Di Paolo Desogus (Professore associato di letteratura italiana contemporanea alla Sorbonne Université)
Mi pare che sia abbastanza evidente che, salvo rari casi, la difesa dei diritti umani sia ormai soprattutto un’estensione dei conflitti geopolitici da usare contro i nemici allo scopo di dare una patina di rispettabilità ad azioni militari e politiche altrimenti ingiustificabili.
Il caso di Israele nei confronti dei palestinesi mi pare che però superi questo livello di ipocrisia. Nemmeno la più cinica delle manovre geopolitiche permette di spiegare la violenza contro questo popolo costretto a un’apartheid violenta e meschina.
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La repressione, i diritti calpestati, l’occupazione abusiva delle terre sembrano ormai far parte dell’identità dello stato israeliano, evidentemente nato male, nato nella sopraffazione e nel ricatto morale verso una comunità internazionale sostanzialmente complice: ricatto che autorizza un popolo a esercitare un diritto speciale di violenza del tutto inaccettabile, da qualsiasi punto di vista.
Nessuno chiede ad Israele di smettere di esistere, ma di abbandonare questa sua radice che inquina il paese e le sue fondamenta.
Mi sembra il minimo.
Tratto da: L’Antidiplomatico
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