di Michele Metta
Human Rights Watch, organizzazione internazionale che si batte per la difesa dei diritti umani nel Mondo, e che ha sede negli Stati Uniti, ha da poco emesso un Rapporto durissimo nei confronti di Israele, dichiarando esplicitamente, nero su bianco e in oltre 200 documentate pagine, che le politiche israeliane nei confronti dei palestinesi hanno superato un limite che non doveva essere oltrepassato, poiché ha reso Israele colpevole degli odiosi crimini di apartheid – discriminazione su base etnica, dunque – e persecuzione.
Israele – specifica sempre il coraggioso Rapporto – ha discriminato i palestinesi tramite un regime di occupazione militare che perdura fin dalla fondazione dello Stato di Israele, perpetuando dunque tali abusi per ben 73 anni della Storia mondiale.
Questa occupazione è descritta dal Rapporto come una draconiana imposizione di una segregazione forzata. Tale segregazione si alimenta di profonde restrizioni alla libera circolazione di persone e beni palestinesi, mentre gli altri suoi sciagurati pilastri sono la negazione dei diritti civili dei palestinesi, la negazione di permessi per costruire, le contemporanee demolizioni delle dimore dei palestinesi, nonché le abusive confische di terre palestinesi. Il risultato, sono state quelle che si possono a tutti gli effetti definire – prosegue il Rapporto – come deportazioni. Innanzi a questo cumulo concatenato di azioni dolose, si ha il dovere – chiosa Human Rights Watch – di dire le cose come stanno, e definire Israele come una nazione che applica l’apartheid contro i palestinesi.
Human Rights Watch specifica di aver contattato il leader israeliano Netanyahu nel luglio del 2020, sollecitando una dichiarazione in merito ai rilievi mossi, ma senza mai ricevere risposta alcuna.
Tuttavia – ed è degno di nota – le autorità israeliane hanno sentito irrefrenabile l’impulso di un loro commento a posteriori: una volta, cioè, che il Rapporto, pubblicato, è divenuto di dominio pubblico. Anziché intervenire nel merito, tali autorità israeliane hanno convenientemente, e prevedibilmente, bollato le accuse di Human Rights Watch come “pretestuose e false”, e definito tale associazione come “da lungo tempo dedita ad una agenda anti-Israeliana”. Denigrazione, questa, che, oltre che scontata, e anche perlomeno curiosa, visto che, a sostegno di quanto denunciato da Human Rights Watch, non mancano anche analoghe associazioni israeliane, come, ad esempio, Peace Now.
Questo perpetuarsi degli abusi è del resto particolarmente palese – continua il Rapporto – nel contenuto apertamente discriminatorio di una Legge israeliana la quale, ad un israeliano che decida di contrarre matrimonio con un palestinese, nega risolutamente il diritto di vivere con il proprio sposo o sposa in Israele. La natura di tale Legge è ancor più resa evidente dal fatto che tale restrizione non si applica nel caso in cui un cittadino israeliano decida di sposarsi con uno straniero che non sia palestinese.
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Non solo. Ci sono anche le chiarissime parole dette nel 2005 dall’allora Primo Ministro israeliano Ariel Sharon, il quale, nel commentare tale Legge, disse senza remore che non c’era bisogno, per giustificarla, di nascondersi dietro pretesti per mascherare la realtà; si trattava, semplicemente, di una Legge concepita apposta per far prosperare gli israeliani a discapito dei palestinesi. Benjamin Netanyahu, all’epoca Ministro delle Finanze, aggiunse: “Invece di rendere più semplice per i palestinesi l’accesso alla cittadinanza [israeliana], abbiamo il dovere di renderlo molto, molto, più complicato, per garantire […] uno Stato di Israele a maggioranza ebraica”. E nel marzo del 2019, Netanyahu, ormai lui stesso Primo Ministro, pose a suggello la seguente dichiarazione: “Israele non è uno Stato composto da tutti i suoi cittadini”; viceversa, “è lo Stato-Nazione degli ebrei, e solo degli ebrei”. Dichiarazioni fortemente lesive nei confronti dei palestinesi erano del resto già venute da parte di Shimon Peres, l’ormai defunto ex Presidente di Israele.
In ragione di questo stato di cose, il Rapporto di Human Rights Watch esprime delle raccomandazioni. Tra queste, compare addirittura l’invito affinché le autorità palestinesi cessino di operare politiche di sicurezza in collaborazione con l’Esercito israeliano, poiché tali politiche, in realtà, proprio perché coordinate con gli israeliani, contribuiscono inevitabilmente a ledere i diritti umani dei palestinesi, e ad aumentare la persecuzione e lo stato di apartheid del popolo palestinese. C’è, non di meno, l’invito fermo rivolto a Stati Uniti e Unione Europea, affinché entrambi cessino il loro ipocrita girare la testa dall’altra parte facendo finta di nulla, e invece inizino seriamente e quanto prima ad adottare le stesse politiche che furono vincenti contro l’apartheid sudafricana. Significa – e il Rapporto lo scrive – avere il coraggio di colpire Israele con sanzioni, interrompendo i rapporti commerciali, industriali, e di sostegno economico, ricorrendo anche al congelamento dei beni riconducibili a Israele e alla proibizione di viaggi verso Israele.
Sono, indubbiamente, parole forti. Sono, altrettanto indubbiamente, parole sensate e attese, nonché di enorme peso specifico e impatto, dato che sono espresse da una associazione sui diritti umani con sede, come detto, negli Stati Uniti.
Tratto da: L’Antidiplomatico
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