si è ancora capito perché. Il razzo parte senza problemi, ma nella seconda fase del lancio (nome in codice Zefiro 23) qualcosa va storto. Il vettore rallenta, cambia traiettoria e sprofonda nell’Oceano Atlantico.
Il progetto “made in Italy” Vega 15
Come spiega Gianluca Di Feo dalle colonne di Repubblica, qualcosa non torna: “Vega è un progetto della Avio Spa di Colleferro, che lo costruisce assieme a diverse aziende europee, e viene considerato la punta di lancia della nostra industria spaziale. Ha caratteristiche che lo rendono senza rivali nel mercato oggi più richiesto: il lancio di satelliti medio-piccoli da osservazione, telecomunicazione e geolocalizzazione tipo gps in orbite basse. La prima missione operativa risale al 2012 ed oggi è pronto il prototipo di una versione potenziata: insomma, è considerato un sistema altamente affidabile, che non aveva mai manifestato problemi”.
Intelligence al lavoro per chiarire l’accaduto
Le indagini rispetto all’accaduto sono in mano ad una commissione d’inchiesta predisposta ad hoc dall’ente spaziale europeo, con membri italiani, francesi e della stessa Avio. Un caso delicato, tanto che sia Parigi che Roma hanno voluto che all’inchiesta partecipassero anche un nostro ispettore del ministero della Difesa e la Direzione generale dell’arma (DGA) francese.
Ipotesi sabotaggio
Prosegue Di Feo su Repubblica: “Basterebbe la presenza dei due delegati militari a testimoniare la delicatezza del caso. Ma a Palazzo Chigi i dubbi sull’incidente sono arrivati poche ore dopo lo schianto, determinando la mobilitazione della nostra intelligence per un’istruttoria altamente riservata. La parola che tutti sussurrano e nessuno mette nero su bianco è una sola: sabotaggio”.
Il prezioso carico di Vega 15
“Nel mirino – spiega Di Feo – non ci sarebbe il razzo italiano, ma il carico che stava trasportando: Falcon Eye 1, il primo satellite spia degli Emirati Arabi. Un apparato potentissimo, venduto dalla Francia per una cifra superiore a mezzo miliardo di euro, che avrebbe permesso ai generali emiratini di individuare qualsiasi oggetto con altissima precisione: i suoi visori ottici possono fotografare un’area di venti chilometri con una definizione di settanta centimetri. Insomma, uno strumento strategico per le crescenti ambizioni militari degli Emirati, che gli permetterebbe di condurre ricognizioni senza limiti e senza confini”.
Il giallo: dov’è finito Falcon Eye 1?
Visto il “prezioso” carico la spy-story è aperta, e da oltre un mese le intelligence di molti Paesi stanno lavorando per arrivare a determinare cosa sia realmente successo. A Vega 15, che a volato per soli 2’30”, ma soprattutto al potentissimo satellite spia degli Emirati (valore: oltre 600 milioni di euro). Ma, ad oggi, le ricerche nell’Atlantico non hanno prodotto risultati. E, nonostante il lavoro degli 007, il mistero resta.
Chi sapeva di Falcon Eye 1? Chi ha sabotato (forse) il lancio? E ancora: chi potrebbe essersi impossessato di una tecnologia bellica d’avanguardia? Qualcuno all’interno della base francese in Guinea “ha tradito” o è stato un semplice incidente? Il carico, ovviamente, è “prezioso”, e l’ipotesi che finisca in mani “nemiche” agita non poco. Ma se fosse stato un semplice guasto ad un gioiello di tecnologia “made in Italy” sostanzialmente perfetto si sarebbero attivati i servizi segreti di mezzo mondo? Difficile crederlo. E allora il giallo s’infittisce. Vega 15, con al suo interno Falcon Eye 1, ancora non si trova.
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Fonte: Timgate.it