di Jean Georges Almendras
Jair Bolsonaro e Sergio Moro a confronto: processo politico alle porte per il Presidente?
A seguito dalla denuncia presentata dall’ex ministro della Giustizia Sergio Moro, riguardo l’interferenza politica nella Polizia Federale (per proteggere i suoi figli) da parte del Presidente brasiliano Jair Bolsonaro, il Tribunale Supremo Federale del Brasile (STF) ha dato corso alla denuncia, e il giudice Celso de Mello (a cui è stato affidato il caso) ha fissato il termine di 60 giorni affinché la Polizia Federale (PF) chiami a deporre Moro per riferire sulle accuse da lui formulate. Il fatto, di per sé, costituisce l’avvio di un’indagine diretta nei confronti del primo mandatario che potrebbe derivare nell’apertura di un processo contro il Presidente o, viceversa, in un’accusa diretta contro lo stesso Sergio Moro, per falsa testimonianza. Quel che è certo è che ora il Presidente Jair Bolsonaro, finisce nel mirino della giustizia, alimentando una serie di speculazioni, oltre che la divisione del popolo. Una percentuale lo appoggia nella sua gestione di governo e rifiuta il processo giudiziario, mentre un’altra fetta di brasiliani e brasiliane appoggerebbe l’eventualità di un giudizio politico.
Le agenzie internazionali – nelle ultime ore – hanno riferito che, dopo le dimissioni, Sergio Moro ha fatto delle dichiarazioni ai mezzi di comunicazione, principalmente la televisione, rendendo pubblico uno scambio di WhatsApp con Bolsonaro dove il capo di Stato sembra fare delle pressioni per la sostituzione del capo della PF. Secondo la stampa brasiliana, inoltre, l’ex giudice ed ex Ministro di Giustizia sarebbe anche in possesso di registrazioni di discussioni con il Presidente brasiliano.
Il giudice de Mello ha detto alla stampa: “I reati di cui sarebbe apparentemente imputato il Presidente della Repubblica sembrano essere strettamente legati all’esercizio del mandato presidenziale” il che permetterebbe l’avvio delle indagini.
La Giustizia del Brasile ha come principale obbiettivo chiarire se Bolsonaro ha commesso un eventuale reato di falso ideologico, coazione, prevaricazione o ostruzione della Giustizia, tra altri reati.
L’ex ministro della Giustizia, Sergio Moro
In questo contesto sarebbe intervenuto il Pubblico ministero Generale Augusto Aras a cui dovranno essere consegnati gli esiti delle indagini e, nel caso in cui Aras dovesse trovare elementi a sostegno della denuncia formale contro Bolsonaro per reati comuni, dovrà essere compito della Camera di Deputati autorizzare che le indagini siano portate avanti dal STF, che significherebbe l’allontanamento di Bolsonaro dalla carica di Primo Mandatario, semmai, finché non sarà emessa la sentenza.
Se si dovesse arrivare a questo punto, significherebbe in realtà l’”impeachment” (un giudizio politico per ‘crimini di responsabilità’ nell’adempimento delle sue funzioni) che dovrebbe essere approvato dalla Camera di Deputati ma di competenza del Senato, come accadde nel caso di Dilma Rousseff nel 2016.
Da sottolineare che Sergio Moro, uno dei ministri più importanti per il suo ruolo nella mega-operazione anticorruzione denominata “Lava Jato”, presentò le sue dimissioni dopo che Bolsonaro destituì il capo massimo della PF, il massimo organo di investigazione che dipende dal Ministero di Giustizia.
Le imputazioni contro Bolsonaro sono state rese pubbliche; lui avrebbe espresso che poteva scegliere chiunque lui volessi nella polizia affermando enfaticamente che “la nomina è mia, la prerogativa è mia e il giorno che debba sottomettermi a chiunque dei miei subordinati, rinuncio a essere presidente della Repubblica”.
Di contro Sergio Moro ha affermato che Bolsonaro gli avrebbe detto diverse volte che voleva qualcuno di fiducia dentro il corpo di polizia che fosse il “suo contatto personale al quale poter rivolgersi per ottenere delle informazioni, raccogliere dei rapporti di intelligence”.
Di fronte a questa situazione, per l’opinione pubblica brasiliana, il confronto risulta inevitabile. Secondo i media, il 48 percento dei brasiliani respingerebbe il processo con fini di destituzione, mentre un 45 percento lo appoggerebbe. Mentre il restante degli intervistati ha adottato una posizione neutrale, senza pronunciarsi.
Forse Jair Bolsonaro sta vivendo una situazione che mette inevitabilmente in risalto il suo autoritarismo con contorni di criminalità? Una situazione, in qualche modo prevista? Una situazione che riguarda strettamente il profilo di un personaggio che ha seminato “tsunami di malcontento” dal momento stesso in cui approdò alla Presidenza e di incoerenze a diversi livelli? Era da aspettarsi tutta questa situazione con Jair Bolsonaro? Sembrerebbe di sì, ma aspetteremo cosa deciderà la giustizia.
Tratto da: L’Antidiplomatico