Di Francesca Mancuso
Deposito scorie radioattive, nessuno lo vuole. Circa un mese fa, è stata svelata la lista dei luoghi candidati a ospitare i rifiuti radioattivi italiani di bassa e media attività. Come sappiamo, a occuparsene sarà la Sogin, la società statale responsabile dello smantellamento degli impianti nucleari italiani e della gestione e messa in sicurezza dei rifiuti. Ma da Nord a Sud, i Comuni non ci stanno e hanno acceso una vera e propria rivolta.
Scomodi, troppo. I rifiuti radioattivi non piacciono proprio e nessuno riesce a vederli come una risorsa economica. E’ impossibile indorare la pillola: si tratta di scarti provenienti perlopiù dal settore civile e da quello medico e ospedaliero: dalle sostanze radioattive usate per la diagnosi clinica, per le terapie anti tumorali, a tutte quelle attività di medicina nucleare che costituiscono ormai il nostro quotidiano.
Così, dalla Sardegna alla Sicilia, i sindaci si stanno organizzando per scongiurare il rischio che il deposito possa trovare posto nei loro territori, dopo aver lamentato di non essere stati coinvolti né avvisati per tempo.
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In Sardegna si insedia il Comitato tecnico-scientifico per il no
In Sardegna, ad esempio, oggi si è insediato il comitato tecnico-scientifico costituito dalla Giunta regionale sarda che avrà il compito di formulare osservazioni alla proposta della Cnapi, la Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee alla costruzione del deposito nazionale dei rifiuti radioattivi.
“Abbiamo avviato immediatamente un percorso che servirà a dare ancora più forza, con argomentazioni di natura tecnica e scientifica, a una posizione chiara e netta già espressa con gli strumenti della democrazia dalla Sardegna nelle diverse sedi istituzionali e da tutti i sardi con un no unanime e irrevocabile, che non ammette nessuna possibilità di negoziazione, all’ipotesi di localizzare nell’Isola il sito di stoccaggio delle scorie nucleari” sono le parole del presidente della Regione Sardegna, Christian Solinas. “Con l’insediamento del Comitato, e quindi il coinvolgimento di esperti di grande professionalità ed esperienza entriamo ora in una fase strettamente operativa che dovrà essere portata a termine seguendo i tempi brevissimi fissati per la presentazione delle osservazioni alla Cnapi. L’individuazione di ben 14 siti dei 67 censiti in tutta Italia sta già danneggiando le nostre comunità, che stanno vivendo un interminabile periodo di difficoltà, e oggi vedono messe in pericolo le prospettive e le speranze di crescita economica dei propri territori davanti a un atto che frena ogni progetto di sviluppo e rischia di compromettere un patrimonio ambientale e paesaggistico unico e incontaminato”.
Il Comitato tecnico-scientifico formato da rappresentanti di Arpas, l’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente della Sardegna, Università di Cagliari e Sassari, Ordine regionale dei geologi e delle due Soprintendenze Archeologia, Belle Arti e Paesaggio, avrà il compito di inviare le osservazioni alla Cnapi entro 60 giorni dal 5 gennaio 2021, data di pubblicazione della proposta di Carta nazionale delle aree potenzialmente idonee. E si prevede un duro braccio di ferro.
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Qualche settimana fa, anche l’assessore regionale della Difesa dell’ambiente, Gianni Lampis, durante l’assemblea dei sindaci, aveva fatto sentire la propria voce contro il deposito, sostenendo che
“il Governo avrebbe dovuto trovare una sede istituzionale adeguata per confrontarsi con le Regioni su questo tema, come la Conferenza unificata, alla quale partecipano anche i Comuni e le Province- Vorrebbero farci credere che si tratta di un parco tecnologico di 150 ettari, ma in realtà è una struttura con novanta costruzioni di cemento armato sottoterra in grado di ospitare circa 80.000 metri cubi di rifiuti radioattivi”.
Ricordiamo che la Sardegna ha ben 14 aree scelte per ospitare il deposito tra le zone in provincia di Oristano (Siapiccia, Albagiara, Assolo, Usellus, Mogorella, Villa Sant’Antonio, Nuragus, Nurri, Genuri, Setzu, Turri, Pauli Arbarei, Ortacesus, Guasila, Segariu, Villamar, Gergei e altri).
In Sicilia sindaci in rivolta: zone a rischio sismico
Anche la Sicilia non ci sta e si sta mobilitando per impedire che le 4 aree scelte possano finire per ospitare i rifiuti che nessuno vuole. Si tratta di zone che ricadono nelle province di Trapani, Palermo, Caltanissetta (Comuni di Trapani, Calatafimi, Segesta, Castellana, Petralia, Butera).
Nei giorni alcuni tecnici e amministratori siciliani hanno effettuato un sopralluogo a Borgo Vicaretto tra Petralia e Castellana, territori amministrativamente appartenenti a Palermo da cui sono distanti oltre un’ora ma a una manciata di km da Caltanissetta. Secondo i sindaci, si tratta di un’area che ricade in zona sismica 2, quella a maggiore rischio e che rientra nella fascia meno indicata ad ospitare il deposito che dovrebbe accogliere 78.000 metri cubi di rifiuti radioattivi per i prossimi 300 anni.
“Un sopralluogo di due ore per ribadire che Borgo Vicaretto è stato inserito nell’elenco probabilmente in maniera superficiale e non approfondendo la questione, soltanto calcolando dei dati geografici. Il sito non può essere costruito qui innanzitutto perché area sismica 2, dove ogni anno si verificano 3.000 microscosse di intensità tra 1,5 e 2,5 che testimoniano un’intensa attività sismica, premonitrice di un terremoto più pesante. Ci sono altri parametri che però escluderebbero Borgo Vicaretto da essere zona idonea ad ospitare il sito, sono motivi naturalistici ed archeologici, di attività produttive che riguardano il comparto agricolo, cerealicolo, zootecnico e turistico. La vicinanza al Parco delle Madonie (appena 17 chilometri), secondo gruppo montuoso della Sicilia e inserito dal 2009 nella rete mondiale dei geoparchi dall’Unesco. Il parco di Mimiami, i tesori della Rupe e il lago Sfondato a Marianopoli considerati beni naturalistici. Dal punto di vista turistico per la Via dei Frati che è entrata a far parte delle realtà Associative Siciliane e Nazionali quali la Rete delle Vie Sacre di Sicilia e dei Cammini del Sud” si legge su LaSicilia.
Puglia, i tecnici al lavoro sulle osservazioni
Anche la Puglia si sta organizzando per supportare i Comuni interessati dal deposito. L’Anci ha fatto sapere di essere pronta a dare loro sostegno e voce, attraverso l’impiego di tecnici esperti nella predisposizione delle osservazioni. Durante l’incontro che si è svolto nei giorni scorsi tra Anci e Comuni, è emersa la necessità di trovare
“una posizione unitaria e condivisa che rappresenti le ragioni dei territori interessati, in considerazione delle condizioni socio ambientali presenti. Importante, nella fase di consultazione pubblica, addurre motivazioni e osservazioni tali da persuadere le autorità preposte, a rivalutare l’idoneità anche solo potenziale dei siti pugliesi ad ospitare un deposito permanente di rifiuti radioattivi”.
Fonti di riferimento: Regione Sardegna, La Sicilia, Anci Puglia, Regione Sardegna, GreenMe
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