I magistrati requirenti non devono parlare. Per Costa sono loro il problema
C’era da aspettarselo. La decisione era prevedibile. La maggioranza, dopo le divisioni registrate la scorsa settimana, ha raggiunto un accordo sul parere che le commissioni Giustizia di Camera e Senato devono dare, seppur non vincolante, al decreto legislativo del governo con cui si recepisce la direttiva europea. L’accordo prevede che le conferenze stampa dei pm potranno svolgersi durante la fase delle indagini solo se autorizzate dal Procuratore della Repubblica – questi dovrà autorizzare anche i comunicati o le conferenze stampa degli ufficiali di polizia giudiziaria – previo atto motivato “in ordine alle specifiche ragioni di pubblico interesse che lo giustificano”. È questa la parte fondamentale del nuovo parere al decreto legislativo approvato dal governo, depositato nelle commissioni Giustizia di Camera e Senato dai relatori, Enrico Costa di Azione e Andrea Ostellari della Lega, al termine di una riunione di maggioranza.
Il decreto legislativo era stato approvato ad agosto scorso dal Consiglio dei ministri e aveva come obiettivo quello di recepire le disposizioni della direttiva Ue 343/2016 sul “rafforzamento di alcuni aspetti della presunzione di innocenza”. Nei fatti però la politica lo ha tradotto in un bavaglio per gli investigatori. Il mantra “lo vuole l’Europa” sembra fare più miracoli dei Santi in questo periodo. L’ultimo di questi miracoli è stato di rimettere insieme una maggioranza che si era spaccata la scorsa settimana su un precedente parere che non era stato votato. Ora, invece, è arrivato il via libera. L’unico voto contrario è stato quello di Andrea Colletti della componente del Misto – L’Alternativa c’è. Ora la commissione di palazzo Madama dovrà procedere con il voto.
Come specificato poc’anzi il decreto proibisce agli inquirenti di fornire notizie sui procedimenti in corso al di fuori di cornici formali. Ossia? Solo attraverso comunicati stampa e solo attraverso conferenze stampa che rispettino “casi di particolare rilevanza pubblica dei fatti”. Non solo, si impone a chi comunica di non “indicare pubblicamente come colpevole la persona sottoposta a indagini o l’imputato fino a quando la colpevolezza non è stata accertata”, cioè fino ad una sentenza di Cassazione. Una norma assai poco chiara e che porterà certamente non poche difficoltà a chi dovrà scrivere i comunicati ufficiali. Inoltre la norma prevede che la violazione della stessa può essere impugnata in giudizio, portando a pubbliche rettifiche o richieste di risarcimento danni. E poi ancora, lo stesso decreto rafforza il diritto dell’imputato a non rispondere alle domande e che il medesimo rifiuto non deve essere considerato prova della sua colpevolezza.
Curiose le parole del maggior promotore della norma, il senatore Costa, il quale ha detto che “il tema di fondo” è “il processo spettacolo, è la spettacolarizzazione da parte di alcuni inquirenti che bollano una persona perché indagata e quando questa risulta innocente e assolta non riesce a recuperare l’immagine“. Certamente rispettiamo ed esprimiamo solidarietà a chi ha avuto la sfortuna di vedersi accusato di reati non dal medesimo/a commessi, ma ci sono domande che sorgono spontanee: chi sono questi magistrati inquirenti di cui si parla tanto animosamente? E quali sono i “processi spettacolo”? Costa ha aggiunto anche che un pm “non potrà più svegliarsi la mattina e convocare i giornalisti, perché ci vuole un interesse pubblico, senza il quale deve limitarsi al comunicato ufficiale. Non potrà più accadere che ogni inchiesta di per sé sia spiattellata e non potrà accadere che in base al numero degli arresti di una inchiesta dipenda la presunzione di innocenza degli indagati“. Da che mondo è mondo tuttavia sia che si parli di uno o più di un centinaio di arresti – come in “Rinascita Scott” – contano gli elementi raccolti dagli investigatori, il verdetto del g.i.p e il successivo decreto di rinvio a giudizio. Inoltre, quali sono le ragioni di interesse pubblico alle quali il pm dovrà adeguarsi? Speriamo che tra queste ragioni di interesse venga inclusa l’associazione mafiosa o certi pm – come Nicola Gratteri – troveranno molte difficoltà a parlare di quel male centenario, quel è la mafia, che nessun Governo fino ad oggi ha avuto il coraggio di combattere fino in fondo.
Tratto da: Antimafiaduemila
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