“Il clan Casamonica non è un’associazione mafiosa che fa uso generalizzato delle armi da fuoco o della violenza fisica (che viene utilizzata solo per difendersi da minacce esterne, ovvero per ‘sollecitare’ il pagamento dei debiti usurari), ma è un sodalizio che esercita il suo predominio sfruttando la fama criminale conquistata negli anni dall’intera rete familiare, ottenendo – grazie alla condizione di assoggettamento e di intimidazione della popolazione – prestazioni contrattuali non retribuite, servizi e pratiche non consentite (come avvenuto in occasione del funerale di Vittorio Casamonica) e, in generale, trattamenti di favore”. Sono queste le parole scritte nelle motivazioni della sentenza del Tribunale di Roma che lo scorso luglio ha emesso nove condanne in abbreviato nei confronti di alcuni soggetti legati al clan Casamonica con pene fino a dieci anni. La sentenza del giudice Andrea Fanelli ha confermato nella sua quasi interezza l’impianto accusatorio della Direzione distrettuale antimafia di Roma in merito all’associazione a delinquere di stampo mafioso. A sostenere l’accusa in aula il pm Edoardo De Santis. Al processo abbreviato dello scorso 16 luglio sono stati condannati Guerrino Casamonica detto Pelè a 10 anni e due mesi di reclusione, Cristian Casamonica a 8 anni, Sonia Casamonica a 7 anni, Dora Casamonica, 2 anni e 8 mesi, Manolo D’Aguanno, 3 anni e due mesi, 2 anni e 8 mesi per Anna Di Silvio, Danilo Menunno 3 anni e sei mesi. Daniele Pace, invece, 6 anni mentre la sua compagna, Vanessa Manzo, è stata assolta.
“L’attività prevalente del clan è l’usura – ha scritto il giudice Fanelli nella sentenza – che, però, viene praticata in modalità tali da ridurre quasi sempre il debitore ad uno stato di assoggettamento tipico delle consorterie mafiose: alla vittima, invero, non è consentito restituire il capitale a rate ma soltanto in un’unica soluzione, evidentemente, non può avvenire a breve distanza dall’elargizione del prestito (atteso che normalmente le vittime di usura chiedono denaro ai loro aguzzini proprio perché versano in condizioni economiche disperate) – la corresponsione degli interessi usurari dura anche anni. Ne discende una condizione di sudditanza del debitore – che tra l’altro subisce violenze ove non rispetti le scadenze mensili – la quale va ad aggiungersi alla generale condizione di intimidazione e di omertà che il clan Casamonica suscita, a prescindere dai rapporti usurari, nelle persone gravitanti nel territorio di riferimento del sodalizio”. ”Il clan Casamonica, anche agli occhi della cittadinanza, si presenta come una comunità ‘autarchica’ ed autosufficiente che si pone in rapporto sostitutivo con l’autorità statale, il che costituisce un’ulteriore tipica connotazione delle associazioni di stampo mafioso”. “Posso con assoluta certezza affermare – si legge fra le testimonianze delle vittime di usura – che chi contrae debiti con i Casamonica, anche dopo aver saldato il dovuto, rimane debitore a vita e ha l’obbligo nei loro confronti di riconoscergli quanto indebitamente richiesto”.
Tratto da: Antimafiaduemila
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