(…) “Le segnalazioni delle scorse ore di famiglie bresciane, spaventate dall’ipotesi di conoscere una verità diversa rispetto a quanto detto loro in occasioni dei decessi avvenuti nella primavera segnata dal Coronavirus, diventeranno a breve esposti sui quali la Procura proverà a fare chiarezza.
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Nel frattempo non ci sono altre morti sospette oltre a quelle finite nel fascicolo di indagine condotta dal sostituto procuratore Federica Ceschi ma in realtà c’è un aspetto non secondario e che comunque può complicare eventuali nuovi accertamenti. La maggior parte delle vittime Covid della prima fase della pandemia sono state cremate e quindi la riesumazione in chiave autopsia alla ricerca nei tessuti e negli organi della possibile presenza di famaci incriminati, è impossibile”.
Ma c’è un altro particolare sul quale chi indaga vuole vederci chiaro e sul quale viene mantenuto il più stretto riserbo. Gli ordini del farmaco Midarine – nome commerciale della succinilcolina – che sarebbero aumentati in modo anomalo. «Un dato oggettivo» scrive il gip Angela Corvi nella sua ordinanza di custodia cautelare. «Come si legge nella nota del 14 novembre 2020 dai Nas di Brescia le verifiche presso la farmacia del presidio di Montichiari hanno permesso di appurare che, tra i mesi di gennaio ed aprile 2020, gli ordini di succinilcolina aumentavano del 70%. Mentre del 100% quelle di Propofol. E ciò – aggiunge il gip – senza che constino ragioni oggettive circa l’incremento della necessità di utilizzo di un preparato che trova impiego solo ed esclusivamente nelle procedure preliminari alle manovre di intubazione».
Il giudice nella sua ricostruzione spiega che «come risulta dalla interrogazione alla Direzione Medica dei Presidio, nel semestre novembre 2019-aprile 2020, presso il Pronto soccorso di Montichiari si effettuavano soltanto cinque intubazioni, tre delle quali nel periodo Covid». Dove sono finite le dosi di Midarine ordinate? Come sono state impiegate? Domande alle quali gli inquirenti stanno provando a dare risposte.
Per il gip «il contenimento numerico dei casi di intubazione oro-tracheale che certamente mal si concilia con l’improvvisa impennata degli ordinativi di farmaci specificamente riservati a tale procedura presso il Pronto soccorso, avvalla l’ipotesi di un utilizzo “abnorme” dei medesimi». Stando agli atti di indagine poi «le testimonianze raccolte consentivano di appurare che gran parte del personale era a conoscenza dell’utilizzo “improprio” e “disinvolto” – ossia al di fuori delle operazioni di preparazione e supporto delle intubazioni – che dei farmaci citati aveva fatto il primario Mosca nel periodo di emergenza».
Fonte: GiornalediBrescia, pagina facebook di Giorgio Bianchi
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