Il consigliere togato: “Voglia di vendetta nei confronti di quei giudici che hanno portato alla sbarra il Potere”
Di Luca Grossi
Il magistrato Nino Di Matteo in una intervista pubblicata oggi sul ‘Il Fatto Quotidiano’ a firma di Giuseppe Pipitone, è stato netto: la riforma del Csm e dell’ordinamento giudiziario a firma Cartabia è da una parte “inutile” e da un’altra è “dannosa e pericolosa”. Infatti, secondo il magistrato, non è diretta ad “incidere sui grandi mali della giustizia, ma a ridimensionare il ruolo del magistrato e renderlo servente nei confronti degli altri poteri dello Stato”. L’impianto normativo presentato nel testo risponde ad “una voglia di vendetta nei confronti di quella parte della magistratura che è stata capace di portare a processo la politica, la grande finanza, le grandi deviazioni dello Stato”.
Secondo Di Matteo la parte “inutile” è quella riguardante il sistema elettorale del Csm.
Una norma “gattopardesca”, ha detto. “Si dice di voler combattere la patologia dello strapotere delle correnti e invece non si combatte nulla. Anzi da un certo punto di vista si potenzia il sistema delle correnti, che evidentemente fa comodo a tutti, anche alla politica”. Infatti nel sistema presentato saranno sempre “i capi delle correnti a designare chi si candiderà al consiglio. Continueranno a sapere quattro anni prima chi sarà candidato alle elezioni”.
La parte “dannosa” invece riguarda soprattutto “la norma sul fascicolo del rendimento del magistrato. O quella sulla partecipazione degli avvocati ai pareri sulla professionalità dei giudici. Sono norme dannose perché provocheranno una ulteriore burocratizzazione della magistratura e una fortissima gerarchizzazione all’interno degli uffici. Renderanno i magistrati attenti a una sorta di giurisdizione che definirei difensiva”. Nel pratico “i magistrati saranno più attenti ai numeri, alle statistiche, al gradimento degli avvocati piuttosto che a rendere giustizia. E dunque – ha detto Di Matteo al ‘Fatto Quotidiano’’ – “non affronteranno inchieste complesse, diventeranno sempre più impauriti e più soggetti a interferenze esterne”.
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E poi ancora “Il pm sarà disincentivato a condurre indagini che portano alla celebrazione di processi il cui esito non è scontato. Il pm perfetto sarà quello che si limiterà a esercitare l’azione penale nei casi di assoluta evidenza della prova, magari solo nei casi di flagranza del reato o confessione del reo”. Questo nuovo impianto normativo, in soldoni, incentrato sulla logica delle ‘carte a posto’, rimodellerà il modo operativo dei magistrati i quali, de facto, andranno a processo solo “se ho la fotografia dell’indagato che ha fatto la rapina in banca”. Ma “se ho solo indizi, anche se sono gravi e precisi, il processo non lo faccio perché so che c’è il rischio di un’assoluzione”. Il testo, come ha ricordato Giuseppe Pipitone, prevede che sia possibile un solo passaggio di funzione tra requirenti e giudicanti. Una camuffata separazione delle carriere, storica bandiera di Forza Italia. “Esattamente – ha detto il magistrato – È incredibile che quel disegno si stia realizzando in un momento in cui al governo non c’è solo il centrodestra, ma una coalizione che arriva fino al Pd e ai 5Stelle, partiti e movimenti che avevano fatto del contrasto a questo tipo di riforme un loro cavallo di battaglia politica”. La magistratura in questi giorni ha risposto al progetto di riforma chiedendo all’Anm di proclamare lo sciopero generale.
Di Matteo si è dichiarato contrario a questa iniziativa per il fatto che “i cittadini non capirebbero. Oggi anche per nostro demerito, e mi riferisco agli scandali che riguardano il Csm, la magistratura ha perso credibilità. Lo sciopero sarebbe scambiato per un tentativo di tutelare interessi di casta. Per questo ci tengo a dire una cosa: quello che io denuncio su questa riforma non lo denuncio nell’interesse della cosiddetta casta dei magistrati ma nell’interesse dei cittadini che hanno il diritto a una magistratura uguale per tutti. Non una magistratura di chi vuole agire con la vecchia logica delle carte a posto, severa e rigorosa nei confronti dei criminali da strada e ossequiosa quando si tratta di crimini dei colletti bianchi”. “Al di là delle graduatorie quello che mi sento di dire è che ai tempi dei governi Berlusconi la magistratura si compattò per denunciare il pericolo di alcune norme. Oggi, dopo molti anni, mi sembra che l’effetto delle riforme Cartabia sia stato quello di compattare di nuovo la magistratura”.
Tratto da: Antimafiaduemila, Ilfattoquotidiano
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