L’Impero Americano si autodistrugge

L’Impero Americano si autodistrugge

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Tempo di lettura: 7 min

Articolo di Michael Hudson pubblicato su Michael Hudson blog il 6 marzo 2022.
Traduzione in italiano di Fabio_san per SakerItalia

Ma nessuno pensava che sarebbe accaduto così velocemente.

Gli imperi spesso seguono il corso di una tragedia greca, incontrando proprio il destino che cercavano di evitare. Questo è certamente il caso dell’Impero Americano mentre demolisce sé stesso, non certo al rallentatore.

Il presupposto fondamentale delle previsioni economiche e diplomatiche è che ogni paese agirà nel proprio interesse. Tale ragionamento non è di alcun aiuto nel mondo odierno. Osservatori da tutto lo spettro politico stanno usando frasi come “spararsi sui piedi” per descrivere il confronto diplomatico statunitense contro la Russia e i suoi alleati.

Per più di una generazione i più illustri diplomatici statunitensi hanno messo in guardia su quella che temevano fosse la minaccia esterna finale: un’alleanza fra Russia e Cina che dominasse l’Eurasia. Le sanzioni economiche americane e il confronto militare hanno spinto insieme queste due nazioni, e ne stanno guidando altre nell’emergente orbita euroasiatica.

Ci si aspettava che la potenza economica e finanziaria americana potesse scongiurare questo fato. Durante il mezzo secolo trascorso dall’uscita statunitense dalla parità aurea, le banche centrali del mondo hanno operato con lo standard del dollaro, mantenendo le loro riserve monetarie internazionali sotto forma di buoni del Tesoro statunitensi, depositi bancari statunitensi e azioni e obbligazioni statunitensi. Il risultante Standard dei Buoni del Tesoro Americani ha permesso all’America di finanziare le sue spese militari all’estero e l’acquisizione di investimenti in altri paesi semplicemente creando emissioni in dollari. Il deficit della bilancia dei pagamenti degli Stati Uniti andava a finire, sotto forma di riserve nelle banche centrali delle nazioni con un surplus nei pagamenti, mentre i debitori del Sud Globale avevano bisogno di dollari per pagare i detentori delle loro emissioni denominate in dollari e per condurre i loro scambi commerciali con l’estero.

Questo privilegio monetario, il signoraggio del dollaro, ha reso possibile alla diplomazia degli Stati Uniti di imporre al resto del mondo le politiche neoliberali, senza dover usare tanta della loro forza militare, eccetto che per arraffare il petrolio del Medioriente.

La recente intensificazione delle sanzioni statunitensi, che bloccano Europa, Asia e altre nazioni dal commerciare e dall’investire con Russia, Iran e Cina, ha imposto enormi costi di opportunità, i costi delle opportunità perdute, sugli alleati statunitensi. E la recente confisca dell’oro e delle riserve estere di Venezuela, Afganistan ed ora Russia, mediante la presa mirata dei conti correnti bancari degli stranieri facoltosi (sperando di vincere i loro cuori e menti con il recupero dei loro conti sequestrati), ha decretato la fine dell’idea che le partecipazioni in dollari, o quelle in sterline o euro dei satelliti NATO, fossero un rifugio sicuro per gli investimenti quando le condizioni economiche mondiali diventavano incerte.

Perciò sono alquanto infastidito mentre guardo la velocità con cui questo sistema finanziario a guida statunitense si è de-dollarizzato nell’arco di appena un anno o due. Il tema fondamentale del mio Super Imperialismo [in inglese] era come lo Standard dei Buoni del Tesoro Americani, negli scorsi cinquant’anni, abbia canalizzato i risparmi esteri verso i mercati finanziari e le banche statunitensi, dando una corsa gratis alla Diplomazia del Dollaro. Io pensavo che la fuga dal dollaro sarebbe stata guidata dalle mosse di Russia e Cina per prendere il controllo delle loro economie, in modo da evitare il genere di polarizzazione che sta imponendo l’austerità sugli Stati Uniti. Ma i funzionari statunitensi stanno spingendo quelle nazioni a superare qualsiasi esitazione avessero nei confronti dell’abbandono del dollaro.

Occidente spaccato

Mi aspettavo che la fine dell’economia imperiale del dollaro sarebbe venuta dal distacco di altre nazioni. Ma questo non è ciò che sta accadendo. I diplomatici statunitensi hanno scelto loro stessi di metter fine all’uso internazionale del dollaro, mentre hanno aiutato la Russia a costruire i propri mezzi di produzione agricola e industriale indipendenti. Questo processo di frattura globale sta avvenendo in effetti già da alcuni anni, iniziato con le sanzioni che bloccavano dal commerciare con la Russia gli alleati NATO dell’America  e gli altri suoi satelliti economici. Per la Russia, queste sanzioni hanno avuto lo stesso effetto che avrebbero avuto le tariffe protettive.

La Russia era rimasta troppo ammaliata dall’ideologia del mercato libero per prendere misure di protezione della sua agricoltura o industria. Gli Stati Uniti hanno fornito l’aiuto necessario per imporre l’autosufficienza alla Russia (con le sanzioni). Quando gli Stati Baltici hanno perso il mercato russo per il formaggio o altri prodotto agricoli, la Russia ha sviluppato velocemente il proprio settore dei latticini, mentre stava diventando l’esportatore mondiale di punta per il grano.

La Russia sta scoprendo (o è sul punto di scoprire) di non aver bisogno dei dollari statunitensi per sostenere la quotazione del rublo. La sua banca centrale può creare i rubli necessari a pagare gli stipendi interni e per finanziare la formazione del capitale. Le confische statunitensi possono portare finalmente la Russia a porre fine alla filosofia monetaria neoliberista, come ha suggerito da anni Sergei Glaziev, a favore della MMT [in italiano].

La stessa dinamica che mina gli apparenti obiettivi americani, è avvenuta con le sanzioni contro i miliardari russi. La terapia di shock neoliberale e le privatizzazioni degli anni ’90  avevano lasciato ai cleptocrati russi una sola strada per monetizzare i beni che avevano preso dal pubblico dominio. Era quella di incorporare  i loro introiti e vendere le loro azioni a Londra e New York. I risparmi nazionali erano stati spazzati via, e i consiglieri statunitensi persuasero la banca centrale non creare la propria moneta in rubli.

Il risultato fu che il patrimonio nazionale della Russia in petrolio, gas e minerali non veniva usato per finanziare la razionalizzazione dell’industria russa e del settore immobiliare. Invece che essere investiti per creare in Russia nuovi mezzi di protezione, i ricavi dalle privatizzazioni furono bruciati dai nuovi ricchi nell’acquisto di lussuosi beni immobili britannici, yacht e altri beni globali da fuga di capitali. Ma l’effetto di rendere ostaggi i dollari, sterline e euro dei russi ha reso la City di Londra un posto troppo rischioso in cui tenere i propri beni. Imponendo sanzioni ai ricconi russi vicini a Putin, i funzionari statunitensi speravano di indurli ad opporsi alla sua rottura con l’Occidente,  rendendosi così a tutti gli effetti come agenti di influenza della NATO. Ma per i miliardari russi, il loro paese inizia a sembrare più sicuro.

Per molti degli scorsi decenni, la Federal Reserve e il Tesoro hanno combattuto contro il ritorno dell’oro nelle riserve internazionali. Ma, come vedranno le loro riserve in dollari India e Arabia Saudita mentre Biden e Blinken cercano di indurle con violenza a seguire lo statunitense “ordine basato sulle regole” invece che il loro interesse nazionale? I recenti dettati statunitensi hanno lasciato poche alternative al cominciare a proteggere la propria autonomia politica convertendo in oro le riserve in dollari e euro, un bene libero dal peso di essere tenuto in ostaggio delle richieste statunitensi sempre più costose e dirompenti.

La diplomazia statunitense ha rotto il naso ad un’Europa in abietto asservimento, dicendo ai suoi governi di far dismettere alle loro aziende i beni russi a prezzi stracciati,  dopo il blocco delle riserve estere della Russia e il successivo crollo del rublo. Blackstone, Goldman Sachs e altri investitori statunitensi si sono mossi velocemente per comprare quello che Standard Oil e altre compagnie straniere stavano dismettendo.

Nessuno pensava che l’ordine mondiale del dopoguerra dal 1945 al 2020 avrebbe ceduto così rapidamente. Un ordine economico internazionale veramente nuovo sta emergendo, sebbene non sia ancora chiara la forma che assumerà. Ma il “pungolare l’orso” del confronto degli Stati Uniti/NATO contro la Russia ha fatto passare il livello di massa critica. Non riguarda più soltanto l’Ucraina. Lei è solo un semplice innesco, un catalizzatore per guidare gran parte del mondo fuori dell’orbita Stati Uniti/NATO.

La prossima resa dei conti può avvenire all’interno della stessa Europa. I politici nazionalisti potrebbero cercare di guidare la rottura dall’eccessiva presa di potere che gli Stati Uniti esercitano sui loro alleati, europei e non, nel vano tentativo di tenerli dipendenti dal commercio e investimento a base statunitense. Il prezzo della loro continua obbedienza è quello di imporre costi inflattivi alle loro industrie rinunciando alla propria democratica politica elettorale subordinandosi ai proconsoli della NATO americana.

Queste conseguenze non possono essere realmente considerate “non volute”. Troppi osservatori hanno puntualizzato esattamente cosa sarebbe avvenuto, a partire dal Presidente Putin e il Ministro degli Esteri Lavrov che hanno esplicitato quale sarebbe stata la propria risposta se la NATO insisteva a metterli nell’angolo con l’attacco russofoni dell’Ucraina Orientale e col muovere armi pesanti ai confini occidentali della Russia. Le conseguenze erano state anticipate. I neocon in controllo della politica estera statunitense se ne sono fregati, semplicemente. Riconoscere le loro preoccupazioni bastava per farsi etichettare come amico di Putin.

I burocrati europei non si sentivano scomodi a raccontare al mondo le loro preoccupazioni che Donald Trump era pazzo e stava rivoltando il cesto delle mele della diplomazia internazionale. Ma sembrano essere ciechi nei confronti della rinascita nell’Amministrazione Biden del viscerale odio anti-russo del Segretario di Stato Blinken e di Victoria Nuland-Kagan. I modi di espressione di Trump e le sue stravaganze potevano essere rozzi, ma la banda americana dei neocon ha molte più ossessioni di confronto minacciose globalmente. Per loro, era una questione di quale realtà sarebbe emersa vittoriosa: la “realtà” che credevano di poter plasmare o la realtà economica fuori dal controllo degli Stati Uniti.

Quello che le nazioni estere non hanno fatto da sole, cioè rimpiazzare il FMI, la Banca Mondiale e le altre branche della diplomazia statunitense, i politici americani li stanno costringendo a fare. Invece che il distacco dei paesi europei, mediorientali, del sud del mondo motivato da calcoli propri sui loro interessi economici a lungo termine, è l’America ad allontanarli da sé. Come ha fatto con Russia e Cina. Sempre più politici cercano il sostegno degli elettori domandando loro se non sarebbero serviti meglio da un nuovo accordo monetario che rimpiazzasse il dollaro nel commercio, negli investimenti e perfino nel servizio del debito con l’estero.

La stretta sui prezzi di energia e cibo sta colpendo particolarmente forte le nazioni del Sud Globale, in coincidenza con i loro problemi di Covid-19 e con l’avvicinarsi della scadenza  dei debiti denominati in dollari. Qualcosa deve cedere. Per quanto tempo ancora questi paesi potranno imporre l’austerità per pagare gli stranieri detentori del loro debito?

Come reagiranno le economie statunitensi ed europee nell’affrontare le loro stesse sanzioni contro le importazioni di gas e petrolio, cobalto, alluminio, palladio e altri materiali di base? I diplomatici americani hanno stilato un elenco delle materie prime di cui la loro economia ha un bisogno disperato e che, perciò, sono esentate dalle sanzioni al commercio che vengono imposte. Questo fornisce al signor Putin una comoda lista di punti di pressione da utilizzare per ridisegnare la diplomazia mondiale e, nel mentre, per aiutare le nazioni europee e di altri continenti a staccarsi dalla Cortina di Ferro che l’America ha imposto per bloccare i suoi satelliti in una dipendenza dalle costose forniture statunitensi.

La prima ammissione “preoccupata” degli Usa sui laboratori biologici in Ucraina

Ma il distacco finale dall’avventurismo della NATO deve arrivare dall’interno degli Stati Uniti stessi. Mentre si avvicinano le elezioni di medio termine di quest’anno, i politici  troveranno un terreno fertile nel mostrare agli elettori americani che l’inflazione dei prezzi guidata dalla benzina e dall’energia è un sottoprodotto politico dell’Amministrazione Biden e del suo blocco delle esportazioni russe di petrolio e gas. Il gas è necessario non solo per il riscaldamento e per la produzione di energia, ma anche per produrre fertilizzanti, di cui c’è già ora una carenza mondiale. Questo è esacerbato dal blocco delle esportazioni russe e ucraine, che sta facendo lievitare i prezzi del cibo negli Stati Uniti e in Europa.

Cercare di spingere la Russia a rispondere militarmente, per farla apparire cattiva agli occhi del resto del mondo, si sta rivelando semplicemente un trucco per dimostrare all’Europa la necessità di un maggiore contributo alla NATO, per farle comprare altro equipaggiamento militare statunitense e per farla affondare ancor più nella dipendenza, commerciale e monetaria, dagli Stati Uniti. L’instabilità che questo ha causato sta avendo l’effetto di far apparire gli Stati Uniti minacciosi quanto la Russia.

Articolo di Michael Hudson pubblicato su Michael Hudson blog il 6 marzo 2022
Traduzione in italiano di Fabio_san per SakerItalia

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