Caso Regeni I pm romani: “intorno a lui stretta una ragnatela tessuta dagli apparati dei servizi egiziani”

Caso Regeni I pm romani: “intorno a lui stretta una ragnatela tessuta dagli apparati dei servizi egiziani”

Spread the love
Tempo di lettura: 3 min

E’ a dir poco sconcertante il quadro che emerge dalla ricostruzione dell’omicidio di Giulio Regeni fatta qualche ora fa dal procuratore Michele Prestipino e il pm Sergio Colaiocco ascoltati dalla commissione d’inchiesta sull’uccisione dello studente universitario. Secondo i pm Regeni è stato vittima di una tortura a più fasi e durata alcuni giorni, nel corso dei quali gli sono state fratturate varie ossa del corpo a colpi di bastonate, incluso quello del collo che ha causato la morte del ragazzo. Le risultanze dell’autopsia parlano chiaro. “Le torture sono avvenute a più riprese, tra il 25 e il 31 gennaio – ha spiegato Colaiocco – l’esame della salma depone per una violenta azione su varie parti del corpo. I medici legali hanno riscontrato varie fratture e ferite compatibili con colpi sferrati con calci, pugni, bastoni e mazze. Giulio è morto, presumibilmente il 1 febbraio, per la rottura dell’osso del collo“.
A seguito della morte del ricercatore le autorità egiziane hanno posto in essere “ben quattro tentativi di depistaggio”. Intorno a Giulio, hanno rivelato i procuratori, “è stata stretta una ragnatela dalla National security egiziana già dall’ottobre prima del rapimento e omicidio. Una ragnatela in cui gli apparati si sono serviti delle persone più vicine a Giulio al Cairo tra cui il suo coinquilino avvocato, il sindacalista degli ambulanti e Noura Whaby, la sua amica che lo aiutava nelle traduzioni“. “Non faremo sconti a nessuno e andremo fino in fondo” ha assicurato il presidente della commissione d’inchiesta Erasmo Palazzotto. “Abbiamo iniziato i lavori con l’audizione della procura di Roma, riconoscendo il prezioso lavoro fatto in questi anni, utilizzeremo tutti gli strumenti che abbiamo a disposizione per contribuire in modo determinante alla ricerca della verità“.

Insabbiamenti
A seguito della morte del giovane i pm hanno riscontrato un “immediato” sistema di insabbiamento dei fatti con la fabbricazione di “falsi per depistare le indagini”. “In primis – hanno sottolineato i pm – l’autopsia svolta al Cairo che fa ritenere il decesso legato a traumi compatibili con un incidente stradale. Altro depistaggio è stato quello di collegare la morte di Giulio a un movente sessuale: Regeni viene fatto ritrovare nudo“. Il pm di piazzale Clodio ha aggiunto che “esistono altri due rilevanti tentativi di sviare le indagini. “Il primo alla vigilia della nostra trasferta del 14 marzo del 2016. Due giorni prima un ingegnere parla alla tv egiziana raccontando di avere visto Regeni litigare con una persona straniera non lontano dal consolato italiano e fissa alle 17 del 24 gennaio l’evento. E’ tuttavia emerso che il racconto è falso e ciò è dimostrato dal traffico telefonico dell’ingegnere che lo colloca a chilometri di distanza dal nostro consolato sia dal fatto che Giulio a quell’ora stava guardando un film su internet a casa“. Successivamente “il soggetto che ha messo in atto il tentativo di depistaggio ha ammesso di avere ricevuto quelle istruzioni da un ufficiale della Sicurezza nazionale che faceva parte, tra l’altro, del team investigativo congiunto italo egiziano. Un depistaggio voluto per tutelare – ha raccontato l’ingegnere – l’immagine dell’Egitto e incolpare stranieri per la morte di Regeni. Su questo episodio non ci risulta che la Procura del Cairo abbia mai incriminato nessuno. Il quarto tentativo di depistaggio è legato all’uccisione di cinque soggetti appartenenti a una banda criminale morti nel corso di uno scontro a fuoco. Per gli inquirenti egiziani erano stati loro gli autori dell’omicidio”.

Risultanze
Il procuratore Prestipino ha affermato di aver riscontrato “difficoltà nel coordinare la nostra attività giudiziaria con l’iniziativa giudiziaria dell’Egitto anche perché tra i due Paesi non ci sono accordi di cooperazione giudiziaria”. Ciononostante, ha aggiunto, “posso affermare che abbiamo raggiunto fin qui risultati estremamente positivi. Siamo riusciti grazie alla straordinaria capacità dei nostri reparti investigativi, Sco e Ros, a ricostruire il perimetro di quanto accaduto in quel lasso temporale”. Prestipino ha detto inoltre che ”siamo riusciti a ricostruire il contesto dell’omicidio, i giorni precedenti al sequestro, l’attività degli apparati egiziani nei confronti di Giulio culminata col sequestro, riuscendo a sgomberare il campo da ipotesi fantasiose sul sequestro, dall’attività spionistica alla rapina. Ipotesi messe definitivamente da parte. Abbiamo individuato soggetti indiziati che per questo sono stati iscritti nel registro degli indagati”.

La fiducia della famiglia nei pm
I famigliari del ricercatore friulano hanno voluto ringraziare il grande lavoro degli inquirenti. “Oggi per la prima volta – hanno fatto sapere – i nostri procuratori hanno potuto rendere pubblici gli sforzi e i risultati del loro lavoro e da oggi chiunque in Egitto e in Italia sa che la nostra fiducia in loro è ben riposta. Il loro e il nostro lavoro di indagine va sostenuto con decisione e onestà dalla nostra politica e da qualsiasi istituzione europea che si professi democratica. Pretendere, senza ulteriori dilazioni né distrazioni, verità per Giulio e per tutti noi è un dovere e un diritto inderogabile. Confidiamo che la commissione d’inchiesta sappia sostenere con umiltà, rispetto e intelligenza il lavoro della nostra magistratura e della nostra legale”.

Fonte: Antimafiaduemila.com

Cronaca Italia Mondo