Di Giorgio Bongiovanni e Margherita Furlan
“Voi che ‘ntendendo il terzo ciel movete,
udite il ragionar ch’è nel mio core.”
(Dante Alighieri, Convivio, trattato II, canzone prima)
Alla fine di un altro giro intorno al Sole, quello splendido ecosistema in cui viviamo e di cui facciamo parte integrante, il pianeta Terra, in altro modo detto anche Gea, ci porta a ricordare Giulietto Chiesa, Maestro di vita, compagno fedele delle nostre battaglie a favore della Giustizia e della Verità, soprattutto nostro grande Amico. A Giulietto non piacevano le commemorazioni, non si rallegrava per avvenimenti ufficiali né tantomeno per quelli ufficiosi; lui, da gigante qual era, in questa dimensione terrena non apprezzava gli incontri organizzati nei salotti ammuffiti di quella vile borghesia seduta ormai fuori della porta della lealtà della storia. Perciò noi non possiamo permetterci di sprecare il tempo prezioso che la vita ci ha donato in stantie parole di pur doveroso ricordo. Giulietto ha improvvisamente cambiato sede in un grande gesto d’amore, con il fine di ritrovare la libertà a lui necessaria per guidarci – rendendoci così protagonisti – verso la battaglia finale contro quelli che lui definiva i “padroni universali” che sanno di poter decidere, in molti sensi, anche del destino dell’ecosistema, cioè della loro sopravvivenza e di quella dei loro figli. Insieme teniamo abbracciata, innalzando verso l’orizzonte ormai infuocato, la sua spada della Verità, illuminata di quella luce bianca di cui solo i Giusti sono dotati.
Troppo facile sarebbe scrivere un banale ricordo dei tanti momenti passati insieme che pur continueranno a condizionare per sempre le nostre vite, arricchendole di saggezza, conoscenza e umiltà. Noi ora abbiamo un compito e una responsabilità da lui stesso affidatici: trasmettere ai giovani le testimonianze che ci ha donato e che continua a trasmetterci, marchiate e sigillate nei nostri spiriti con polvere di stelle. La vitalità feroce, entusiasmante e mai sottomessa che era il tratto distintivo di Giulietto e che più ce l’ha fatto ammirare è la stessa di quei giovani che s’inebriano di passione nella ricerca di risposte perché vogliono cancellare la “mappa del denaro” – così ben descritta dall’ecofisico Luigi Sertorio – che imprigiona il genere umano, la vita, e li costringe a “una somma-zero mortale”. Occorre ora che noi continuiamo a gettare le basi per un nuovo movimento cosciente di popoli, di masse umane e questa è un’impresa che richiede, in primo luogo, un’altra teoria della vita. Il compito politico e scientifico del presente è creare questa teoria perché i giovani la trasformino in realtà, grazie agli insegnamenti di Giulietto Chiesa, forte e limpido come il diamante.
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Giulietto Chiesa, come Ernesto Balducci prima, vedeva come inevitabile il tramonto dell’attuale civiltà ed era teso a una necessaria mutazione antropologica, la cui apparizione, se vivessimo in una mappa diversa da questa in cui viviamo, sarebbe salutata con entusiasmo collettivo, come una festa del sapere, come una palingenesi concettuale, perfino come una liberazione. Invece continuiamo a vivere nel bel mezzo di una crisi che non può essere affrontata mediante gli strumenti cognitivi noti perché siamo di fronte a un salto qualitativo della complessità. Solo una vera e propria mutazione antropologica, pensava Giulietto Chiesa, potrà affrontare, al necessario livello, la soluzione di questioni cruciali che oggi hanno investito simultaneamente tutte le discipline del sapere. La complessità della crisi ha imposto, per essere, prima ancora che risolta, compresa, una diversa idea dell’individuo, del suo rapporto con la Natura, cioè con se stesso, delle relazioni tra la presenza dell’Uomo contemporaneo e la vita dell’ecosistema, e di questo con lo spazio, il cosmo; del significato e della storia delle aggregazioni umane, delle forme della politica, di tutte le attuali conoscenze umane e delle loro interconnessioni. Solo un altro Uomo potrà essere educato, anzi educare se stesso, a un’altra vita: incomparabile con la nostra attuale. A Giulietto Chiesa appariva evidente che questa nostra vita sarebbe stato impossibile mantenerla nel contesto dello spreco, della violenza, dell’egoismo, del disordine, della sopraffazione, della guerra che essa sta producendo. E noi ne siamo consapevoli, grazie a lui: sappiamo che l’era tecnologica energivora alimentata da riserva fossile è destinata a finire perché ciò che non fa ciclo tende presto o tardi all’immobilità. La sentenza finale di Giulietto Chiesa è di una icasticità impressionante: “L’equazione PIL = Energia è l’equazione della caducità o della follia”. E noi, ci spiegava, viviamo all’interno di costruzioni politiche, economiche che pencolano sull’orlo della follia proprio perché escludono la Natura dai loro calcoli, prettamente finanziari. Ora dobbiamo comprendere che tutte le costruzioni di cui sopra saranno spazzate via nella fase in cui comincerà a terminare il transiente anomalo a cui l’uomo si è adattato deformandosi mentalmente e spiritualmente.
A noi spetta il compito di richiamare tutti i giorni i nostri figli all’umiltà. Dobbiamo ragionare lasciando da parte tutte le centralità in cui come pregiudizi siamo imprigionati: a cominciare dalla centralità dell’Uomo rispetto alla Natura. Una centralità del tutto arbitrariamente definita, insensata, presuntuosa, fonte di catastrofe. L’obiettivo che noi ora ci poniamo, grazie a Giulietto Chiesa, è immenso e senza precedenti: è quello di preparare il mondo a una nuova era, con i suoi libri tra le mani e dinanzi agli occhi, mai stanchi di quello che leggono perché consci che le mani congiunte ai cuori trasformeranno tutto ciò in nuova vita. Il mondo che abbiamo alle spalle è insopportabilmente diseguale. I padroni universali, la grande finanza ormai dominatrice, sono ormai essi stessi incapaci di fermare le derive distruttrici che hanno evocato e che travolgeranno anche le loro povere capacità di comprensione. La guerra, proseguendo nella attuale direzione, è il più probabile degli esiti possibili. Essa, nella sua natura ibrida, è immanente. La tecnologia, che la domina, sarà strumento di sterminio di popoli. I concetti portanti del vivere umano, quelli della sacralità e della gratuità della vita, quello della giustizia, della libertà comune, della democrazia, o sono stati demoliti, oppure hanno perduto ogni significato. Le istituzioni che sorsero per realizzarli o amministrarli, sono ormai obsolete. Si dovrà crearne di nuove, che rispecchino i nuovi equilibri che la Transizione sta sostituendo agli antichi, abbattendo le resistenze dell’inerzia del Potere. Si renderà necessario anche costruire una nuova mappa di linguaggi, poiché perfino il vocabolario che esprimeva quei concetti è ormai interamente in mano di chi vuole solo dominare e appropriarsi del bene comune per farlo proprio. L’educazione a pensare delle nuove generazioni sarà una delle leve centrali di ogni trasformazione positiva e creatrice. S’imporranno nuove norme giuridiche, che fissino i nuovi rapporti a garanzia della giustizia e della sopravvivenza. Come, ad esempio, quella che proibisce la violazione dei cicli naturali; come l’affermazione del diritto di accesso alla biosfera; come il divieto assoluto della privatizzazione del flusso solare.
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Grazie Giulietto. Insieme a te reimpostiamo e riscriviamo il racconto dell’ecosistema. Questo dobbiamo a te, come alla Madre Terra. E per fare questo auguriamo a Te e a noi, tuoi allievi, come da ultimo ci hai detto, “un altro buon giro intorno al Sole, insieme a quella metà del Cielo che ci ha portato in questo mondo e alla cui bellezza ci inchiniamo, grati.”
Tratto da: Antimafiaduemila
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