Il 23 marzo scorso, la nave porta-container Ever Given, proveniente dal porto di Tanjun Pelepas in Malaysia e diretta a Rotterdam, si è incagliata diagonalmente, a causa del vento (e di qualche altra causa ancora da definire), lungo il Canale di Suez. Da allora la lotta per liberare la nave non ha prodotto risultati, il Canale è di fatto chiuso e la situazione sembra gravida di conseguenze economiche.
La stessa nave era stata protagonista di un evento simile nel porto di Amburgo nel febbraio del 2019 quando speronò un ferry boat della HADAG, la compagnia di trasporto passeggeri locale che opera sul fiume Elba. Due minuti dopo l’incidente l’autorità portuale chiuse la navigazione lungo il fiume a causa del vento. Quindi diciamo che la nave sembra subire l’effetto di un vento sostenuto. L’ente meteorologico egiziano ha stabilito che il vento che ha caratterizzato la tempesta di sabbia del 23 marzo scorso e che ha causato il sinistro soffiava a circa 50Km/h. L’equipaggio composto da 25 marinai, tutti di provenienza indiana, è a bordo sano e salvo.
La nave è integra, cioè non è nella situazione della Costa Concordia ma va solo disincagliata dal margine del canale.
Ricordiamo che la Ever Given è una delle 11 navi appartenenti alla categoria delle Golden-class cioè le navi porta-container più grandi al mondo. Il vascello è lungo 399,96 metri e largo 58,8 metri. La capacità di carico è di 20.124 TEU (unità di misura di container lunghi 6 metri, pari a 33 metri cubi di volume) per un peso totale, a pieno carico, di 200.000 tonnellate. Insomma non è proprio uno scherzo da spostare.
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A questo si deve aggiungere che anche l’operazione di alleggerimento della nave è complicata, come spiega Sal Mercogliano (uno storico della marina): la prua e la poppa sono appoggiati rispettivamente su un lato e sull’altro del canale mentre la parte centrale della nave è sospesa nel mezzo. Quindi se pure si volesse alleggerire la nave, sarebbe possibile scaricare i container solo vicino alla riva rischiando di sovraccaricare la parte centrale del vascello mettendo di conseguenza a rischio l’integrità strutturale della nave.
Ad occuparsi delle operazioni di salvataggio la ditta olandese Smit ed la Nippon Salvage Co. dato che la nave è di proprietà della Shoei Kisen Kaisha che è una società giapponese, mentre la Evergreen Marine Corporation di Taiwan è la società armatrice.
Dopo un iniziale ottimismo ostentato soprattutto dalle autorità egiziane, che parlavano di soluzione del problema in tre giorni, la società di recupero hanno ammesso che le operazioni per disincagliare la nave saranno laboriose e si parla anche di settimane. La cosa fa la differenza dato che se il blocco realmente dovesse prolungarsi per settimane agli armatori converrebbe circumnavigare l’Africa invece che rimanere in un’attesa indefinita. Nel caso di merci deperibili, come il cibo, la scelta potrebbe essere cruciale.
Sono oramai oltre 200 le navi bloccate in fila all’imbocco del canale e si va dalle porta-container alle petroliere. Il volume di traffico del canale è enorme tanto che da questo punto transita il 12% del commercio mondiale: si stima che lo attraversino 55.000 TEU al giorno oltre a milioni di tonnellate di carburanti. Per cui si calcola che per ogni singola ora di blocco del Canale il danno ammonti a circa 400 milioni di dollari.
Ovviamente al di là del calcolo in questi termini una conseguenza del blocco del canale è, per esempio, il potenziale aumento del prezzo del greggio, dato che il mercato europeo è inondato dal petrolio proveniente dai paesi del golfo che passa attraverso Suez. L’effetto blocco del canale potrebbe essere però mitigato dalla presenza di riserve che non verrebbero compromesse da un rallentamento nelle forniture. Si parla di potenziali danni a lungo termine alla catena dell’approvvigionamento di merci, ma per ora non si tratterebbe di problemi non superabili. Il tutto dipende anche da come verrà gestita l’emergenza e quali saranno i reali tempi per tornare alla normale circolazione del naviglio attraverso il canale.
Tratto da: L’Antidiplomatico