Filippo Graviano la pensa come certi avvocati: Di Matteo e Giletti hanno rotto

Filippo Graviano la pensa come certi avvocati: Di Matteo e Giletti hanno rotto

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Tempo di lettura: 2 min

di Saverio Lodato
Filippo Graviano, stragista della più bella acqua, mestatore che tiene in serbo i suoi segreti, distillandoli a spizzichi e bocconi quando gli torna utile: “Quel Massimo Giletti e quel Nino Di Matteo stanno scassando la minchia”.
Legittimo punto di vista garantista, a usare il metro di certi avvocati che recentemente non hanno fatto mistero di non aver gradito le puntate di Non è L’Arena, condotta, per l’appunto, dal Giletti. Hanno perfino scritto lettere di protesta in tal senso, spingendosi a chiederne l’acquisizione nel dibattimento del processo di secondo grado per la Trattativa Stato-Mafia, in corso a Palermo. Tutto fa brodo per certi penalisti, anche correre il rischio del ridicolo.
Furono infatti puntate, quelle di Non è L’Arena – lo ricordiamo per inciso – che ebbero il merito indiscutibile di scoperchiare, di fronte all’opinione pubblica italiana, la cloaca nascosta.

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Ci riferiamo all’esodo di centinaia e centinaia di mafiosi, d’ogni calibro e misura, dal carcere a casa loro. Esodo che si stava svolgendo alla chetichella, con carte in regola, timbri e date al posto giusto. Giletti – e come si fa a non riconoscerlo? – ci tirò su una mezza dozzina di puntate, che La7 non si sognò di censurare.
Scelta coraggiosa, non richiesta, di chi – e ce ne rendemmo conto subito – rischiava di tirarsi dietro guai gratis.

Come se non bastasse, una parola tira l’altra, saltò fuori persino la vicenda Bonafede-Di Matteo, e del benservito a Di Matteo che in meno di 24 ore si ritrovò a capo del Dap, mentre invece poi non se ne fece nulla.
Ne scaturì un bel temporale istituzionale, con tanto di dibattito parlamentare, richiesta di dimissioni del Bonafede, numeri da teatrino di Matteo Renzi, audizioni della commissione antimafia. Ma il Bonafede dov’era è rimasto.
Sentiamo ancora Graviano, riferendosi sempre al Giletti e al Di Matteo: “Il ministro fa il suo lavoro e loro rompono il c…”.
In altre parole, Graviano è un Uomo dello Stato-Mafia, o, se si preferisce, della Mafia-Stato. Ed è un estimatore del lavoro del guardasigilli.
Sta con Bonafede, non con Di Matteo o con Giletti. Verrebbe da dire che il vecchio volpone stragista sa fiutare il vento, continua a giocare a scacchi la sua partita, stando però dalla parte giusta.
Un’ultima annotazione: apprendiamo di queste intercettazioni, realizzate in carcere dagli agenti della penitenziaria del Gom, grazie alla pubblicazione del libro “U Siccu” – dedicato alla figura di Matteo Messina Denaro – , di Lirio Abbate; pubblicato da Rizzoli.
Segno dei tempi: siccome i giornali hanno messo al bando le notizie, bisogna scriverci un libro, se si vuole che qualcosa arrivi all’opinione pubblica.
O farci una mezza dozzina di puntate televisive, come ha fatto Giletti.
Tanto poi ci pensano gli esponenti politici a spiegarci che la lotta alla mafia in Italia non è mai stata così radicale e in ottima salute.

Tratto da: Antimafiaduemila

Italia