Di Karim El Sadi
Tratto da: Antimafiaduemila
“Non guardo le critiche di un giornale. Vediamolo lavorare e ne riparliamo”. Ma su Renoldi perplessità anche da magistrati e colleghi di governo
Sgomita e borbotta Marta Cartabia. Le opposizioni alla nomina, da lei promossa e tanto caldeggiata del giudice Carlo Renoldi alla guida del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria) dopo le dimissioni anticipate di Bernardo Petralia, la turbano. Non si sarebbe mai aspettata disattese, lei che siede proprio nel governo delle “larghe intese”, detto anche “dei migliori”. Eppure giornali e sindacati di polizia, prima, e parlamentari, poi, hanno sollevato non poche perplessità su questa nomina, sventolando, persino da Camera e Senato la bandiera, quasi sempre a mezz’asta, della questione morale e dell’inadeguatezza. Il motivo? Lo ha scritto su queste colonne il nostro direttore qualche giorno fa: Renoldi, giudice in Cassazione e in passato magistrato di sorveglianza “è intervenuto più volte guardando con favore alla doppia decisione della Corte costituzionale sull’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario (l’ergastolo ostativo, ndr), in cui si vieta di liberare i boss stragisti ed i terroristi condannati all’ergastolo, se non collaborano con la giustizia, e quella sulla possibilità per i boss di accedere a permessi premio, dichiarandone di fatto l’incostituzionalità”.
A poco sono bastate le rassicurazioni dello stesso candidato al Dap, contenute in una lettera spedita alla ministra, in cui afferma di non aver “mai messo in dubbio la necessità del 41bis contro la mafia”. La sua natura garantista dura e pura inquieta e, non poco, chi ancora è sensibile al delicato tema della lotta alle mafie nonostante le attuali e preoccupanti circostanze geopolitiche in Est Europa e i colpi di spugna della memoria antimafia tentati da politicanti e da certi giornalisti. Appellandosi all’”Illustrissima Signora Ministra”, come si legge nella prime righe della missiva, il giudice Renoldi cerca quindi di rinsavire, dopo le sue vecchie uscite poco rassicuranti sul 41bis, che potrebbe essere chiamato ad amministrare a breve, non appena si esprimerà il Consiglio dei Ministri dopo il via libera ottenuto al Csm (solo 3 gli astenuti e 1 contrario). E la ministra, quest’oggi, è anche corsa in soccorso del suo candidato: “Vediamolo lavorare, dopo ne riparliamo”, ha affermato calmando le acque. “Vedremo se è una persona che corrisponde a quell’immagine che è stata data, diciamo così, dipinta in alcune visioni mediatiche oppure se ha le credenziali per cui mi sono sentita di proporlo come capo della polizia penitenziaria, oltre che capo del Dap”. E ancora. “Non mi affido alle opinioni espresse da un giornale, come mi ha chiesto un sindacato della polizia penitenziaria”. La Cartabia, dunque, chiede a chi la critica di aspettare, di vedere all’opera Renoldi, e poi, se fosse, criticarlo. Ma la Cartabia, nel corso dell’audizione davanti alla Commissione Giustizia del Senato, ha inoltre fatto capire espressamente di non affidarsi alle opinioni di un giornale. Posizione legittima, la sua, se non fosse che questa sua diffidenza non riguarda solo certa stampa ma anche politici come il 5S Mario Perantoni (M5S), presidente della Commissione Giustizia alla Camera e il leghista, Jacopo Morrone, ex sottosegretario alla Giustizia, che formano parte del suo governo; parenti delle vittime di mafia, come Salvatore Borsellino o Maria Falcone; e magistrati antimafia – che per un ministro della giustizia è tutto un dire – come Nino Di Matteo e Sebastiano Ardita, membri del Consiglio Superiore della Magistratura (Ardita persino ex dirigente dell’ufficio detenuti presso il Dap).
Tutti aventi le stesse perplessità e rimostranze del famoso “giornale”, presuntamente Il Fatto Quotidiano. E tutte voci che la ministra sembra non voler ascoltare né affidarsi. Con questa mossa, oltre a dimostrare poca scaltrezza e fiuto politico, la Cartabia pare intenda continuare ad osservare alla lettera la propria agenda politica per via Arenula, redatta su un’inesperienza sul campo in tema di sistema magistratura e sistema penitenziario (si veda la riforma abominevole della Giustizia o dell’ergastolo ostativo). Una “cocciutaggine” politica che sta mettendo a repentaglio normative vitali dell’antimafia costate sacrifici immani (e umani) di magistrati e addetti ai lavori: un bel modo per apprestarsi a commemorare i trent’anni dalle bombe di mafia.
Tratto da: Antimafiaduemila
Dap: Lega e M5S contro Cartabia per la nomina del giudice che vuole allentare il 41bis