di Giorgio Bongiovanni
Ancora non sono trascorsi i cosiddetti “cento giorni”, che in genere segnano il tempo per tracciare un primo bilancio delle attività di Governo, ma già possono bastare questi due mesi per far capire l’abisso verso cui sta sprofondando il Paese.
Perché da quando il centro destra ha vinto le elezioni è accaduto di tutto. Abbiamo visto la nomina come Presidente del Senato di un picchiatore fascista come Ignazio La Russa. Abbiamo visto il ritorno in Parlamento di Silvio Berlusconi, un uomo che pagava la mafia. L’assegnazione dell’incarico di Governo a Giorgia Meloni, prima donna alla guida di Palazzo Chigi, è sembrata un ritorno al passato nel momento in cui ben undici su ventiquattro ministri del suo governo sono già stati protagonisti (quattro erano ministri e sette facevano i sottosegretari) del cosiddetto “Berlusconi IV”, l’ultimo esecutivo pienamente di destra che si dimise nel 2011.
Poi è arrivato il tempo dei fatti e il primo “atto di forza” è stata la conversione in legge del primo decreto, anche noto come “anti-rave” che al suo interno conteneva la discutibilissima norma contro i raduni illegali che poneva notevoli problemi interpretativi.
Al suo interno vi sono modifiche sui reati ostativi con un intervento discutibile anche sull’ergastolo ostativo, con riferimento ai delitti commessi “per terrorismo” e per i “reati di mafia”.
Basti pensare alle osservazioni del senatore cinque stelle ed ex magistrato Roberto Scarpinato che ha evidenziato come “potrebbe essere rinominata come una legge per disincentivare la collaborazione con la Giustizia”.
E grazie all’approvazione dell’emendamento del capogruppo di Forza Italia Pierantonio Zanettin sono stati cancellati i reati contro la Pubblica amministrazione dall’elenco di quelli ostativi, con benefici carcerari possibili per i condannati per reati contro la Pubblica amministrazione, corruzione, concussione o peculato.
Il presidente del Senato, Ignazio La Russa © Imagoeconomica
Sul fronte internazionale il Governo, ovviamente, ha mostrato il suo essere guerrafondaio con il rinnovato ok all’invio di armi all’Ucraina, per un’estensione che arriverà fino alla fine del 2023. Una violazione, così come abbiamo più volte ricordato, dell’articolo 11 della nostra Costituzione (“L’Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali”).
Una scelta che non può essere condivisa e che non trova giustificazione. Fermo restando che la Russia, dopo continue provocazioni subite, ha aggredito l’Ucraina, non si può fomentare una guerra che può portarci in ogni istante nel baratro di un conflitto nucleare.
Ovviamente, in questo marasma di follia, non poteva mancare l’ennesimo attacco contro la magistratura e la minaccia di una nuova riforma della giustizia.
Le affermazioni recenti del Guardasigilli Carlo Nordio, alla festa di Fratelli d’Italia, sono di una gravità inaudita. “Non c’è nulla di eretico e blasfemo nel volerla cambiare – ha sottolineato il guardasigilli – come tutte le cose umane le costituzioni, nascono vivono e muoiono. Si cambiano e si possono cambiare senza essere blasfemi verso i nostri padri costituenti”.
Parole che, come ha sottolineato in questo giornale Saverio Lodato, in qualche maniera ricordano le parole dette da Giovanni Falcone rispetto alla mafia (“La mafia non è affatto invincibile. È un fatto umano e come tutti i fatti umani ha un inizio, e avrà anche una fine”).
Per Nordio, però, il fatto umano che deve avere una fine è la nostra Costituzione.
Un’idea fissa che nei referendum più recenti è stata continuamente bocciata dal popolo italiano.
Ma questa politica non sente ragioni. E così Nordio propone altre idee folli come la “discrezionalità dell’azione penale”, la “separazione delle carriere” e una nuova “definizione dei poteri del pubblico ministero”. E poi ancora interventi sull’utilizzo delle intercettazioni telefoniche, che a detta del ministro andrebbero diminuite dimenticando che senza di esse non avremmo mai scoperto fatti gravi.
Recentemente il consigliere togato del Csm, Nino Di Matteo, aveva evidenziato come intervenire sulle intercettazioni potrebbe “depotenziare uno strumento di indagine che si è rivelato fondamentale per la ricerca della verità e la tutela della legalità nel nostro Paese”.
Basti pensare che proprio un’intercettazione permise di individuare i responsabili della strage di Capaci.
Fu il pentito Giuseppe Marchese (detto “Pino”) ad indicare il covo di via Ughetti, dove si nascondevano i boss Antonino Gioè e Gioacchino La Barbera. Ed è grazie alle intercettazioni che si appresero dettagli importanti su “l’attentatuni” del 23 maggio 1992.
Ma anche in questo Governo, l’azione contro la mafia non è solo insoddisfacente, ma nefasta.
Il presidente della Regione Sicilia, Renato Schifani © Deb Photo
Del resto non potrebbe essere altrimenti se pensiamo che tra i principali sostenitori vi è quel partito fondato da un uomo della mafia come Marcello Dell’Utri (condannato in via definitiva per concorso esterno in associazione mafiosa).
In questi giorni un altro esponente di punta di Forza Italia, l’ex senatore Antonio D’Alì, è finito dietro le sbarre dopo la condanna definitiva a sei anni, sempre per concorso esterno in associazione mafiosa. Ma non abbiamo sentito levate di scudi.
Non abbiamo sentito grida di scandalo.
Oggi nessuno si indigna se Renato Schifani, in passato indagato per concorso esterno (poi archiviato nel 2014) e oggi imputato a Caltanissetta, per violazione di segreto nell’ambito del processo Montante, è stato eletto come Presidente della Regione Sicilia.
Oggi nessuno si indigna se ancora oggi candidature e scelte politiche vengono prese da condannati per mafia come lo stesso Dell’Utri, da Totò Cuffaro o soggetti discutibili come Gianfranco Micciché, che di Dell’Utri fu a lungo delfino.
Forza Italia, alla luce di certe scandalose collusioni, andrebbe chiusa definitivamente.
Ma nessuno dice niente. Nemmeno all’opposizione.
Il Partito democratico tace da tempo immemore mostrando un silenzio-assenso sul fronte mafia ed antimafia, pericoloso sul piano etico e morale. Poi ci sono i Cinque Stelle che hanno tradito il loro patto con gli italiani durante i loro governi e che oggi sembrano aver dimenticato quello spirito che li spingeva a scendere in piazza per protestare contro scandali e nefandezze. E se si escludono gli interventi di pochi esponenti anche oggi l’impegno all’opposizione è minimo.
Per far fronte alla deriva folle di questo governo fascista, anticostituzionale, guerrafondaio e amico della mafia serve molto, molto di più.
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Tratto da: Antimafiaduemila