Non sono il nemico di Di Matteo. Quello del 2016 è certamente uno degli aspetti deteriori del correntismo”. A parlare è l’ex presidente dell’Anm Luca Palamara, ospite in uno studio televisivo per la prima volta dall’interrogatorio con i magistrati di Perugia, intervenendo al programma di La7 “Non è l’Arena”. Rispondendo ad una serie di domande del conduttore Massimo Giletti ha dato la propria versione su una serie di fatti che da un anno a questa parte lo hanno riguardato e che hanno travolto anche il Consiglio superiore della magistratura. Nel corso della trasmissione sono stati ricordati proprio gli ostacoli che l’ex sostituto procuratore nazionale antimafia, ed oggi consigliere togato del Csm, Nino Di Matteo, aveva avuto qualche anno addietro quando chiedeva di essere trasferito alla Procura nazionale antimafia. Dal Csm vi furono stop clamorosi, una prima volta con la nomina di tre magistrati con meno titoli – nomina per la quale il Tar aveva respinto il ricorso presentato da Di Matteo – poi per un banale vizio di forma. Solo nel 2017, dopo che lo stesso Di Matteo rifiutò di accettare la proposta di trasferimento d’urgenza alla Pna, a causa degli elevati rischi per la sua sicurezza con il rischio attentato nei suoi confronti arrivò la nomina alla Dna.
Palamara ha ricostruito alcuni passaggi puntando il dito contro il sistema delle correnti: “E’ troppo facile dire che sia stato Luca Palamara a fermare Di Matteo. Il sistema delle correnti si accordò su nomi diversi, e quella decisione fu ratificata dal plenum. Una sorta di manuale Cencelli, dove ogni corrente sceglieva il suo. C’erano tre posti in Dna e il sistema delle correnti si accordò su altri nomi, ritenuto anche il profilo professionale di quei colleghi, e Di Matteo venne estromesso”.
Ma Palamara non si è limitato a dare questa spiegazione. Perché ha anche commentato la scelta che nel 2014 vi fu per assegnare il ruolo di Procuratore capo a Palermo di Francesco Lo Voi, al posto di Sergio Lari e Guido Lo Forte affermando che quel momento “sicuramente segnò una pagina controversa e di tensione all’interno del Consiglio stesso”.
E poi ancora ha fatto riferimento alle chat avute con altri colleghi che, oltre a Di Matteo, avevano riguardato anche l’ex ministro Matteo Salvini (“si vuole sintetizzare in maniera frettolosa un ragionamento”).
Il sistema delle correnti
Senza mezze misure l’ex Presidente dell’Anm ha ammesso che “il nostro sistema delle correnti penalizza chi alle correnti non appartiene” ed ha individuato nell’anno 2007, come il momento in cui si è sviluppato un forte “carrierismo” nella magistratura. Sul sistema ha poi aggiunto: “Le correnti togate del Csm hanno il peso preponderante, la politica dall’esterno, quindi non parlo alla corrente laica del Csm, ha poca speranza di riuscita senza una convergenza all’interno del Csm. Voglio sfatare l’idea che il politico dall’esterno è in grado di incidere sul procuratore di turno”. E poi ha proseguito: “Mi chiamavano tantissime persone perché avevo una funzione di rappresentanza. Ero diventato una sorta di riferimento per molti colleghi, ma non per il compimento di atti illeciti, ma perché attraverso la mia persona si riteneva potesse esserci la mediazione necessaria a smussare gli angoli”. “Non ho inventato io il sistema delle correnti, quindi identificare me come male assoluto è un’operazione che potrebbe far comodo a qualcuno. Si parla di una rete di Palamara che arriva dappertutto, più semplicemente il mio ruolo era mediare all’interno delle singole correnti, e il Csm è il luogo dove necessariamente occorre mediare per nominare un determinato dirigente di un ufficio”.
Più volte Palamara ha ricordato che la stessa Procura di Perugia ha ridimensionato le accuse (“L’accusa originaria è caduta. Gli stessi pm l’hanno fatta cadere nella fase delle indagini preliminari. Il gip ha testimoniato che non c’è nessun atto contrario ai doveri d’ufficio”). Ma resta comunque l’evidenza di un modus operandi a dir poco scandaloso.
In più occasioni abbiamo ribadito come sia necessaria una riforma del Csm che a questo punto non è solo doverosa ma anche necessaria. Una riforma che liberi il Csm dal sistema delle correnti. La nostra opinione è che i membri che dovranno far parte del Csm debbono essere a loro volta scelti dagli altri magistrati. Non seguendo logiche di correnti e condizionamenti ma tramite una scelta democratica elettiva, con tanto di “campagna elettorale” per rappresentare il proprio curriculum e le proprie idee. Non riteniamo applicabile il sorteggio in quanto se dovesse essere sorteggiato un soggetto non adeguato si ritornerebbe al punto di partenza. L’elezione democratica dei rappresentanti dell’organo di autogoverno della magistratura, quindi, deve essere fatta da magistrati i quali possono scegliere basandosi esclusivamente su merito.
Tratto da: Antimafiaduemila
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