di Giuseppe Masala
Parliamoci chiaro, la conferenza bilaterale tra Merkel e Macron di ieri è una nettissima sconfitta per chi nobilmente professa una maggior integrazione europea. Siamo passati dai 2000 miliardi di euro di Recovery Plan, a 1500 miliardi, ai successivi 1000 miliardi di una settimana fa. Due giorni fa le voci raccolte dai giornalisti parlavano di un piano da 800 miliardi e infine oggi il grande annuncio: 500 miliardi all’interno del bilancio Eu e dunque si tratta di un intervento pluriennale spalmato su ben ventisette paesi per oltre trecento milioni di persone. Troppo poco e troppo tardi. Non solo; non sono previste risorse a fondo perduto, dunque si tratterà di fondi aggiuntivi al bilancio e che andranno restituiti dal beneficiario con uno stringente piano di rientro.
Non finisce qui con le brutte notizie. Non si tratta di fondi che verranno elargiti ai paesi più colpiti ma alle regioni e ai settori più colpiti. Una formula vaga ma che è facile immaginare sovvenzionerà in maniera molto forte quei settori quali l’automobile (pensiamo a Volkswagen) e le compagnie aeree (pensiamo a Lufthansa) tali da compensare i maggiori esborsi che riguarderanno le regioni più colpite che si trovano nei paesi deboli (Italia e Spagna soprattutto). Dunque verrà rispettata sostanzialmente anche la regola aurea dell’Unione Europea: verrà restituito un ammontare il più vicino possibile a quanto si è finanziato (e garantito se previsto). Dunque siamo di fronte ad un nulla di fatto. Anzi, ad una mera partita di giro che non risolve (al di là della esiguità della cifra) il problema macroeconomico di fondo che è come correggere l’asimmetria all’interno dell’Eu tra paesi con margini fiscali e paesi privi di questi margini. Questa dovrebbe essere la filosofia di un Recovery Fund: che salvataggio è quello che prevede proporzionalità negli aiuti tra chi sta annegando in mare e chi è spaparanzato sullo sdraio di uno yacht?
E’ chiaro che Merkel e Macron sanno perfettamente di aver presentato oggi un bluff. Ma allora cosa succede in realtà in Europa?
Ci aiuta a capire una intervista, pubblicata ieri su El Pais, al membro irlandese del Board della Bce Philip R. Lane. Il punto saliente sta a mio avviso in questo passaggio:<<Se riteniamo che le condizioni finanziarie siano troppo strette o che la pressione sui singoli mercati obbligazionari non rifletta i fondamentali economici, possiamo adattare le dimensioni o la durata dei nostri acquisti>>. Dunque la maggioranza del Board della Bce ormai coagulata attorno alla Francia (e che vede la Germania con i falchi del Nord all’opposizione) sono risoluti a porre in essere altre misure asimmetriche per evitare che si aprano gli spread tra titoli sovrani dei vari paesi dell’Euro. Questo significa che la Lagarde non prende in minima considerazione il Dictat della Corte Costituzionale di Karlsruhe e che anzi è pronta a fare l’esatto contrario di ciò che vorrebbero i giudici costituzionali tedeschi. Una posizione che è una vera e propria dichiarazione di guerra verso la Germania e che, qualora si realizzasse, non potrebbe portare che all’uscita della Bundesbank dai programmi monetari della Bce con tutte le gravi conseguenze del caso. Non esclusa la fine della moneta unica. Anzi diciamolo chiaramente, l’uscita della Bundesbank dalle operazioni di Qe della Bce sarebbe la premessa monetaria all’annuncio politico dell’evento.
Non a caso, sempre su El Pais, di due giorni fa in una intervista il presidente francese Macron evocava “lo spirito della Resistenza di De Gaulle” che come tutti sanno era proprio verso l’invasore tedesco. Anche questo è emblematico di quello che realmente sta accadendo.
Tratto da: L’Antidiplomatico