Aeronautica e Marina militare: stallo pericoloso

Aeronautica e Marina militare: stallo pericoloso

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Di Armando Fizzarotti

Secondo un’antica novella, «Un asino affamato e assetato è accovacciato esattamente tra due mucchi di fieno con, vicino a ognuno, un secchio d’acqua, ma non c’è niente che lo determini ad andare da una parte piuttosto che dall’altra. Perciò, resta fermo e muore».

Potrebbe seguire il destino di quel quadrupede la capacità operativa della flotta aerea «ad ala fissa» della Marina militare, che nell’Arsenale di Taranto ha già speso una «fiche» da 90 milioni di euro per le modifiche tecniche tese a far operare gli F-35B (la versione a decollo e atterraggio corto e / o verticale) dalla portaerei «Cavour», di base nella «città dei due mari».
La pesante ipoteca, politica, sulle capacità di proiezione della Forza navale è il braccio di ferro con l’Aeronautica militare nell’acquisizione degli F-35B, la versione più cara del cacciabombardiere più costoso della storia.
Riportando i dati del Documento programmatico della Difesa per il triennio 2020-2022, gli F-35B per le forze navali sono destinati a sostituire gli Av-8 Harrier (per la manutenzione dei quali fino al 2024 sono già impegnati 387 milioni) e gli F-35A i cacciabombardieri leggeri Amx e quelli «medio-pesanti», i Tornado, dell’Aeronautica militare (per mantenere in linea questi ultimi fino al 2027 è prevista una spesa complessiva di un miliardo e 300 milioni di euro). Al conto dei lavori in corso aggiungiamo poi i 91 milioni per ristrutturare la base aerea di Ghedi (Brescia), in prospettiva dell’arrivo anche lì degli F-35, affidati con appalto all’impresa «Matarrese» di Bari.

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Se questi sono lavori «ordinari», passiamo all’impegno finanziario per gli F-35 A e B. Il ministero della Difesa ha ordinato alla Lockheed Martin 90 cacciabombardieri: 60 A e 15 B per l’Aeronautica e altri 15 B per la Marina, partendo con un budget di 14 miliardi di euro.

Con la diffusione delle vendite nel mondo, l’industria statunitense è passata da qualche tempo ai «saldi», prevedendo un costo a «pezzo» di circa 80 milioni di euro per ogni F-35A e di un centinaio per ogni F-35B. Al costo di un solo F-35, secondo i calcoli degli esperti di Medicina del sito web «Med4Care», si potrebbero allestire almeno 800 nuovi posti letto dedicati ai Reparti di Rianimazione o acquistare un migliaio di ambulanze nuove di zecca, «materiale» così prezioso in questi mesi di Coronavirus.
Al momento l’Italia ha preso in consegna 15 F-35, di cui 12 F-35A e 3 F-35B.
Lo scorso giugno la Lockheed Martin ha ricevuto dal Pentagono un ordine da 368 milioni di dollari per la consegna di altri 6 F-35 all’Italia, 5 versione A e uno versione B. Si prevede che la consegna si concluda entro giugno 2023 e da un rapido calcolo si desume che il costo medio di ogni velivolo è «sceso» a poco più di 60 milioni di euro.
Con la crisi crescente nel Mediterraneo orientale (Turchia – Grecia) il nostro Paese in ambito Nato ha bisogno di mantenere la «forza di proiezione» assicurata dalla Marina militare, ma i pochi F-35B sono contesi con l’Aeronautica militare, che ne reclama l’uso prioritario. Solo gli F-35B possono operare dalla «Cavour», mentre gli F-35A dalle normali piste terrestri. Fino al 2024 gli F-35B disponibili potranno essere non più di 5. Che senso ha spendere così tanti milioni di euro dei contribuenti dando spazio, almeno in questi primi anni, alle «pretese» dell’Aeronautica militare per un velivolo che al momento risulta inutile per l’Arma Azzurra?

Tratto da: Lagazzettadelmezzogiorno.it

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