Venerdì 17 parlamentari – di cui 15 del gruppo ‘L’Alternativa C’è’ – hanno depositato un esposto alla Procura di Roma, alla Corte dei Conti, al Cipess, alla Ragioneria dello Stato, all’Antitrust e all’Autorità di Regolazione dei Trasporti chiedendo di indagare sulla presenza di possibili danni erariali, profili di illegittimità o reati commessi nel passaggio di Autostrade per l’Italia dalla Atlantia dei Benetton al consorzio guidato da Cassa Depositi e Prestiti cui partecipano i fondi Blackstone e Macquarie.
L’iniziativa dei parlamentari è arrivata a pochi giorni dal terzo anniversario del disastro del Ponte Morandi che è costato la vita a 43 persone il 14 agosto 2018 e la partita finanziaria che rischia di costare cara a milioni di automobilisti nel silenzio generale non si è ancora conclusa. Il governo Conte bis aveva rinunciato a revocare la concessione per il Morandi in cambio dell’uscita di scena di Atlantia e dopo un lungo negoziato, durato un anno e mezzo, a giugno scorso le parti hanno siglato l’accordo: la Cassa di depositi e prestiti e soci hanno valorizzato l’Aspi (Autostrade per l’Italia) per un totale di 9,1 miliardi di euro, quindi 8 miliardi per l’88% della concessionaria in mano ad Atlantia. Inoltre alla società controllata dalla famiglia Benetton andrebbero anche parte degli indennizzi Covid per il calo di traffico del 2020, 300 milioni.
La domanda quindi è legittima: quanto sarebbe costata la strada della revoca? E se fosse costata di meno di 9,1mld? Sempre nell’esposto, i parlamentari infatti chiedono di verificare perché non si è cercata una soluzione migliore che versare 9 miliardi a Benetton e soci.
Secondo i calcoli fatti effettuare dai parlamentari, anche con la maxi-penale prevista dalla concessione assicurata ai Benetton nel 2007 non si sarebbero superati i 7,8 miliardi, cioè meno di quanto si spenderà ora. Senza contare anche le possibili “sanzioni amministrative anche pesanti” inflitte ad Autostrade targate Cdm in caso di condanna nel procedimento del Morandi. Tanto più che l’accordo prevede che Atlantia si accolli solo il 75% delle richieste di danni e fino a un tetto di 459 milioni. Oltre questa cifra, saranno Cdp e soci a pagare. “È ragionevole ritenere che i risarcimenti possano ammontare a cifre ben più elevate, finendo per gravare su Cdp, e quindi sui contribuenti”. Cioè noi.
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Oltretutto rimane da stabilire il Piano economico finanziario (Pef) che fissa il livello di investimenti, manutenzioni e pedaggi di Autostrade nei prossimi anni. Ed è a tal proposito che i parlamentari hanno lanciato l’allarme: il Pef delle Autostrade sotto il controllo Benetton (ossia quello accettato dal ministero delle Infrastrutture a ottobre scorso) è infatti talmente generoso che l’Autorità dei Trasporti lo ha bocciato con delle considerazioni durissime. Secondo l’esposto dei parlamentari, “può esservi il rischio che il ministero sia indotto a valutare positivamente il Pef nonostante sia eccessivamente vantaggioso per il concessionario” e questo per “aumentare il valore delle quote di Aspi” e poi “consentire la remunerazione dell’investimento fatto da Cdp e dai fondi”.
Detto in parole tecniche l’accordo è stato costruito su stime di traffico molto alte ed espedienti tecnici per garantire un aumento tariffario sempre al massimo livello consentito dagli accordi col governo (una crescita dei pedaggi dell’1,75% l’anno, mentre secondo l’Authority dovrebbe essere dello 0,87%). Detto in altre parole: verrebbero garantiti 21 miliardi di utili nei prossimi 18 anni di concessione, corrispondenti ad una redditività altissima, perfino superiore a quella che ha fatto ricchi i Benetton.
Ed il sospetto avanzato dai parlamentari è che la disponibilità a pagare la concessione sarà compensata in futuro con la garanzia di pedaggi salati che pagheranno i cittadini su oltre il 50 per cento di tutta la rete autostradale italiana.
Il Pef al momento non è stato ancora trasmesso al Cipess – (il Comitato per la programmazione economica, presieduto a Palazzo Chigi dal sottosegretario Bruno Tabacci) – ma solo inviato all’Avvocatura dello Stato per un parere. “Il crollo del Morandi, che è costato la vita a 43 persone ha rappresentato, con drammatica iconicità, il fallimento delle privatizzazioni italiane – ha spiegato Mattia Crucioli di ‘Alternativa C’è’ – Nonostante sia chiaro a tutti che quanto è avvenuto a Genova sia frutto della cupidigia del concessionario, il governo è a un passo dal ricompensare con miliardi chi ha tradito la fiducia degli italiani nonché specifici obblighi contrattuali, invece che sanzionarlo rigorosamente. Credo che quanto sta avvenendo sia, oltre che immorale, anche illegittimo”. Proprio ieri, però, il governo ha dato il via libera finale non esercitando il golden power, i poteri speciali per le operazioni strategiche.
Fonte: ilfattoquotidiano.it, Antimafiaduemila
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